Clima
In piazza per il clima e contro la guerra
Questo primo venerdì di primavera ha visto per le strade di Milano, e in altre 77 città d’Italia, il primo partecipatissimo sciopero globale per il clima del 2022.
È partito alle 9.00 da Piazza Cairoli ed è arrivato fino a Piazza Oberdan, attraverso via Orefici, Largo Augusto, Corso Monforte. C’erano Friday for Future, Extinction Rebellion, l’Unione dei collettivi studenteschi e tanti altri gruppi. Soprattutto ragazzi, liceali, vestiti leggeri, a volte a torso nudo, fra i ciliegi e il sole di Viale Majno. Anche qualche pensionato e altri attivisti, ma soprattutto ragazzi. Cantavano le canzoni di sempre, si poteva riascoltare e riballare “Legalizaciòn” degli Ska-P o “Rigurgito antifascista” dei 99 Posse, “Rebel rebel” di David Bowie ma anche un “Fischia il vento” remixato e un po’ di rap. I contenuti però sono nuovi e più lucidi rispetto a quelli degli ultimi decenni, sono quelli che si stanno consolidando in questi anni e che loro sanno essere perfettamente legati fra loro. Cartelli e slogan contro il carbone e i combustibili fossili, contro il nucleare, contro lo spreco, per il benessere del pianeta; e anche parole per la scuola, contro il patriarcato e bandiere della pace che sono le stesse del 2003.
In particolare c’era una bandiera della pace gigante portata da decine di persone e un gruppo poco lontano cantava “se non ti piace la bandiera della pace… sei amico di Putin; se non ti piace la bandiera della pace… sei amico della Nato; … di Biden; … di Zelensky. Quindi un grande applauso a chi sta portando la bandiera della pace”.
In queste ultime settimane si è sommessamente discusso di come sia diventato difficile il dibattito mediatico, ora in particolare rispetto alla guerra in Ucraina, e di come chiunque portasse dei dubbi rispetto alla strategia messa in campo e unanimemente sostenuta (mandare armi e aumentare la spesa militare, per esempio) venga messo alla berlina o trattato da traditore come è avvenuto con Donatella Di Cesare. La maggioranza pare viaggiare compatta dalla parte dei “buoni”, e i buoni, a leggere i giornali o guardare i talk show, stanno dalla parte dell’Europa, della Nato, di Zelensky, “senza se e senza ma”, come si diceva una volta.
Quando la manifestazione di stamattina, arrivando verso piazza Oberdan da viale Majno, si è fermata sotto la sede di Libero, centinaia di ragazzi urlavano invece contro i giornali che difendono il riarmo e che plaudono l’invio di armi all’Ucraina. Loro invece se la prendevano con tutti, anche con la Nato, anche con Zelensky.
Un cartello diceva “niente transizione energetica, ma i soldi per le armi li trovano subito” (che sembra un po’ “il re è nudo”). E ce l’avevano tanto con Punti quanto con la Nato, quanto con Zelensky.
Non è importante sapere se hanno pienamente ragione e quali siano gli argomenti – del resto non era quello il momento degli argomenti – ma sapere che ci sono altre voci, che sanno perfettamente che i macro problemi che affrontiamo in questi anni sono collegati, che inquinamento, energia, patriarcato, razzismo, colonialismo e guerra fanno parte di un unico discorso. Del resto anche Carlo De Benedetti ieri sera si diceva in disaccordo con il governo sullo stanziare fondi per le armi, perché nei prossimi tempi quei fondi serviranno a fronteggiare un altro problema, direttamente collegato con questa guerra: la fame. E la fame è a sua volta collegata ai cambiamenti climatici a doppia mandata.
Se qualcuno li ha sentiti dalla finestra, o si è azzardato a seguirli, i manifestanti di questa mattina, magari avrà ricevuto in dono, in questa giornata di primavera, qualche dubbio in più su questi “buoni” di cui sembra così rassicurante sentirsi parte.
Devi fare login per commentare
Accedi