Costume
Illusione di illusioni
Illusione di una illusione
Di Irene Guida
Illusione di una illusione
Discorso dell’Ecclesiaste figlio di Davide
Re di Israele a Gerusalemme
Ha detto l’Ecclesiaste,
Illusione di una illusione
È illusione tutto quanto
Cosa resta a una persona
nella fatica in cui si affatica
sotto il sole?
Una generazione si perde
Una generazione arriva
E la terra resta per sempre
E il sole tramonta
e il sole sorge
e sta in orbita
Di là inizia a soffiare lo stesso vento
che gira a sud rigira a nord
E rigirando in vortice si calma
E di nuovo ritorna
Questa è una traduzione possibile, fatta da me, dei primi cinque versetti del primo capitolo del libro dell’Ecclesiaste.
La struttura del testo è ripetuta, scandita da ridondanze, piena di figure retoriche tipiche della letteratura tardo antica. È un testo del secondo-terzo secolo prima di Cristo, dunque scritto in piena età Alessandrina. È il momento in cui cultura greca e cultura ebraica sono state più vicine in assoluto. Di questa vicinanza parla anche tutta l’architettura paleocristiana, e la struttura retorica che si è mantenuta anche nello stile oratorio fino all’alto medioevo di cui architettura e arti figurative erano l’espressione plastica per gli analfabeti, in grande maggioranza.
Sant’Ambrogio, – la chiesa, – e le Omelie di Ambrogio, – il vescovo e santo di Milano, -riflettono questa estetica. Passata poi ad Agostino da Ippona che ne era allievo e ne ha ascoltato tutte le omelie. Agostino da Ippona ha iniziato il pensiero moderno del soggetto. Alla base della libertà del soggetto, esiste una individualità irriducibile che cerca la sua verità ultima e non la trova in se stesso.
Dunque fra Milano, la sua forma che permane, e questo libro esiste un legame fortissimo.
Quale sarà mai l’attualità di questo testo?
Tutta l’omelia dell’arcivescovo Mario Delpini, affiancato da un biblista molto importante che si chiama Gianantonio Borgonovo, era un commento di una meditazione all’Ecclesiaste adattata alla figura di Silvio Berlusconi. E avendo Silvio Berlusconi fortemente condizionato la storia contemporanea italiana e anche della Chiesa Cattolica, – e non solo milanese, – dagli anni ottanta a oggi, forse era anche un commento a quello che siamo diventati.
Ma nessuno dei commentatori lo ha colto.
Forse perché la diretta è stata pensata e trasmessa come una partita di calcio.
Da un lato ci sono i buoni, ovvero i nostri, patrioti, tifosi, credenti e vincenti. Dall’altra i cattivi, ovvero i giustizialisti, i comunisti, perdenti e rancorosi.
Con una perdita di orizzonte di senso e confusione di piani grottesca, degna di “Che bella giornata”, quando Checco Zalone si presenta al vescovo per trovare lavoro come zelante guardia.
In una Piazza Duomo in cui si urlava, c’è solo un Presidente, e si avrebbe avuto voglia di rispondere, esatto e si chiama Sergio Mattarella, ma nessuno poteva, in questa mistica calcistica che avvolgeva volti di figli, giustamente addolorati, tifosi, inspiegabilmente infoiati davanti a un morto, dove abbiamo visto gesti di sgarbo istituzionale raro, come lo spintone di Giorgia Meloni a Sergio Mattarella per abbracciare in Piazza a favore di telecamere Marina Berlusconi, imbarazzata e sbigottita.
Quindi, anche da morto, Silvio Berlusconi si è trovato a svolgere un rito antropologico nuovo. In cui la ragione tifosa prevale sulla ragione di Stato, in cui l’Omelia parla a una ristrettissima minoranza assente fisicamente, in cui non ci sono stati mediatori.
Ed è solo l’inizio di un’era, come Berlusconi ci ha sempre mostrato.
Illusione di una illusione, questo è diventato lo Stato, l’istituzione, la cittadinanza, la stessa persona che dovrebbe rendere una testimonianza.
Ed è una lezione molto dura.
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