Milano

Il mito delle due sinistre

8 Febbraio 2016

Dimenticatevi di Renzi, del Partito della Nazione, della politica nazionale. Nelle primarie milanesi la domanda che si poneva il popolo di centro-sinistra era: chi vogliamo diventi il nuovo sindaco di Milano? Non è una domanda difficile, non sottintende involute analisi su quanto questa scelta possa avere riflessi sullo scacchiere mondiale. In fondo, Milano è pur sempre Milano, non ancora il centro del mondo politico.

Bisogna saper distinguere tra i cittadini e i politici, o gli attivisti politici. I primi non si curano (molto) delle conseguenze delle loro scelte. Guardano le facce, sentono le parole, decidono chi piace di più e votano di conseguenza. Nel 2010, alle scorse primarie, il candidato del Pd era Boeri, quello di Sel era Pisapia. La maggioranza dei votanti era ovviamente legata al Pd (ed era il partito di Bersani, non scordiamolo). Molti studiosi di politica, e molti attivisti politici, ritenevano che una vittoria di Pisapia sarebbe stata esiziale per la competizione successiva, contro Letizia Moratti. Pisapia sta troppo a sinistra, può non farcela contro il sindaco uscente. Mille politologi si impegnavano a sottolineare che le chance di Boeri sarebbero state infinitamente superiori.

Ciononostante, gli elettori di quelle primarie scelsero il candidato tendenzialmente più debole, contro il candidato del Pd (ed era il partito di Bersani, non scordiamolo). Perché lo fecero? Era un segnale diretto contro il Pd (di Bersani)? Era la manifestazione che il popolo delle primarie era più a sinistra del Pd (di Bersani)? Erano masochisti? Avevano abbracciato il Sel di Nichi Vendola? Probabilmente, e semplicemente, scelsero Pisapia, anche quelli che poi avrebbero votato Pd alle comunali, perché piaceva di più, dava maggior affidamento per il governo di Milano, era più simpatico, se lo sentivano più vicino. Tutte queste ragioni condite insieme portarono alla scelta dell’avvocato, contro l’architetto. E poi, lo sappiamo, Pisapia vinse anche contro Moratti, al ballottaggio. Sì, è vero, Boeri avrebbe vinto al primo turno, con ogni probabilità, ma gli elettori delle primarie non se ne sono curati. Piaceva di più Pisapia, e l’hanno votato.

Non sono scienziati politici, gli elettori delle primarie (che infatti i primi chiamano “selettori”, tanto per rimarcare la differenza tra i politologi e i cittadini). Votano uno o l’altro perché gli piace di più, non per fare un dispetto o un favore a Renzi, o per fare un dispetto o un favore a Bersani. E non si sentono né più di sinistra se votano Pisapia nè più di destra se votano Sala. Semplicemente, Sala in questa occasione è piaciuto di più, come Pisapia era piaciuto di più nel 2010. Nella classica scala che misura la dimensione sinistra-destra, i votanti delle primarie di allora si posizionavano più o meno allo stesso modo di quelli di oggi. E, tra l’altro, sono quasi gli stessi. Oltre l’85% di chi è andato a votare ieri a Milano era andato anche nelle precedenti primarie, votando in prevalenza Pisapia. Sala, secondo una buona fetta di “selettori”, è più adatto a guidare Milano, rispetto a Balzani o Majorino. Così come, allora, Pisapia era considerato un miglior sindaco rispetto a Boeri o Onida. Non è difficile da capire. La realtà è semplice, gli “agitatori” politici cercano di renderla più complessa, ma sono loro ad essere confusi, non gli elettori.

Come nella barzelletta delle due sinistre, che (sapete) circola frequentemente in queste ore. Balzani con Majorino, o viceversa, avrebbero fatto vincere la sinistra contro la destra di Sala e Renzi. In un sondaggio effettuato da Ipsos a poche ore dal voto, è stato chiesto a votanti di Balzani chi avrebbero votato in assenza dell’attuale vice-sindaco. Risultato? Il 51% avrebbe scelto Sala, il 37% Majorino, gli altri incerti. Ecco: il “selettore” ragiona così. Il resto è confuso chiacchiericcio.

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