Milano
Il Comune di Milano fa multe illegittime ai disabili
Il Comune di Milano ha una relazione difficile con le multe. Da un certo punto di vista, la giunta in carica, ormai arrivata al termine del suo mandato con le elezioni in programma il mese prossimo, ha un rapporto virtuoso con le infrazioni stradali. Circa un mese fa l’assessore alla Sicurezza e alla Polizia Locale Marco Granelli ha fatto sapere che nel 2015 il Comune ha incassato oltre 188 milioni grazie alle multe, 51 milioni in più rispetto al 2014. La metà dei ricavi verranno investiti per migliorare la sicurezza stradale. Sette infrazioni su dieci sono state rilevate dalle telecamere: autovelox, area C, zone a traffico limitato, corsie preferenziali.
Da un altro punto di vista, però, la situazione è più problematica. Nelle ultime settimane del 2014 e lungo il 2015 c’è stata la questione delle centinaia di migliaia di multe irrogate dai nuovi autovelox e spesso notificate oltre i termini di legge, ovvero passati 90 giorni dalla sanzione. Il Comune sosteneva che che le multe si dovessero pagare lo stesso, facendo decorrere i 90 giorni, non dall’infrazione, ma dall’accertamento della stessa da parte di un suo dipendente. Interpretazione, questa, contestata dalle associazioni dei consumatori, dal ministero dell’Interno e, soprattutto, dal Prefetto e dai Tribunali che in un numero senza precedenti di ricorsi hanno dato ragione ai cittadini.
Alcune settimane fa, poi, precisamente il 2 aprile, in occasione del Cleaning Day promosso dal Comune e dedicato alle scuole, l’assessore ai Lavori Pubblici e all’Arredo Urbano Maria Carmela Rozza, ritenendo forse che la multa non fosse una punizione sufficiente, ha deciso di imbrattare con della vernice un’automobile parcheggiata in divieto di sosta.
L’ultima novità sono le multe illegittime alle auto che espongono un contrassegno disabili parcheggiate nelle aree pedonali. Multe illegittime, ripeto, poichè fatte in violazione dell’articolo 11 comma 3 del d.p.r 503 del 1996, secondo cui i veicoli al servizio delle persone disabili, se non disturbano il traffico, possono sostare nelle aree pedonali urbane, purchè sia autorizzato l’accesso anche ad una sola categoria di veicoli per servizi di trasporto di pubblica utilità. In sostanza, basta che ci sia un cartello che accordi la possibilità di entrare ai veicoli adibiti ad attività di carico e scarico merci. E sempre che, ovviamente, non venga violata una norma del Codice della Strada, come, ad esempio, quando si parcheggia davanti a un passo carrabile. La cosa è spiegata con chiarezza anche da un documento pubblicato dall’Aci ed è confermata dall’avvocato Cristina Donegà di Il Tuo Legale.it, contattata da Gli Stati Generali. La questione giuridica, del resto, è pacifica, facile da risolvere.
In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera il 22 aprile, il comandante dei vigili Antonio Barbato, a modo suo, dà una ragione possibile di questa stortura, di questa deviazione amministrativa. Nelle ultime settimane il Comune, anche in seguito all’introduzione del nuovo reato di omicidio stradale, ha deciso di inasprire l’atteggiamento sanzionatorio quando la sosta abusiva può considerarsi pericolosa per la sicurezza stradale: parcheggio in curva, sulle strisce pedonali, davanti agli scivoli per i portatori di handicap, a ridosso degli incroci, sui marciapiedi e, ovviamente, in doppia fila. Se non fosse che costruire una nuova figura giuridica, quella del divieto di sosta pericoloso, forse denota un eccesso di libertà, se così si può dire, una creatività abnorme da parte di un’amministrazione comunale, questa sarebbe una scelta apprezzabile. Apprezzabile e rispettosa delle leggi. Lasciare l’auto in doppia fila o sulle strisce pedonali, oltre che pericoloso, è illegittimo. In questi casi la multa è giusta, inevitabile, segue naturalmente la norma, senza che ci sia bisogno di altro, di proclami o di crociate moralizzatrici. Non è affatto cosa apprezzabile, invece, multare contro la legge un’auto che espone un contrassegno disabili. Tanto più se la sosta non è per nulla pericolosa.
Parlo per esperienza personale, i fatti sono capitati a me. Dal 2012 sono titolare di un contrassegno disabili concesso dal Comune di Milano. Avrei potuto ottenerlo molto prima, appena presa la patente di guida. Ma per anni ho evitato di farlo, dando poca importanza alla cosa. I limiti, reali o presunti, si vivono facendo finta che non esistano, al limite, appunto. Almeno fino a quando è possibile e con la giusta dose di buon senso. Questo è il mio approccio.
Su un altro piano ci sono i diritti. Ho richiesto il contrassegno quando l’attuale sindaco di Milano Giuliano Pisapia, con una decisione a mio avviso opportuna, ha istituito la zona a traffico limitato (Ztl) nel centro cittadino. Per me in molti casi prendere l’auto è più comodo che usare i mezzi pubblici. Mi risparmia qualche fatica. E poi a Milano in auto ci si sposta discretamente, anche nelle ore di punta. Probabilmente, meglio che in altre grandi città. Da ottobre ad aprile mi sono state fatte cinque multe. Tutte tra le dieci e le undici di notte, nella zona pedonale di via Spallanzani, a pochi passi da Porta Venezia. L’accesso di veicoli destinati al carico e scarico merci è consentito in quell’area. Sono molti i negozi, i ristoranti e i bar che si affacciano sulla via. Parcheggio lì, quasi sempre occupati gli altri spazi, quando passo qualche ora nei bar di via Melzo o di via Frisi.
Mi era già accaduto un paio di volte due, forse tre, anni fa, mese più mese meno. Credo per un errore dei vigili urbani, che non avevano visto la targhetta blu con il disegno della carrozzina esposta sotto il parabrezza. All’ufficio delle procedure sanzionatorie di via Friuli non c’erano stati problemi: multe annullate all’istante. Ho ipotizzato che anche questa volta sarebbe andata così, sebbene un dettaglio nuovo mi facesse riflettere: i vigili, eccetto in due casi, si sono accorti del contrassegno disabili e lo hanno scritto sul verbale.
Aspetto che mi vengano notificate a casa le prime due multe e vado in via Friuli a richiederne l’annullamento. Quando arriva il mio turno e mi trovo davanti alla dipendente della polizia locale, una donna, peraltro, assai cortese, capisco che le cose sono cambiate. Mi dice che ora si fanno le multe a tutte le auto parcheggiate nelle aree pedonali, anche se hanno in bella mostra un contrassegno disabili. Provo a protestare. Dico che la legge mi permette di parcheggiare in quel posto e che in passato mi erano state annullate due multe in condizioni identiche a quelle che le sto sottoponendo. La donna fa un controllo nell’archivio, verifica i miei dati e dà un’occhiata al mio curriculum di sanzioni. Si accorge che quello che dico è vero. Allora va a chiedere spiegazioni a un suo superiore. Torna dopo pochi minuti e mi dice che non può fare nulla. “Mi sono presa anche un rimprovero”, mi fa con l’aria triste e avvilita. Chiedo di parlare con il superiore, mi risponde che non posso. Insisto: “Ma il suo superiore non è superiore alla legge, se un’amministrazione pubblica agisce contro le norme si realizza un’aberrazione, uno Stato dentro lo Stato, una sorta di Stato di polizia, se mi è concessa questa espressione un po’ forte”.
La dipendente del Comune dice che mi capisce, ma che a Milano adesso ci si comporta diversamente. Annulla in autotutela una delle due multe, poiché notificata in ritardo, e per l’altra si occupa lei stessa di fare il ricorso al Prefetto, risparmiandomi l’onere di spedire una lettera raccomandata. Non mi resta che ringraziarla per la gentilezza e per la comprensione.
Immagino che si tratti di un erroneo e, giova ripeterlo, illegale irrigidimento delle procedure. Cose che a volte capitano, anche nelle migliori amministrazioni locali. Sono certo che l’assessore Granelli e il capo dei vigili Barbato sapranno correggere questa prassi distorta. E che con loro saprà farlo, come se fosse una sorta di regalo-risarcimento di fine mandato, anche il sindaco Pisapia. Uomo con una lunga militanza politica a sinistra, con una storia di progressista attento ai diritti delle minoranze, nonchè avvocato di fama. E, ove non bastasse, erede dell’attività forense di un grande giurista, suo padre, Gian Domenico Pisapia, tra le altre, molte, cose, presidente della commissione ministeriale che elaborò nel 1988 l’attuale Codice di procedura penale.
Per chiudere, la smettiamo con questa anomalia? Riusciamo a non calpestare i diritti dei cittadini, a non fare multe illegittime alle auto che espongono un contrassegno disabili, a non fare multe illegittime tout court? Le leggi sono, per loro natura, imperfette, contengono norme generali e astratte con cui si cerca di regolare, per quanto possibile, la complessità del vivere civile, i casi singoli e numerosissimi del reale. Ma quando individuano un diritto, un’esenzione o una facoltà, spesso, quasi sempre, lo fanno per un motivo preciso, per una ratio che conviene tutelare e salvaguardare, nell’interesse dei singoli e della collettività. E questo, lei, Pisapia, lo sa bene.
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