Ambiente
Il Comune di Milano cancella con un colpo di ruspa l’anfiteatro di via Porlezza
A fine aprile il Comune di Milano ha annunciato la partenza dei lavori di riqualifica dello slargo fra via Porlezza e via Giulini, a pochi passi da piazza Cairoli e dal Teatro Dal Verme. La piazzetta era da anni in stato di abbandono e da tempo i residenti chiedevano un intervento.
“Una nuova piazza è pronta a nascere”, annuncia il comunicato sul sito del Comune di Milano. Il progetto prevede l’inserimento di qualche albero di ciliegio e delle panchine, e soprattutto una migliore accessibilità pedonale: proprio come tanti dei punti che rientrano nel piano di valorizzazione delle piazze nei quartieri.
Nascosto fra un dedalo di vie, prezioso retaggio del tracciato della Milano medievale, lo slargo fra via Porlezza e via Giulini aveva la particolarità di essere, per lo più, completamente dimenticato sia dalla cittadinanza che dalle istituzioni. Difficile da trovare, raro passarci per caso, aveva la particolarità di ospitare, davanti a una minuscola chiesa ortodossa, un curioso anfiteatro, di stampo antico nella struttura, recente nei materiali. Eppure, in un centro sempre meno aperto a una socialità spontanea, questo apparente “non luogo” si era trasformato in uno spazio vivo e vissuto: per i fedeli della comunità russa ortodossa l’anfiteatro era diventato un prolungamento della chiesa troppo piccola per contenerli tutti; per compagnie e collettivi come Tempi diVersi era lo spazio ideale per serate di letture di poesie, proiezioni, concertini o scampoli di spettacoli teatrali – e quindi incontri, bicchieri e chiacchiere notturne.
È proprio l’anfiteatro che il nuovo progetto, con la promessa di creare “un nuovo punto di socialità” e di “valorizzare una zona di pregio”, va ad eliminare.
Era stato inaugurato nel 1985 con una sfilata, in mezzo alla neve, di modelle che esponevano i gioielli di un negoziante del quartiere. L’area era stata bombardata durante la guerra e nel 1954 l’impresa immobiliare che aveva ricostruito il palazzo alle spalle dell’anfiteatro aveva dovuto per regolamento cedere quella parte di terreno, precedentemente abbandonato, al Comune. Il progetto fu affidato all’architetto Danilo Pasquini che ritenne importante, allora, che il recupero di quello spazio fosse pensato, che avesse un senso e un collegamento con la storia della città. Storia sempre presente, sotto i nostri piedi: poco lontano da via Porlezza terminava infatti l’antico anfiteatro romano. Fu per questo che si volle riprendere il tema. L’idea era sia di creare una seduta per i passanti sia di lasciare la possibilità di usare lo spazio per delle rappresentazioni – con scena fissa come nei teatri greci e romani.
Anche la scelta dei materiali non era lasciata al caso: da una parte la rizzata, ossia una superficie pavimentata con ciottoli di fiume, tipica della pianura Padana, che veniva usata storicamente per fare il fondo stradale e creare un passaggio innalzato dal fango su cui potessero più facilmente scorrere ruote e pedoni. Dall’altra la beola grigia della val d’Ossola e in particolare di Mergozzo, stessa pietra che ai tempi era stata trasportata lungo i Navigli per la costruzione del Duomo.
Infine, il giardino adiacente era stato illuminato ad altezza dello sportello delle macchine perché non desse fastidio agli automobilisti. Si trattava insomma di un lavoro in pieno dialogo con il luogo specifico, la città, i suoi abitanti.
Tutto questo lo racconta l’architetto Danilo Pasquini, ottantasei anni, che specifica di non essere rimasto offeso a livello personale ma che la questione, in senso più ampio, riguardi tutta la città metropolitana: “si sta pensando a una Milano futura dove l’altezza va a sconvolgere il paesaggio mal sopperendo ai bisogni abitativi. Con queste piccole operazioni di pochi alberi si punta a creare una distrazione, un loisir, perché la gente non pensi all’evoluzione della città nel suo complesso”. E aggiunge, più nello specifico: “Questo progetto di ‘abbellimento’ butta per aria un lavoro di anni e lo fa passare dando quattro ciliegi come zuccherino. Ci vuole una presa d’atto del Comune che si deve chiedere come sarà la città. Per cambiarla bisogna mettere insieme testa, conoscenza, tecnica e volontà, altrimenti si rovina il lavoro di molti architetti e ingegneri che hanno operato su Milano, cancellando la Storia, dove invece si potrebbe costruire sulla Storia”.
Alcuni giorni fa, appena ricevuta la notizia, il collettivo Tempi diVersi, ha dato inizio a una raccolta firme: non certo per mantenere la piazza così com’era, lasciandovi il terreno sconnesso e altri evidenti segni di incuria, ma per chiedere un progetto di riqualifica più in ascolto del luogo, che non eliminasse con le ruspe quell’anfiteatro intriso socialità sacra e profana e gonfio di Storia.
Purtroppo non c’è stato tempo di parlarne: i lavori sono iniziati due giorni fa e le ruspe hanno già cominciato a sventrare l’anfiteatro. Una fretta sospetta, sotto elezioni, dopo tanti anni di disinteresse. Sempre dal comunicato sul sito del Comune si legge: “Il progetto, che ha avuto l’approvazione della Sovrintendenza, è frutto di una donazione della Società Santa Maria alla porta S.r.l., mentre, la realizzazione è a cura di InvestiRe Società di Gestione del Risparmio S.p.A. quale opera a scomputo oneri nell’ambito dell’intervento di riqualificazione dell’immobile tra via San Giovanni sul Muro 9 e via Porlezza 12. I lavori dureranno circa 4 mesi”.
Meritava un po’ di delicatezza in più, questo slargo senza nome, spesso inosservato o forse invisibile ai passanti. Un luogo un po’ magico. Magiche sono le immagini dei fedeli ortodossi che si radunano all’aperto per festeggiare la Pasqua con le gradinate dell’anfiteatro ricoperte di cesti colorati, pieni di uova e candele a illuminare la notte. Magiche sono le serate d’estate ad ascoltare canzoni e poesie.
Certi luoghi, non tutti, hanno la fortuna di saper lasciare spazio al genius loci, uno “spirito del luogo”, da ascoltare, da cui lasciarsi modificare, con cui scendere a patti e che permette che accadano, che abbiano luogo, momenti speciali.
In una città come Milano, soprattutto in centro, si rischia di lasciare spazio al genius loci solo in posti come questi: dimenticati, innominati, e dunque di per se stessi liberi.
Nonostante tutto, domani, domenica 9 maggio l’associazione Tempi diVersi organizzerà un pomeriggio di letture a microfono aperto. In mancanza dello spazio adibito, ci si accontenterà della vista-cantiere.
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