Milano
Il capo degli scontrini al Pirellone: ‘Se controllavo, finivo in giardino’
Chi controllava le spese dei consiglieri regionali, in epoca di scontrini pazzi? Un signore, ora serenamente in pensione, il quale sentito come testimone nel processo a carico di qualche dozzina di consiglieri delle passate edizioni del Pirellone-show esordisce così: “Se avessi detto che non andava bene una singola spesa, mi sarei trovato il giorno dopo in giardino, ecco. Mi piace dire la verità”.
Il presidente della corte, Gaetano La Rocca, perplesso, pare chiedere conferma a se stesso di quanto ha appena udito: “Mi sarei trovato in giardino”, gli fa eco.
(Uhm).
Torniamo indietro. Alvaro Scattolin, per trent’anni dirigente regionale, vincolato al giuramento di testimone, da felice giubilato si sente libero di parlare. E così spiega il suo ruolo: “Premetto che la dirigente non superiore non faceva in questa materia nulla. Pertanto io con un’impiegata, Patrizia…mi sfugge il nome adesso, facevamo il controllo delle somme che ci venivano date, che il regolamento diceva che si potevano controllare le somme se erano giuste e se corrispondevano alle voci, non so biblioteca. E questo fatto noi lo facevamo e alla fine, se tornavano il conto, mettevamo che i conti andavano bene”.
Il pm, Paolo Filippini, lo incalza: “E quindi questo controllo…”.
“Non è detto però che andavano bene le singole spese, mi si permetta, che se io avessi detto… a parte il fatto che non potevo farlo, non potevo farlo di diritto, ma se avessi detto che non andava bene una singola spesa mi sarei trovato il giorno dopo in giardino, ecco. Mi piace dire la verità”. Gli piace dire la verità.
Il Pm sintetizza: “Quindi lei sta dicendo che lei controllava se tornava il conto della fattura ma non entrava nel merito?”.
Parola al teste: “I vari gruppi semplicemente scrivevano per ogni voce, non so, computer, acquisto libri, acquisto giornali, scrivevano la somma che compravano e noi mettevamo in fila, c’erano 8-9 file, poi c’erano anche i residui, c’erano altre voci, adesso non sto a dirvi tutto anche perché non sono un ragioniere io eh, ero un prestato alla ragioneria, non sono ragioniere (inc.) laureato in giurisprudenza e ho fatto quei lavori lì”. Ha fatto quei lavori lì, non è ragioniere. E prosegue: “Controllavamo questa faccenda e scrivevamo che andava bene, che andava bene nella misura in cui le somme erano giuste”.
Pm: “Okay. Lei entrava nel merito della spesa, cioè diceva? Non so, lei ha parlato dei libri, spese per libri. Poteva valutare se un determinato libro rientrava in quella spesa o non rientrava o prendeva atto del costo del libro e basta?”.
(Qui il lettore attento penserà subito al titolo Mignottocrazia, di Paolo Guzzanti, acquistato da Nicole Minetti).
Risponde Scattolin: “Non solo non potevo entrare ma non potevo neanche vedere il libro né immaginarmi che ci fosse, per essere sincero”. Niente, Mignottocrazia, ci pare di capire, non l’ha visto neanche passare. “Diciamo la verità”. (Gli piace dire la verità). Ma funzionava con tutto, persino con gli omaggi floreali? “Tutte le spese, tutte le spese”. Il Pm insiste: “E i pranzi?”. “Beh certo, certo – risponde l’ex dirigente regionale – per tutto”.
Il pubblico ministero è ancora frastornato dalla storia del giardino. “Senta, lei è un testimone, prima ha detto una frase abbastanza impegnativa. Cioè lei non voleva e non poteva entrare nel merito perché aveva timore di contestare la spesa amministrativa?”
Scattolin: “A parte il timore ma non potevo perché il regolamento diceva che non potevano gli uffici vedere le spese. Diceva il regolamento, e su questo ci sono state varie pronunce della Corte dei Conti invece, che l’Ufficio di Presidenza con una delibera assunta a maggioranza poteva, poteva fare una specie di vaglio su alcune spese.
Pm: “Ho capito”.
Scattolin: “Cosa che non fece mai”.
(Ecco).
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