Milano

Il campione di kickboxing che voleva fare un attentato in Italia

28 Aprile 2016

Combattente sì, ma solo sul ring. Così lo conoscevano i compagni con cui incrociava i guantoni. Eccolo Raim Moutaharrik (nella foto), il ragazzo marocchino che per la Procura di Milano era pronto ad arruolarsi nell’Isis e a compiere un attentato in Italia. Il 14 maggio aveva un impegno importante, partecipare all’XI Trofeo Città Di Seregno Boxe al quale sono invitati i migliori rappresentanti della kickboxing.

Sul sito dell’evento si presenta così: «Sono un metalmeccanico, un fighter determinato». Ventisei anni, è un atleta del “The Jolly Stompers/ Fight club Seregno”. Nell’intervista pubblicata dagli organizzatori della competizione, spiega di avere vinto 24 gare su 28 e  invia anche un messaggio al suo avversario: «La legge del ring premia solo una persona», poi annuncia di voler fare «un match intelligente».

Agli atti dell’indagine condotta dai pm Romanelli, Cajani e Pavone, c’è un “messaggio – bomba” registrato via Whatsapp in cui uno sceicco, non ancora identificato, lo esorta così: «Caro fratello, ti mando il poema bomba, ascolta lo sceicco e colpisci dove sei».  «Che Dio ti benedica Sheiko – risponde – se Dio vuole. Avranno la brutta notizia, ci vendicheremo di loro. Che Dio vi protegga e ci sarà la vostra vittoria sul popolo degli ingiusti. Se  Dio vuole da noi non vedranno altro che macellazione e uccisione, se Dio vuole vi raggiungeremo».

Prima di immolarsi, vuole solo sistemare moglie e figli nello Stato Islamico. «Se riesco  a mettere la mia famiglia in salvo, giuro sarò io il primo ad  attaccarli (…) in questa Italia crociata, il primo ad attaccarla, giuro, giuro che l’attacco, nel Vaticano con la volontà di Dio. L’unica richiesta che ti chiedo – dice Moutaharrik a un altro arrestato – è la famiglia, tu sai voglio almeno che i miei figli crescano un po’ nel paese del califfato dell’Islam». E, forse, vuole vincere anche l’ultimo incontro sul ring. (Manuela D’Alessandro)

*L’intervista è stata rimossa dal sito nelle ore successive all’arresto

 

 

 

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