Milano
I meravigliosi anni Ottanta
Intervista a Rocco Carta, autore de “Il diario del piccolo Mario”, Edizioni Underground, Milano 2022
1. Da dove e come nasce la passione per la scrittura?
Nasce da un momento di difficoltà che ho attraversato qualche anno fa, vivevo un periodo di sofferenza: la scrittura mi ha aiutato a star bene, ho iniziato a buttare giù dei pensieri e delle storie di fantasia molto lontane dalla realtà quotidiana. Fino a quando, tra il 2016 e il 2017, non ho deciso di aprire un mio blog: “Storie qualunque”, in cui raccontavo esperienze di vita vissuta come educatore – professione che esercito – ma sempre in maniera molto spontanea. Mi ricordo ancora come è nato il primo racconto che pubblicai sul blog: stavo camminando all’interno del quartiere Giambellino di Milano, quando ad un certo punto la mia attenzione venne catturata da una sarta che stava rammendando una tuta da operaio sporca. Questa scena mi colpì così tanto che, appena ebbi un attimo di tempo, appuntai tutto su un taccuino. Insomma, si può dire che nel mio caso la scrittura ha avuto una funzione terapeutica, mi ha aiutato ad uscire dall’ansia e a vedere il concretizzarsi di questa mia prassi sul blog in cui racconto la mia esperienza da educatore. Credo che il mio inizio nella scrittura possa servire da stimolo ai ragazzi e invogliarli a fermarsi a riflettere, a leggere e a scrivere: sono convinto che tutti lo possano fare, senza diventare per forza in futuro dei grandi autori.
2. Perché un diario? Dato il genere, quanto c’è di autobiografico nel libro?
C’è molto di autobiografico, a differenza di Mario che è un po’ più grande di me, nel 1982 io avevo 8 anni. La casa di ringhiera dove abita il protagonista del libro, in Via Correggio a Milano, è la stessa in cui ho passato la mia infanzia. Scrivere il racconto sotto forma di diario mi ha permesso di rendere più autentico il punto di vista di Mario e far immedesimare il lettore con lui, aiutando nel contempo a ricordare fatti specifici di quegli anni, grazie a frequenti flashback. Inoltre, il diario è arrivato ai ragazzi di oggi – pre-adolescenti e adolescenti. Non è quindi stata una scelta casuale e anche sull’interesse che avrebbe potuto suscitare la storia nel pubblico più vasto ho un po’ sondato il terreno. Avevo infatti già riscontrato un grande seguito per questi racconti brevi, che iniziai a pubblicare sul mio blog, di cui Mario era protagonista. Volendo fare un mini-sondaggio, i blogger che mi hanno restituito maggiori riscontri positivi sono stati quelli della mia generazione, ovvero i nati tra gli anni Settanta e Ottanta. Ho quindi deciso di seguire questa onda di entusiasmo e dare alle stampe il mio primo libro per permettere a tutti di appassionarsi alle vicende del piccolo Mario.
3. Chi è Mario e come mai l’hai scelto come protagonista del tuo libro?
Ho scelto come protagonista del mio libro Mario, un ragazzo di quel tempo e non dei giorni nostri, perché volevo trasmettere quell’innocenza e spensieratezza seguendo la sua vita in un anno scolastico (il diario viene scritto nel periodo che va dall’esame di quinta elementare alla fine della prima media). Ci tenevo a raccontare com’era la vita nelle case di ringhiera della Milano degli anni Ottanta che non c’è più: ultimamente sono tornato in quei luoghi e sono stato colpito dal silenzio e dall’ordine che regna sovrano, così lontano da tutto quel “caos” vitale di prima. Nel bene e nel male, quelli erano spazi vissuti che mancano oggi. Il nome Mario, invece, è stata una scelta casuale, era sicuramente un nome frequente e tipico del tempo.
4. Edizioni Underground: perché hai scelto di pubblicare con loro e come ti sei trovato?
Prima di tutto conoscevo la casa editrice perché ho letto diversi libri pubblicati da Underground e li ho trovati molto interessanti. Inoltre, conosco sia amici che hanno pubblicato con loro, sia personalmente l’editore e ho molto apprezzato la fiducia e la cura che hanno posto in me e nel mio manoscritto. Anche i generi che pubblicano rispecchiano il mio mondo – ad esempio educativa, narrativa – e ciò che mi ha colpito maggiormente in positivo è che è una casa editrice che valorizza l’autore e si batte affinché l’editoria sia gratuita per chi pubblica. Sono stato seguito molto bene nel lavoro di editing e un ringraziamento particolare lo devo sicuramente fare ad Antonio Lo Presti che ha creato l’immagine di copertina. Un libro che mi sento di consigliare, oltre al mio, di Edizioni Underground è “La valle nel virus” di Gessica Costanzo con Davide Sapienza: si tratta di un libro di testimonianza di ciò che è accaduto nei momenti più drammatici della pandemia da Covid-19 in Val Seriana.
5. Il tuo libro ha un sapore nostalgico e permette al lettore di fare numerosi flashback nel passato: cosa ti manca degli anni Ottanta?
Più di tutto mi manca la spensieratezza: ero ragazzino anche io, come Mario, e mi rendo conto che quella gioia, quel guardare con positività al futuro non c’è più stata già a partire dagli anni Novanta. Si chiudevano gli anni Settanta, con tutte le controversie che li caratterizzavano, e si apriva un’epoca di vitalità, di entusiasmo, di canzoni intramontabili, nasceva anche l’illusorio mito della “Milano da bere” e non nego che vi siano stati tanti elementi che poi si sono rivelati effimeri, ma tutto sommato si è trattato di un decennio in cui si pensava che tutto sarebbe stato possibile. L’ascensore sociale ancora funzionava e per questo, in generale, ci si aspettava un futuro roseo. Mi manca naturalmente quel fanciullino, anche se – come ho detto – sono consapevole che non tutto ciò che ha caratterizzato gli anni Ottanta sia stato positivo. Eppure, se ripenso al mio quartiere di allora, in cui mischiata alla bella vitalità c’era anche la delinquenza, non posso dimenticare quanto fosse forte la protezione sociale che chi lo abitava offriva, anche a dei ragazzini sprovveduti come potevamo esserlo noi. Anche per questo ho deciso di descrivere il tutto con gli occhi di Mario, un bambino, e non con quelli di un adulto. Nella speranza che i ragazzi di oggi, che non hanno vissuto quegli anni, possano offrire al mondo il lato migliore di loro stessi anche quando tutto intorno sembra portarli verso l’egoismo e la noncuranza.
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