Milano
Quello che non capisco del PD
C’é qualcosa che ancora non riesco a capire del PD (in realta` tante cose, ma questa in particolare in questo momento).
Cós’é che tiene insieme il lavoro dei Deputati e Senatori in Parlamento, quello degli Amministratori locali nei Consigli comunali e regionali, quello dei Segretari dei Circoli, delle Province e regionali?
Perche` io non lo capisco, non vedo nessun legame organizzativo e nessun coordinamento di questa potenzialmente enorme rete politica.
Mi sembra che ognuno di questi livelli e organi istituzionali e di partito vada per conto suo, senza un disegno ed uno schema di gioco condiviso, non in nome di una sacrosanta autonomia ma semplicemente perche` non c’é nessuno che tiene un filo, tesse una tela seppur tenue, prova a dare delle priorita`, a fissare degli obiettivi, a proporre parole d’ordine e organizzare campagne e mobilitazioni unificanti (a parte la manifestazione di Roma, che era evidentemente mirata a rinsaldare un’identita` e un legame interno a prescindere dai contenuti).
E la gestione dei Congressi, la loro tempistica e sequenza (prima quelli regionali e provinciali, poi quello nazionale) non aiuta di certo, perche` ci consegnera` un partito balcanizzato, dove le dinamiche di potere e posizionamento dei gruppi dirigenti locali la faranno da padrone rispetto agli schieramenti programmatici. Chi guidera` il PD dopo il Congresso nazionale non potra` contare su un’organizzazione periferica formatasi nello stesso tempo e all’interno della stessa discussione (anche se, ovviamente, articolata per temi di carattere nazionale, regionale e provinciale), ma dovra` confrontarsi con tanti centri di potere ognuno rispondente a equilibri locali non sempre riconducibili a chiare differenze programmatiche.
Che fare, dunque? Io credo che l’unico modo per far funzionare una macchina organizzativa cosi` differenziata e confusa sarebbe, a questo punto, quello di accelerare, paradossalmente, il processo di autonomia locale (regionale e dei circoli).
Abbiamo voluto che le dirigenze locali si formassero in anticipo rispetto a quella nazionale? Abbiamo voluto che la loro base di consenso si formasse intorno a linee programmatiche e alleanze non per forza conformi a quelle nazionali? Bene, allora adesso riconosciamogli autorita` e responsabilita`, creiamo procedure e meccanismi decisionali che le chiamino ad esprimersi anche su temi nazionali esprimendo pareri e opinioni che non siano costruiti sulla base delle appartenenze correntizie (che finora mi sembrano essere gli unici reali agenti organizzativi, che connettono livelli centrali e peiferici secondo linee di omogeneita` programmatica) ma su quella della discussione locale, organizzata in modo trasparente attraverso strumenti di partecipazione degli iscritti e dei simpatizzanti che il “centro” conduca dando regole e tempi per costringere i “nodi locali” (le federazioni regionali e provinciali, i circoli) a rispondere e/o proporre (temi, questioni, ecc.) in modo responsabile. Per esempio, per decidere la posizione del partito su possibili alleanze o su un provvedimento del Governo.
Una grande piattaforma di partecipazione e costruzione democratica delle decisioni che disarticoli le appartenenze e restituisca, con il tempo, senso ad un’organizzazione che un senso, per adesso, non ce l’ha.
Questo mi sembrerebbe un impegno a cui date priorita`. Su questo, oltre che, naturalmente, sulle linee politiche e programmatiche, mi piacerebbe si esprimessero i candidati alle segreterie di ogni livello.
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