Milano

Grazie Pisapia per aver lasciato il vuoto

8 Febbraio 2016

Partiamo da un dato di fatto: il centrosinistra milanese, prima di queste “primarie più belle del mondo”, era già finito nel marzo 2015 quando Giuliano Pisapia annunciò di non volersi ricandidare sindaco.

Dal 2011, dalla straordinaria mobilitazione che aveva dato vita a quella “rivoluzione arancione”, molto è cambiato. Nei contenuti e nelle forme.

E tra una vittoria e un futuro politico incerto, lo sconfitto principale è da ricercare in una sola persona: Giuliano Pisapia.

Perché c’è chi ha scelto la governabilità a scapito della rappresentanza consapevole (con la vittoria di Beppe Sala) di perdere un pezzo a sinistra per stare al centro (ne ho visti tanti di commenti di persone che hanno manifestato una certa “indigestione” nel voto a Beppe Sala): anzi, più propriamente, in mezzo.

Con la scelta della Balzani (perchè non convergere in uno solo candidato?), che rispetto e non condivido, lo schema Pisapia si è dichiarato defunto e in una manovra spericolata (con direzione Roma) ha cancellato tutto quello che era possibile. Ma ciò che invece lascia di stucco è l’incapacità dello stesso di passare il testimone, di formare una classe dirigente in una comunità politica vera. Su questo è stato semplicemente disastroso. E ne pagheremo a lungo le conseguenze.

Sulle “politiche” si avrà modo e tempo di fare i bilanci. Ma sulla “politica” la diagnosi è inappellabile: la stagione arancione non ha prodotto né comunità politica né classe dirigente. Ciò dato, anche le politiche più virtuose sono destinate a sciogliersi come neve al sole.

Il vero delitto, insomma, è stata la mancata coltivazione e messa in forma di quella vasta comunità politica che a suo tempo aveva portato Giuliano alla guida della città di Milano. Questo non è avvenuto per disattenzione o incompetenza. E’ il risultato dell’applicazione di una precisa ideologia della disintermediazione: l’illusione di potersi mettere in contatto diretto con i cittadini. La comunità politica è stata deliberatamente squalificata e resa superflua.

Oggi ne paghiamo lo scotto con una desertificazione civico-politica che non ha eguali. Si dirà che c’è tempo sino a Giugno con una storia tutta da scrivere ma ora ci si deve interrogare immediatamente sul dopo.

Che fare?

Sarò un sognatore (e di questo mi dichiaro colpevole) ma penso che quello che si dovrà fare è creare un popolo e dargli un cultura. Far traspirare un’idea diversa di esistenza, un sogno per un mondo da cambiare. Non un’idea frutto del partito, ma il partito frutto di un’idea. Creare una cultura.

Insomma una nuova anima della sinistra italiana. Non solo aspirazioni di governo, ma identità ideologica dell’essere.

È giunto il momento di organizzare e coniugare l’opinione progressista in un popolo. Affinché esso sia non solo concorrente dell’attuale scena politica, ma inesauribile coefficiente di futuro per le generazioni che verranno.

La fiera non è ancora finita, anzi, vedo ancora moltissimi compratori, venditori e soprattutto banditori nella fiera.

Caro Pisapia, rispetto quel famoso appello che avevi scritto con Zedda e Doria cosa è cambiato? Nulla.

Vincere per fare cosa? Questa è la domanda. Non vincere per vincere. Di questo vorrei sentir parlare.
Sono stufo, stufo di questa politica che ogni giorno ci ricorda di aver perso le idee e le parole e ci lascia comodamente con il nulla in mano. Grazie Giuliano.

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