Grandi imprese
Giù le mani da San Siro
Ma davvero si pensa di ridurre in macerie un pezzo della storia d’Italia?
Il valore di San Siro attualmente si aggira sui 70 milioni di euro, mentre il progetto di costruzione del nuovo stadio sarebbe di 1,2 miliardi di euro cui si devono aggiungere i 45 milioni per la demolizione. Come scrive Maurizio Giannattasio sul “Corriere della Sera (15.09.19) “Un problema di circa 125 mila metri cubi di calcestruzzo, 8.800 tonnellate di ferro delle armature, altre 20 mila tonnellate delle copertura metallica. Tutto materiale da portare in discarica. Utilizzando camion con capienza di 30 tonnellate ci vorranno tra i 10.500 e gli 11.300 viaggi”. Polvere e amianto, tenuto presente che le strutturazioni e ristrutturazioni negli anni hanno certamente comportato l’utilizzo di quel materiale inquinante. Un affare in perdita per il Comune che rischia di perdere Das Gross Struktur per le Olimpiadi, avendo destinato San Siro come struttura prima e i 5 mln di euro della sua gestione. Senza contare il costo delle opere per le infrastrutture necessarie, tramvie, parcheggi, viali di scorrimento etc.
Sarebbe l’ora di una Public Company con quote da redistribuire non solo tra i cittadini residenti a Milano ma anche tra i milanesi, quelli veri che magari non vi risiedono ma che ci hanno lasciato il cuore o la cartellina che ogni punto nascita destina ai neonati. Basterebbe un processo di crowfunding tra 2 milioni di residenti e non che hanno Milano nel cuore e San Siro potrebbe diventare un Pala S. Siro per concerti, perché no anche comizi, e allora sarebbe facile contarli e nessuno potrebbe falsificare i numeri.
San Siro fa parte della storia del Paese, della sua ricostruzione, e non solo della storia dello sport giocato. Nelle domeniche dell’inverno uggioso padano, attraverso i milanesi, e non lì convenuti, si dava sfogo alle proprie voglie, ai propri desideri e si urlavano le proprie frustrazioni. Neanche lo Stadio Olimpico, che a qualcuno evocherà tristi momenti di opacità, evoca come San Siro momenti indimenticabili. Eccone uno.
Erano suonate le cinque del mattino di una domenica livida, quelle domeniche milanesi uggiose di novembre, poca pioggia, tanta nebbia e maglione accollato che al solo pensarci mi si accapona la pelle dal bruciore. Ma l’emozione era fortissima per un giovane medico che solo pochi anni prima aveva militato in una squadra di calcio giovanile come ala destra, riscuotendo anche un tentativo d’ingaggio nella prima squadra. L’emozione si fa più forte perché da un lato c’è Maria Teresa, la fidanzata dell’epoca, da portare a San Siro, la malcelata paura di sbagliare strada con la 850 già emorragica e la tensione per la folla. La Mamma avrebbe detto: attento figlio mio, la folla fa paura, è indomabile, non farti trascinare.
Alle 11:30 pasto frugale in latteria con M.T., allora si mangiava in quelle trattorie familiari dette latterie dove il pasto di ottima e casalinga confezione era assicurato a 1000 lire, poi un caffè da Cucchi e infine verso piazzale Axum, nel tentativo di parcheggiare ove possibile. San Siro era ancora immersa nel verde del silenzio domenicale, tra ville chiuse al traffico e sentieri che solo i ricchi dell’epoca potevano calpestare. Luogo esclusivo, dominante, ma che, per contrappasso, sarebbe stato squarciato nelle ore successive dal diluvio della folla impazzita, una ola continua che uno sprovveduto telecronista definì “un catino come un vulcano in piena erezione”. Ma sì, tra eruzione ed erezione il confine orgasmico in fondo è breve. E ogni gol della mia Inter era un orgasmo di passione, di frustrazione catartica, di cancellazione dell’ultima delusione, sull’ultimo esperimento andato a male, sulla fusione della testata, sempre della 850.
E quando il gol arrivava la folla esplodeva e potevi sentire Martino che bestemmiava contro la suocera, Antonio che urlava in pugliese, mentre il siciliano si sentiva poco, avevano paura i siciliani, il clima non era proprio dei migliori.
Questo era San Siro e ce lo vogliono levare. MAI, sarà l’ultimo urlo della Curva degli Immigrati!
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