Milano
Giovanni Gulino: “Con il Festival usciamo dal web. Chi parte da Musicraiser ha molto da comunicare”
Che cos’è il crowdfunding? È l’accumulo di piccoli investimenti in singoli progetti da parte di un gran numero di individui (la folla), tramite o con l’aiuto di internet o dei social network.
E la prima piattaforma di crowdfunding italiana dedicata alla musica si chiama Musicraiser, start-up di successo, fondata nel 2013 da Giovanni Gulino, voce de i Marta Sui Tubi, e da Tania Varuni, organizzatrice di eventi. La piattaforma, ad oggi, ha finanziato dal basso e promosso circa seicento progetti, creando una vera e propria community di oltre sessantamila “raiser”. Una realtà ormai avviata quella di Musicraiser, che ha scelto di festeggiare con tutti i suoi sostenitori questi intensi anni di attività, organizzando un vero e proprio festival, previsto per sabato 29 agosto al Carroponte di Sesto San Giovanni (Mi).
Si tratterà di cinque ore di musica live, con alcuni degli artisti che sono stati protagonisti di campagne sulla piattaforma. Tra i nomi noti, si esibiranno sul palco del Carroponte i Post-Csi, (ovvero Massimo Zamboni, Gianni Maroccolo, Francesco Magnelli e Giorgio Canali, ai quali si aggiungerà Angela Baraldi), i Marlene Kuntz e gli stessi Marta Sui Tubi. Ad aprire il festival saranno invece due giovani cantautori: Giuliano Dottori e Massaroni Pianoforti. Ospite anche il rapper Egreen, che prenderà parte alla serata proprio nel giorno in cui la sua campagna di crowdfunding sarà avviata sul sito. “Ci piaceva l’idea di uscire dal web, perché chi parte da Musicraiser ha davvero tanto da dire e da comunicare”, afferma il fondatore Giovanni Gulino, che abbiamo intervistato in un momento di pausa dal tour estivo, dopo un caffè in autogrill.
Musicraiser compie due anni di attività. Tempo, quest’ultimo, che vi è bastato per riuscire ad espandervi anche all’estero. Come ci siete riusciti?
All’estero siamo ancora agli inizi. Abbiamo fatto qualche investimento quest’inverno e ciò ci ha portati a finanziare una trentina di progetti provenienti da tutto il mondo, dall’Australia all’Inghilterra. E’ un buonissimo punto di partenza per noi. In questo momento, siamo l’unica piattaforma in Italia ad aver finanziato progetti di artisti stranieri.
E complessivamente quante proposte siete riusciti a far finanziare attraverso il sito?
Sono circa seicento. In Italia l’anno scorso sono stati pubblicati mille album e nello stesso periodo noi abbiamo finanziato oltre centocinquanta album. Cominciamo ad avere un peso interessante nell’economia di scala della discografia.
Che servizi offrite agli artisti che scelgono di appoggiarsi alla vostra piattaforma?
Musicraiser è uno strumento che non offre solo la possibilità di finanziarsi un disco, perché c’è chi non ha bisogno di questo, ma che invece ha la necessità di creare una campagna di album pre-order, di prevendita, che serva anche a lanciare a livello promozionale il suo progetto musicale. Poi, abbiamo creato anche il servizio di ticket pre-order, ovvero la possibilità per gli artisti di vendere, oltre al biglietto del concerto, anche articoli esclusivi, come il merchandising autografato, o esperienze come quella dell’incontro nel backstage, una cena prima dello show. Ogni musicista è libero di mettere a disposizione quello che vuole. La mia idea di Musicraiser è quella di un posto in cui l’artista possa costruire un rapporto con i propri fan, offrendo delle cose che diversamente non potrebbe offrire a chi lo segue. Il progetto nasce da musicisti per altri musicisti. Questo ci permette di comprendere meglio le esigenze degli artisti.
E la selezione dei progetti pubblicati sul sito come avviene?
Noi facciamo una selezione attenta, forte. Non pubblichiamo certamente tutte le proposte che ci arrivano; anzi, ne pubblichiamo una minima parte, perché vogliamo che sul sito ci siano persone che quando promettono qualcosa poi mantengano la parola data. Fino ad adesso non si è mai verificato che una campagna finanziata non rispettasse quanto promesso.
Le polemiche sul fatto che Musicraiser proponesse una “colletta digitale” sono ormai superate?
Diciamo che il tempo ha fatto da giudice. Adesso tutti utilizzano il crowdfunding, anche chi magari prima lo criticava. Già tre anni fa, quando partimmo noi, nel mondo il crowdfunding era uno strumento ampiamente utilizzato, qui in Italia sembrava invece una novità. Qualche opinion leader del settore, quindi, mosse delle critiche, ma non comprendendo che questo è un meccanismo che fa selezione, perciò permette a chi ha qualità di andare avanti con la propria carriera, e inoltre che non si tratta di una colletta di denaro perché chi contribuisce riceve sempre qualcosa in cambio. E poi, insomma, le polemiche sono anche servite in pubblicità.
Hai seguito la vicenda dei Rockin’1000? Forse oggi si è creata un’urgenza d’interazione maggiore tra il pubblico e l’artista.
Secondo me è un naturale processo. Nell’era dei social network c’è già interazione tra fan e artisti, rispetto al passato. I fan, però, vogliono sempre di più. Vogliono non solo ascoltare la tua musica, ma parlarti, entrare in contatto con il tuo mondo, magari conoscerti di persona. E uno strumento come Musicraiser dà queste possibilità.
Il crowdfunding nasce anche come risposta o alternativa al mondo dell’industria discografia?
Certo, perché dal 2013 ad oggi, l’avvento dello streaming ha modificato moltissimo quelli che erano gli introiti relativi alle vendite degli album. Molti preferiscono utilizzare servizi di streaming come Spotify per ascoltare musica. Questi sono strumenti straordinari e anche io li utilizzo, però non sempre le case discografiche usano metodi politicamente corretti. David Byrne, recentemente, ha sollevato questo problema, perché servirebbe più trasparenza dalle case discografiche sul discorso degli introiti legati allo streaming, che è ancora un buco nero. Il crowdfunding è un sistema che va un po’ a colmare questo gap: se un artista emergente fa una campagna di tremila euro, coinvolgendo circa cento persone, è come se prendesse se avesse venduto dodicimila copie di un album su Itunes. Con le piattaforme come la nostra è come se avvenisse una chiamata all’arte, un appello, e la gente risponde sempre positivamente, di sicuro si interessa ai progetti almeno.
Come sarà la serata del 29 agosto al Carroponte?
Mi auguro che sarà una grande festa. E’ la prima grande manifestazione che organizziamo, con cinque ore di musica live. Ci piaceva l’idea di uscire dal web, perché chi parte da Musicraiser ha davvero tanto da dire e da comunicare. Ci saranno degli artisti più affermati come i Marlene Kuntz e i post- Csi, oltre che noi Marta Sui Tubi, e poi dei giovani cantautori come Massaroni Pianoforti e Giuliano Dottori. Inoltre ci sarà il rapper Egreen che presenterà la sua campagna il giorno stesso. La sua presenza è un qualcosa di molto bello, perché l’hiphop si è sempre tenuto un po’ alla larga da Musicraiser. Non ne capisco le ragioni, forse il nostro è un mondo lontano dalla logica dei rapper. Noi però finanziamo progetti di tutti i tipi di musica. Sono stati quasi tre anni straordinari. Se me lo avessero detto, che avremmo raggiunto questi risultati, sarei rimasto a bocca aperta. E invece, da una stanzetta in solaio, abbiamo costruito una realtà, fatta di uffici e personale che lavora con passione.
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