Milano
Gerolamo Pelli, lo scopritore di marchi racconta la storia di Ravizza
Ravizza Sport, tutti i milanesi dai 40 anni in su si ricordano del negozio di caccia e pesca in via Hoepli. Oggi Ravizza è un emporio esclusivo in provincia di Pavia, a soli 18 km da Milano. Un marchio senza tempo e contemporaneo. Conosciuto dagli appassionati di sport outdoor, ma frequentato anche dagli amanti dello stile che strizza l’occhio al sofisticato abbigliamento countryside inglese e all’outfit realizzato in modo sartoriale. Gerolamo Pelli gestisce il marchio Ravizza dagli anni ’70 importando e distribuendo prodotti outdoor sempre all’insegna di un forte collegamento con la natura.
Da quasi 30 anni vi siete trasferiti a Zerbolò (PV). Come mai questa scelta, un po’ controtendenza, di spostarsi dal centro di Milano, in una sede storica nella provincia pavese?
Il negozio di Zerbolò (vicino a Bereguardo) in realtà ha sempre convissuto con Milano. Inizialmente era nato come outlet, termine che 30 anni fa ancora non esisteva in Italia, all’epoca esistevano solamente gli spacci aziendali. Negli Stati Uniti, precisamente a Portland, i grandi marchi americani venivano venduti in spazi denominati outlet e la struttura degli immobili che ospitavano questi negozi somigliavano per certi versi alle cascine lombarde. Tornando da un viaggio di lavoro in quei luoghi mi venne l’idea di adattare la cascina di famiglia a Zerbolò in uno spazio di vendita che ospitasse i capi di abbigliamento del negozio di Milano offerti in promozione e così nacque questa struttura. Successivamente arrivarono tutte le altre strutture, da Serravalle in giù, denominate outlet, che spesso però snaturano il vero significato del termine, infatti vi si trovano spesso negozi normali che praticano degli sconti, ma non sono dei veri propri outlet.
Voi siete stati i primi a portare in Italia alcuni brand icone come Timberland, Moncler e Barbour, ci racconta come è andata?
Più che a portare, direi vendere. Siamo stati i primi in assoluto a vendere in Italia i prodotti Timberland. All’epoca le scarpe non le voleva nessuno, ma mi chiesero il favore di esporle in vetrina: c’era la classica scarpa con la suola in carro armato, il polacchino arancione diventato l’icona dei paninari e il mocassino che ricordava la calzatura degli indiani tutto di cuoio, praticamente senza suola. Hanno iniziato ad essere molto richieste al punto da dover prendere le prenotazioni e, con mio grande stupore, certi clienti le acquistavano anche del numero sbagliato pur di averle. Di Barbour eravamo gli importatori; era un capo che si usava per la caccia e ci avevano chiesto di occuparci della distribuzione in tutta Italia, ma all’epoca non eravamo attrezzati, un vero peccato perché abbiamo perso un’occasione ma devo riconoscere che chi l’ha distribuito è stato molto bravo. Moncler nasce inizialmente come piumino per la montagna, era naturale averlo in assortimento perché faceva parte di tutta l’attrezzatura da sci da noi proposta. Poi il capo ha virato verso un uso urbano ed è diventato fashion ed ha avuto una sua evoluzione; noi l’abbiamo abbandonato perché non era più in tema con l’assortimento proposto.
Quando e perché l’abbigliamento tecnico, dal quale Ravizza è partito, ha iniziato a diventare di moda, anche di lusso?
È iniziato dalla presa di coscienza che il business della caccia e della pesca andavano a restringersi. Ci siamo resi conto che l’abbigliamento tipico di queste due discipline poteva essere utilizzato anche nell’uso quotidiano. Inoltre abbiamo sempre avuto la convinzione che l’abbigliamento “tecnico” dovesse contenere grandi elementi di qualità per venire utilizzato in attività, spesso anche impegnative, che richiedevano resistenza ai movimenti e condizioni climatiche particolari, senza rinunciare alla comodità e al confort. Il concetto è stato poi abbracciato un po’ da tutti: se una giacca da montagna è perfetta e svolge la sua funzione a 3.000 metri, a maggior ragione può essere utilizzata anche in città, va solamente adeguata a quelli che possono essere gli usi quotidiani.
Oltre ai brand famosi fate anche abbigliamento su misura, corretto?
Abbiamo una piccola produzione di alcuni capi tra cui pantaloni, giacconi e camicie con modelli ideati da noi. Questa possiamo definirla una produzione in serie, infatti il marchio Ravizza si presenta anche con una propria collezione, sia per la stagione estiva, che presenta capi dedicati ai viaggi e alle escursioni, che per quella invernale che comprende indumenti dedicati alla caccia. Ovviamente è tutto dedicato all’outdoor. A latere di questo, c’è l’abbigliamento su misura che sposa però uno stile classico. Realizziamo abiti, camicie, cappotti per uomo, mentre per la donna abbiamo smesso di realizzare tailleur e produciamo solo camicie.
Come funziona il servizio per i capi su misura?
Il cliente prende appuntamento e si reca nell’emporio (mi piace chiamarlo così) di Zerbolò, oppure ci rechiamo al domicilio del cliente. Per realizzare un abito ci mettiamo circa un mese da quando sono state prese le misure, quindici giorni circa invece per le camicie. Abbiamo una clientela storica, oramai fidelizzata da anni e riusciamo ad essere competitivi con il prezzo perché riduciamo la filiera, confezioniamo e vendiamo direttamente al consumatore. Puntiamo moltissimo sulla qualità dei tessuti con una rigorosa e diffusa ricerca di quello che offre il mercato. Lavoriamo con i migliori tessuti inglesi.
Qual è la vostra clientela, oggi che siete lontani dal centro di Milano?
Questo posto esiste da oramai 30 anni e con Milano ha sempre coesistito. Naturalmente avendo chiuso Milano arrivano più clienti, ma anche prima i milanesi avevano l’abitudine di venirci a trovare in campagna. Questo è un posto che viene vissuto in una maniera diversa, i clienti hanno più spazio, non ci sono problemi di parcheggio, si fanno una passeggiata, è una location accogliente per le famiglie con bambini, per chi ha animali, insomma ci si trova in mezzo alla natura, le stagioni sono tutte affascinanti e poi ci troviamo a soli 18 km da Milano. È un luogo accogliente, riscaldato solamente a legna con i camini, non abbiamo voluto il gas. Il nostro cliente storico non è cambiato molto, è solamente invecchiato.
Qual è l’elemento distintivo di Ravizza?
La continua ricerca della qualità e di una eleganza che non vuole apparire, con un logo appena sussurrato che si traduce in praticità. Poi il colore verde, la natura, l’autenticità e la serietà del prodotto. Ad esempio, noi non usiamo bottoni di plastica, solo di corno o comunque prodotti naturali. Oggi ne parlano tutti, noi in silenzio lo facciamo da sempre. I nostri prodotti sono tutti naturali come le lane e i cotoni.
L’arrivo delle grandi catene del tessile ha cambiato le abitudini di acquisto dei consumatori, maggiori acquisti a prezzi contenuti. Ce la faranno i negozi tradizionali a resistere?
La prima cosa da fare è contenere i costi, cosa oggi fondamentale. Poi concentrarsi sul prodotto che deve rivaleggiare con quello delle grandi catene. Ci vuole quindi un prodotto esclusivo, unico, con un giusto rapporto qualità prezzo. È necessario insistere su prodotti con alti contenuti qualitativi.
Cosa le piace del suo lavoro?
L’essere andato sempre in giro per il mondo a cercare nuovi prodotti da proporre ai clienti. Una vita passata alla ricerca di anteprime, molte delle quali sono poi diventate di uso comune.
Progetti futuri?
Sicuramente un maggiore sviluppo del mercato on line, che diventa però un prolungamento dell’attività del negozio. Chi si approccia da noi deve sapere che dietro c’è una base solida che esiste da oltre 30 anni e con una storia iniziata 150 anni fa. L’online deve essere una comodità per il cliente che a volte non può muoversi ma sa che qui può venire per toccare con mano i tessuti e i capi visti nel sito. Cercheremo poi di ingrandire ancora gli spazi espositivi e offrire un’accoglienza diversa, accompagnandola nel weekend con un’offerta culinaria fatta rigorosamente di prodotti locali, che potranno essere degustati sul posto con lo scopo di allietare la visita dei nostri clienti.
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