Milano
“Favorì il Comune di Milano”, il giudice del Tar condannato a 2 anni per falso
Perché il giudice canuto, dopo una vita senza squilli né tonfi, abbia deciso di favorire Palazzo Marino evitando il crac alla sua controllata Sea Handling, forse non lo sapremo mai. Di fatto, però, Adriano Leo, da presidente della terza sezione del Tar, depositò un’ ordinanza diversa da quella concordata in camera di consiglio coi suoi colleghi accogliendo il ricorso del Comune che bloccava la stangata europea da 450 milioni col rischio di fallimento per la società di gestione aeroportuale.
Questo racconta il verdetto pronunciato oggi dal giudice Giulia Turri non convinta dalla tesi del ‘lapsus calami’ invocata dal suo collega (ora in pensione) e dalla difesa. La decisione venne portata in camera di consiglio sotto forma di ‘brogliaccio’ nel maggio 2013 già scritta, tra lo stupore degli altri giudici del collegio perché, ha sotenuto il pm Roberto Pellicano nella requisitoria, nella sua carriera “Leo non si era mai assegnato la decisione su un ricorso e quel giorno si presentò con una motivazione complessa e articolata di cui non era l’autore “. “Leo ci diceva, sbattendo i pugni sul tavolo: ‘Io sono il Presidente e faccio quello che voglio”, è l’accusa di Silva Bini, uno dei giudici a latere.
Che per il Comune quel provvedimento fosse cruciale lo ha rivelato un altro giudice del Tar, Domenico Giordano: “Qualche giorno prima della sentenza incontrai nel cortile del Tar l’avvocato del Comune Maria Rita Surana, molto preoccupata per le conseguenze di un’eventuale bocciatura”. A ritenere “illecito” lo stanziamento del Comune a favore di Sea Handling era stata la Commissione Europea, che lo aveva considerato un aiuto di Stato, proibito dalle norme sulla concorrenza. Perché il giudice Leo fece questo enorme favore all’amministrazione cittadina? “Ero preoccupato per la perdita dei posto di lavoro alla Sea”, si è difeso motivando il “lapsus”. Per il suo avvocato, il professor Angelo Giarda, la dimostrazione che che gli scappò un errore dalla penna senza dolo” starebbe proprio nella mancata dimostrazione del suo vantaggio perché “nessuno falsifica niente per niente”.
Manuela D’Alessandro
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