Milano

Expo? I fornitori aspettano ancora

30 Maggio 2016

di Paolo Costanzo e Valerio Federico (Tesoriere Radicali Italiani), candidati al consiglio comunale di Milano con la Lista “radicali con Cappato Sindaco”

 

A poco più di sei mesi dalla chiusura dell’esposizione universale 2015 è possibile tracciare un bilancio della manifestazione. Con il tema “Nutrire il pianeta, energia per la vita”, Expo 2015 si è posta l’obiettivo di guardare ai problemi dell’alimentazione. Questi avrebbero dovuto suggerire di prestare attenzione ai progressi dell’industria alimentare, all’innovazione tecnologica e all’ampliamento dei circuiti dello scambio internazionale. Purtroppo si è parlato quasi solo di sostenibilità, di politiche consapevoli e di chilometro zero, questioni comunque rilevanti. La posizione di avanguardia dell’industria agroalimentare italiana induce a ritenere che si sia persa una grande occasione.

La domanda che ci poniamo oggi è a chi ha giovato Expo.

Molti osservatori hanno ritenuto di rispondere coi numeri dei ricavi realizzati da operatori e padiglioni nel perimetro del sito espositivo, contando il numero dei biglietti staccati, valutando le camere d’hotel occupate durante l’evento o i ricavi di negozi ed esercizi commerciali dell’area metropolitana milanese. Superata l’euforia “dei risultati di breve periodo”, ci troviamo oggi a dover affrontare profondi ridimensionamenti di imprese che in alcuni casi hanno comportato il ricorso a procedure concorsuali.

Quanto al Bilancio d’esercizio della società EXPO 2015, dai dati recentemente comunicati alla stampa (sul sito istituzionale l’ultimo documento disponibile è quello relativo al bilancio 2014),  si evince che l’esposizione è costata ai contribuenti 1,258 miliardi di euro (se non vi fossero stati i contributi pubblici si sarebbe realizzato un disavanzo patrimoniale pari a 1,228 miliardi, visto il patrimonio netto di 30 milioni), che vi sono 60 milioni di accantonamenti per mancati pagamenti di alcuni paesi espositori, cifra eccessiva considerando l’esistenza dei diversi strumenti di garanzia dei crediti esteri e che la posizione debitoria evidenzia 258 milioni di debiti netti al 31 dicembre 2015 di cui 59 saldati al 28 febbraio 2016.

Se confrontiamo i dati al 31 dicembre 2015 con quelli al 31 dicembre 2014, emergono chiaramente le diseconomie create da EXPO 2015. Infatti, pagamenti con ritardi significativi, hanno costretto le imprese fornitrici a comportarsi come fossero banche nei confronti del cliente EXPO Spa, ma per poterlo fare a loro volta hanno dovuto reperire mezzi finanziari sul mercato appesantendo i propri conti economici. Ovviamente questo non è stato possibile per quelle imprese prive di merito creditizio e la cui situazione patrimoniale e finanziaria era già appesantita dalla crisi sistemica dell’ultimo decennio. Diverse di queste, le quali hanno sperato di recuperare grazie a commesse connesse all’esposizione, si sono viste costrette a presentare i libri in Tribunale a causa dei ritardati pagamenti (è il caso ad esempio della Tecnochem, un’ azienda bergamasca fondata nel 1977 e specializzata nello sviluppo di tecnologie e soluzioni per l’edilizia attraverso componenti chimiche, il cui fallimento è stato dichiarato lo scorso 6 aprile). Tra l’altro appare beffardo che nel sito di Expo 2015 l’indicatore di tempestività dei pagamenti risulta evidentemente ancora in corso di elaborazione visto che la pagina sui pagamenti della società risulta vuota. E ciò a conferma che le asimmetrie di trattamento fra Stato e Cittadini si sono realizzate anche in occasione dell’Esposizione Universale, ne sanno qualcosa i cittadini che a seguito di ritardi nei pagamenti delle imposte vengono tempestivamente sanzionati.

 

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