Milano
Expo 2015: rischio indigestione per Oscar Farinetti
Oscar Farinetti è nell’élite degli imprenditori più scaltri e capaci che il nostro Paese abbia a disposizione in quest’epoca. Nasce ad Alba, studia economia e commercio ma abbandona l’idea di laurearsi per subentrare nell’attività fondata dal padre partigiano qualche anno prima: Unieuro.
Nelle mani di Oscar il brand diventa una catena di grande distribuzione specializzata nell’elettronica di consumo. Il ragazzo ha fiuto per gli affari e capisce in anticipo i territori da coltivare, nel 2004 vende Unieuro ad una public company britannica e con i quei soldi dà corpo ad un’idea folle: fondare una catena di distribuzione alimentare d’eccellenza, Eataly.
Gli bastano 8 anni per aprire 9 filiali in Italia, una in Giappone ed una a New York. Poi una serie di riconoscimenti, biografie e persino la laurea honoris causa conferitagli dall’Università di Urbino. Alcuni lo amano, altri lo detestano con discrezione, molti lo invidiano sia per le sue capacità imprenditoriali sia per le sue amicizie politicamente influenti vedere alla voce Matteo Renzi.
“Nutrire il pianeta” recita il claim di Expo 2015 ma a pensar male si potrebbe scrivere “Nutrire le tasche di Farinetti. Due padiglioni da 8mila metri compessivi, 20 ristoranti (uno per ogni regione), a Farinetti l’incarico di gestire il progetto del più grande ristorante capace di servire 2,2 milioni di pasti d’eccellenza culinaria, più di 100 ristoratori che gestiranno a turno i ristoranti e a cui andrà il 70% degli incassi, il resto nelle casse di Eataly.
I ben informati dicono che non ci sia stata gara pubblica, incarico diretto. Farinetti ha il compito di scegliere i ristoratori a sua totale discrezione.
Tutti contenti, l’ad di Expo Giuseppe Sala definisce “l’esperienza di Eataly come il miglior biglietto da visita per il nostro Paese”, Farinetti si dichiara “lieto e orgoglioso di essere protagonista dell’esposizione universale” e aggiunge che “i visitatori saranno 10 milioni in più rispetto alle previsioni”. Tutto questo mi ricorda Tonino Guerra quando faceva il testimonial per Unieuro/Farinetti declamando “l’ottimismo è il profumo della vita”. Il Paese ringrazia e spera.
La cronaca racconta che c’è un signore, Piero Sassone, presidente di Italian Culinary Institute for Foreigners che ha presentato un esposto per denunciare presunte irregolarità nella gara per la ristorazione al padiglione Italia. Gesto maturato dall’invidia? Il Presidente dell’Autorità anticorruzione, Raffaele Cantone, indagherà forse si forse no.
Oltre la banalità del sospetto ci sono elementi oggettivi che caratterizzano la figura di Farinetti: l’evidente talento imprenditoriale, la visione a lungo termine sui progetti e l’attitudine a trasformare le parole in fatti.
Infine una grande verità che ho letto da qualche parte: “Farinetti ha approfittato del vuoto colossale totale e delirante sulla difesa dell’agroalimentare tricolore nel mondo. Ci voleva lui per far riflettere seriamente sull’istituzione di un marchio per far riconoscere ciò che è italiano“. E ancora: “Ai tempi eroici quanto denaro veniva gettato via per esempio alla Bit per campagne pubblicitarie oscene per promuovere il nostro Paese?“
Allo stato attuale ci sono due fatti: il primo è proprio Farinetti a cui va il merito di aver contribuito in vari modi alla diffusione del mangiar bene che sulla lunga distanza crea cultura della consapevolezza in un popolo abituato a mangiare tecno-cibo o cibo industriale fin dagli anni ’50. Il secondo fatto è rappresentato da quell’insostenibile atteggiamento italico per il quale se sei astuto nel coltivare le giuste amicizie puoi ottenere un intero vagone, occupare tutti i sedili e scegliere chi vuoi far salire.
I vincenti sono antipatici, lo sono di più se antepongono l’ego al talento ma ancora una volta contano i fatti non le opinioni e Farinetti sta già pensando al suo prossimo business: Green Retail Park, 10.500 metri quadrati di negozio a Torino interamente alimentati da energia verde autoprodotta e con un bellissimo prato come tetto; progetto presentato in occasione della firma di un accordo tra Ministero dell’Ambiente, Eataly e Italo, per il rilancio di un “made in Italy” che punta sulla sostenibilità: tutto pronto nemmeno a farlo apposta per il 2015.
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