Milano

Edilizia convenzionata negli scali ferroviari: un’occasione da non sprecare

27 Giugno 2017

È di questi giorni la notizia della firma dell’accordo di programma sugli ex scali ferroviari di Milano. Essendo votato in generale (ma ancor di più in questa fase esistenziale) alla pars construens, mi pare una buona notizia. Si tratta di un ragionamento complessivo su Milano che guarda in ogni caso a una prospettiva futura.

Rispetto al tema avevo comunque già svolto, su Gli Stati Generali, alcuni semplici ragionamenti. Ritenendoli, per quanto mi riguarda, ancora molto attuali non li ripeto; chi ne avesse voglia può recuperarli qui.

Mi preme in questa sede articolare alcune riflessioni su quello che viene narrato, unitamente al significativo incremento di “verde”, come l’importante passo in avanti di questo accordo di programma, ossia l’incremento complessivo della edilizia convenzionata. Anche questa, in termini assoluti, non può che essere una buona notizia. Ma per far sì che alle parole seguano atti conseguenti, occorre che l’Amministrazione Comunale sia determinata nel definire un chiaro perimetro di tale fattispecie di edilizia residenziale.

Se, come è parso di capire dalle differenti dichiarazioni seguite alla firma dell’accordo di programma sottoscritto, l’obiettivo è quello di garantire una pluralità di offerta che consenta un ampio e agevole accesso alla casa – in proprietà e in affitto – occorre prevenire potenziali storture insite in una potenziale abusata concezione dell’edilizia convenzionata. Cerco di spiegarmi.

Il Comune di Milano, con la delibera 42 del 2010, ha provveduto a regolamentare la babele con cui si attuava prima di quella data la generale offerta di edilizia convenzionata. Nello specifico ha riconosciuto due tipologie prevalenti per gli alloggi ceduti in proprietà: l’edilizia convenzionata agevolata e l’edilizia convenzionata ordinaria.

La prima, derivante da forme di agevolazione urbanistica o concessoria, ha dei limiti ben definiti; sia nei requisiti soggettivi degli acquirenti, sia nel tetto massimo previsto per il costo di assegnazione che – in linea generale – non può superare un costo medio al metro quadrato commerciale fissato attorno ai 2.200 €/mq. Si tratta, quindi, di una tipologia di edilizia convenzionata destinata esclusivamente a favorire l’accesso alla prima casa, definita tecnicamente edilizia residenziale sociale.

Differente è invece la quota di edilizia convenzionata ordinaria, ossia una tipologia di edilizia in cui l’amministrazione convenziona – e quindi impone – il solo costo massimo di assegnazione/vendita degli alloggi, senza alcun vincolo ulteriore. In questo caso è possibile che accedano all’acquisto di un alloggio anche soggetti già possessori di casa. Nel passato quando – in concomitanza di una eccitata offerta immobiliare – non v’era alcun limite a tale tipologia di offerta si è assistito a un abuso di questo strumento; è accaduto spesso di vedere l’edilizia convenzionata trasformarsi in uno strumento paraspeculativo, con costi lievitati in maniera irrazionale e senza alcun ancoraggio agli obiettivi previsti dalla legge che ha generato tale fattispecie.

Per questo, tornando all’inizio di questo ragionamento, è bene che – per rendere l’edilizia convenzionata ordinaria simbiotica tanto a quella agevolata, quanto all’edilizia di mercato – si pongano anche ad essa i ragionevoli limiti previsti dalla citata delibera 42, ossia il non superamento del costo massimo di 3.000,00 euro al mq commerciale. Con l’accortezza di prevedere una differente graduazione del costo massimo – sempre nel predetto limite – in funzione dell’ubicazione degli alloggi poichè, inutile dirlo, anche tra gli scali vi sono aree differenti per ubicazione e “pregio”.

Se si sarà rigorosi in questo si preverranno abusi o fenomeni di “social washing” immobiliare in cui, dietro la magica parolina “sociale” si celano potenziali (e insidiose) operazioni astutamente speculative. Allo stesso tempo, se si procederà nel solco già tracciato dalla medesima Amministrazione Comunale, si otterrà il risultato di offrire – davvero e non per slogan – alloggi per diversi ceti sociali, facendo sì che Milano guardi a un modello di crescita attrattivo e inclusivo.

In tal senso Milano dovrebbe guardare più verso Berlino, città vitale e con una ricca e differente offerta immobiliare, piuttosto che a Londra, dove la monocultura della crescita della rendita immobiliare sta generando una città tanto luccicante, quanto anodina e respingente per ampie fasce di cittadinanza.

Una città che non vuole solo attrarre “investimenti” (a essere investiti, alla fine si resta stesi) ma vuole attrarre “umanità”, ha bisogno di politiche eque e redistributive. Gli strumenti ci sono e, stando alle parole, anche le volontà. Ora è tempo di passare ai fatti, per consentire a Milano di crescere, con giudizio.

www.facebook.com/alessandro.maggioni.792

@Alemagion

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