Ambiente
Due volontari milanesi raccontano Amatrice: “Una scuola di vita incredibile”
Ad Amatrice il Comune non esiste più, si è sbriciolato, esattamente come molti altri edifici di quella che oggi viene chiamata “zona rossa”, il centro. Niente più anagrafe; documenti e pratiche dei cittadini sono stati travolti dalle mura della struttura, che, come spiegano dall’Anci, in tutta probabilità non era affatto a norma. Ricostruire l’identità di un Paese e di coloro che lo abitano è davvero complesso. Il lavoro da fare, peraltro, è tantissimo, a partire dal recupero di tutto quello (poco o tanto) che di recuperabile c’è, non solo nelle strutture comunali, ma anche in quelle private. E poi ci sono le perizie da fare sugli immobili lesionati, procedendo poi alla rimozione dalle macerie (inizialmente rifiuti e alimenti) che vanno classificate e smaltite, per poi pensare alla ricostruzione, che, a cominciare dalla scuola, con l’aiuto della provincia di Trento, sembra aver già preso piede. Tutte cose che comunque prevedono moltissimi passaggi e adempimenti burocratici.
Da nord a sud della Penisola, proprio e anche per questo ad Amatrice sono arrivati i volontari, e Milano non si è tirata indietro. Il Comune supporta e continuerà a supportare l’amministrazione comunale nella ricostruzione degli uffici e della documentazione, avvalendosi di tecnici e agenti della polizia municipale. Tra le “partecipate” che si sono attivate per dare una mano c’è MM Spa, che ha inviato un pool di tecnici e di amministrativi per offrire supporto alle popolazioni devastate dal sisma. Non è la prima volta che l’azienda offre il suo aiuto in situazioni così complesse.
«Io sono in azienda da quasi trent’anni – racconta a Gli Stati Generali Gabriele Galeazzi, direttore operativo – e quando sono arrivato qui avevo sentito di esperienze simili di volontariato che i miei colleghi avevano avuto modo di fare nel 1980 in Irpinia, per cui mi sono reso immediatamente disponibile». Galeazzi è partito per Amatrice l’11 settembre ed è tornato a Milano solo pochi giorni fa. Lui e i suoi colleghi, tra i quali Fulvio Borzi, sono stati tra i primi a raggiungere i luoghi del terremoto per conto di MM e del Comune di Milano. «Avremmo fatto qualsiasi cosa – afferma Borzi, ispettore di cantiere ormai in MM dal 2008 – e ci siamo impegnati affinché il nostro contributo potesse essere canalizzato nel modo migliore».
I due uomini sono infatti partiti per Amatrice senza la certezza di cosa sarebbero andati a fare sul posto. Non erano a conoscenza di che genere di aiuto avrebbero potuto portare concretamente. Solo una volta arrivati lì sono stati accolti dai tecnici del Comune che li hanno suddivisi in gruppi per rendere operativi gli uffici comunali.
«Ad Amatrice – continua Galeazzi – non c’è una casa abitata, un’attività commerciale, un bar, un tabaccaio, nulla. Quando siamo arrivati ci siamo trovati di fronte un paese fantasma. I cittadini vivevano nei campi predisposti dalla Protezione Civile. Noi abbiamo convissuto con loro, dividendo bagni, tende. La vita era questa».
Borzi e Galeazzi, nei giorni trascorsi sul luogo del terremoto e che continua comunque a tremare, si sono occupati delle ordinanze per la demolizione dei fabbricati che potevano creare problemi di sicurezza lungo la Salaria. L’iter era ed è purtroppo lunghissimo. Il geometra dell’ufficio tecnico, insieme ai vigili del fuoco, deve fare un sopralluogo sulle case e valutarne la pericolosità, dopodiché, se il gruppo ritiene che il fabbricato possa creare problemi, il sindaco emette l’ordinanza di demolizione. Sembra semplice ma non lo è. Prima bisogna contattare i proprietari dell’edificio, e molti sono proprietari di seconde case che vivono fuori da Amatrice, poi bisogna farsi firmare la liberatoria, la copia dell’ordinanza va mandata ai vari enti e agli stessi proprietari, che in seguito è necessario avvisare del giorno fissato per la demolizione, per far sì che magari i vigili provino a recuperare qualche effetto personale. Il processo è pertanto complesso. Per ogni fabbricato da demolire va seguito questo iter. «Noi abbiamo gestito ben 40 ordinanze in 15 giorni», dice Galeazzi, che di tutta questa esperienza, con il collega Borzi, si porta dietro e dentro soprattutto le storie di chi ha perso tutto.
«Appena arrivato sembrava di essere in un campo di battaglia, con mezzi dell’esercito che facevano avanti e indietro, la disponibilità dei volontari era tantissima ma non facilmente gestibile e organizzabile… La zona rossa era e resta impressionante. Visitarla è un’esperienza umana fortissima, vedere gli effetti della vita personale che emergono dalle macerie sentendo il racconto di chi ha vissuto la notte del terremoto è un momento toccante e molto forte emotivamente…». Borzi definisce la permanenza ad Amatrice come una scuola di vita incredibile: «Abbiamo conosciuto persone toste, gente di montagna, e inizialmente c’è stata qualche difficoltà nel farci accettare, però, superato questo scoglio, siamo riusciti ad aiutarli sul serio e questo è stato importante dal punto di vista lavorativo ma soprattutto per quello umano. Ci siamo trovati di fronte gente forte, che non si è mai lamentata, nonostante abbia perso tutto».
«L’unione con i colleghi di Amatrice va al di là di molte altre. Ne sono uscito felicemente arricchito – commenta Galeazzi -. Forse mi ha permesso di dare il peso giusto alle cose. Queste persone hanno dimostrato una dignità inimmaginabile. Ci portavano le paste, pur non avendo più nulla. Nessuno si è mai lamentato. Nessuno. Questo è un grande segnale, una grande lezione».
Ad Amatrice c’era e c’è ancora moltissimo da fare. Quando si abbandona un luogo devastato da una calamità naturale che ha mutato e/o distrutto molte vite, forse si nutre un certo senso di colpa nel ritornare alle proprie vite di tutti i giorni. I due uomini, professionisti e volontari grazie e per conto di MM, hanno rinnovato la loro disponibilità a ritornare in quel luogo che conservano nei loro cuori come il più prezioso dei ricordi.
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