Giustizia

Dormire in macchina, svegliarsi in Tribunale: storie di padri separati a Milano

1 Maggio 2024

Nelle inchieste che ci hanno portato a raccontare le storie che arrivano dal Tribunale di Milano, più volte ci è capitato di parlare di donne, madri, mogli e ragazze. Abbiamo provato a raccontare chi sono le donne che si affacciano alle aule dei tribunali, quali sono le vicende che le portano a chiedere l’accesso alla giustizia. Oggi, invece, vogliamo guardare all’altra faccia della medaglia – raccontandovi un’altra delle storie che, in questi giorni di lavoro al Tribunale di Milano, ci ha particolarmente colpito.

La scena iniziale ormai la conoscete: l’arrestato entra in aula con le manette ai polsi, scortato dagli agenti che lo conducono nella “gabbia”. Stamattina è il turno di un uomo alto, indossa un paio di jeans e un giubbotto di pelle. Dietro le sbarre, l’uomo si guarda intorno come a cercare di capire dove si trova; sembra parecchio scosso e, dal suo sguardo, è possibile immaginare che si stia chiedendo come ha fatto a finire lì.

L’udienza ha inizio: il giudice prende le carte, il poliziotto legge il verbale, l’imputato è chiamato a rispondere.

Italiano, 36 anni, nato a Rozzano e con licenza superiore. Alle spalle un passato nella ristorazione: le prime esperienze nel bar di famiglia durante gli anni dell’istituto professionale, poi un periodo come cameriere in una tavola calda. Da lì, qualche ristorante. E via dicendo. Contratti a tempo determinato, sempre regolari. Tasse sempre pagate. Verso i trent’anni, il matrimonio con la fidanzata. Dall’unione nascono due figli e la coppia prende una casa in affitto. La vita procede. E quando tutto sembra sistemato, all’improvviso, la situazione precipita. E’ il periodo del Covid, il lockdown impone nuovi equilibri. Le tensioni crescono. Per la ristorazione non è un buon momento, il lavoro inizia a mancare. I litigi in famiglia sono sempre di più. I soldi, sempre di meno. La moglie chiede la separazione. La sentenza di divorzio arriva nel 2023: i figli e l’ex moglie rimarranno nella casa in affitto, mentre l’uomo potrà trovare alloggio in un luogo a sua scelta. O, in alternativa, potrà tornare a vivere a casa dei genitori. Di quest’ultima alternativa, l’uomo non ne vuol sapere. Però, il lavoro ancora non c’è e i soldi per pagarsi un altro alloggio al momento mancano. E’ il dicembre 2023 – l’uomo decide di vivere nella sua auto. Cominciano mesi difficili. Il passato nella ristorazione diventa un ricordo, la possibilità di un impiego futuro è un miraggio che si allontana sempre di più. Comincia il periodo della vita in strada, arrivano le prime esperienze con gli stupefacenti.

Dal verbale, infatti, sappiamo che l’uomo è stato arrestato per questo: fermato davanti a un locale, è stato sorpreso con in tasca qualche grammo di anfetamine. “Lei spaccia?” “No, giudice” “Lei è tossicodipendente?” “Non credo, giudice” “‘Non credo’ nel senso che non è consumatore abituale?” “‘Non credo’ nel senso che le prendo da quando mi sono separato e dormo in macchina, giudice. Da quando faccio questa vita”.

L’uomo è incensurato: verrà rilasciato senza l’applicazione di misure di sorta. “Sa dove dormire, stanotte?”. L’uomo dice che, per queste prime sere, probabilmente tornerà dall’ex moglie.

E’ una storia come tante, quella che ci raccontano quest’oggi le aule del Tribunale di Milano: come riportava il Giorno poco tempo fa, oggi in Italia i padri separati sono quattro milioni – e di questi 800mila versano in condizioni di indigenza. A far fronte a quest’emergenza, a oggi, sono soprattutto il volontariato e l’associazionismo. Ma in questo settore, si sa, mai come ora le risorse sono poche e, con una percentuale del 94% di padri che soccombono nelle cause di separazione, secondo l’Eurispes è l’80% dei padri separati che non riesce a vivere con ciò che resta del proprio stipendio al netto di costi di separazione e provvedimento del giudice, e chi non ha un buon lavoro o familiari su cui contare spesso si ritrova alla mensa della Caritas per provare a procacciarsi anche solo un pasto caldo.

Il fatto è che, come sapete, il diritto di famiglia non prevede norme a tutela dei padri separati” ci spiega l’avvocata Giulia Sapi, Presidente della Commissione Persona, Famiglia e Minori dell’Ordine degli Avvocati di Milano “Infatti, dalla prima legge sul divorzio del 1970, l’intero impianto del diritto di famiglia è centrato sulla tutela del minore – tutela che, tradizionalmente, la giurisprudenza italiana legava alle madri. Ricordiamoci che la prima legge sul divorzio è stata adottata nel 1970, e di conseguenza la giurisprudenza si è polarizzata sul modello familiare degli anni ‘80: il divorzio era una pratica più residuale, gli stipendi erano più alti, nelle famiglie italiane lavorava soprattutto il papà. Così, in caso di separazione i figli venivano affidati alla madre, insieme all’assegno di mantenimento, e il papà aveva diritto a vedere i propri figli per un paio di weekend al mese (è il modello dei “weekend alternati”), o per una pizza in settimana. Poi, con la riforma, si è passati all’istituto dell’affidamento condiviso – anche se, chiaramente, la questione della casa familiare è rimasta”.

Continua Sapi: “Come il resto della disciplina, infatti, anche l’affidamento della casa è regolato sulla base dell’interesse del minore, cui dev’essere garantita continuità abitativa. Quindi, il figlio resta nell’habitat domestico – insieme a lui, il genitore che ci sta di più.”

Che spesso, ferma restando l’importante evoluzione della società negli ultimi anni (“E su questo, tenga conto che il Tribunale di Milano è già molto avanti – non sono certa che il quadro sia questo in tutte le aree d’Italia”), è ancora la madre. Che, quindi, ha diritto alla casa – anche se, come nel caso che vi abbiamo raccontato, ad affittare la casa erano stati entrambi i genitori.

“Il punto secondo me è che, comunque la si prenda, la separazione impoverisce. Per questo, in tutti modi, è importante cercare di trovare un accordo prima. Perché con la separazione, come si sa, da un nucleo solo se ne formano due. E questo vuol dire due case invece che una, quattro bollette invece che due. O si parla di famiglie con stipendi importanti – e a Milano, come dappertutto, è sempre meno il caso – oppure è chiaro che la situazione economica, in qualche modo, comunque si deteriora. E a pagarne il prezzo è il soggetto che, a seconda delle circostanze, è economicamente più fragile. Ma questo non dipende dal giudice, ne’ dal Tribunale. Anzi, le norme per venire incontro a situazioni di emergenza ci sono: basti ricordare che, ad esempio, il procedimento di famiglia è l’unico che prevede che le sentenze non passino mai in giudicato, in modo che il giudice possa sempre aggiornare le disposizioni a seconda delle circostanze concrete in cui versa la coppia in questione. Poi certo, l’impatto dei provvedimenti del Tribunale sulla vita dei singoli dipende dal singolo caso – ovviamente può sempre esserci la volta in cui il giudice, affidandosi alla giurisprudenza – che, come abbiamo detto, favorisce la madre – più che al caso concreto, prenda provvedimenti che possono risultare poco adatti alle circostanze specifiche. Ma questo” insiste Sapi “può accadere anche in tutte le altre aree del diritto e, come le ho detto, in generale in materia di diritto di famiglia la IX Sezione del Tribunale svolge un lavoro positivo.”

Stando a quanto ci ha spiegato Giulia Sapi, quindi, il problema non è lì. Sta di fatto che, ogni mese che passa, Milano diventa una città sempre più cara e, di conseguenza, sempre meno accessibile per molti.

E questo vale, come nel caso che vi abbiamo raccontato, a maggior ragione per i padri separati: del resto, a oggi di forme previdenziali specifiche o agevolate per la separazione non ne esistono, e gli ex coniugi che non possono contare su un welfare familiare solido o su ottime basi lavorative rimangono spesso soli. Così, come capita sempre più spesso, molti uomini giovani e meno giovani separati si ritrovano, da padri di famiglia, con le proprie certezze abitative completamente sovvertite e con poche prospettive per una nuova vita o una stabilità futura. Oltre che, più banalmente, senza un luogo caldo e sicuro dove tornare a dormire la sera.

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