Milano
#PrimarieMilano, dopo l’ultimo dibattito
Ero stato facile profeta quando, un paio di giorni fa, avevo scritto che Balzani, per poter rimontare su Sala, avrebbe puntato su due carte: cercare di convincere gli elettori di Majorino a passare dalla sua parte e sottolineare costantemente l’appoggio a lei dato da Pisapia. E così è accaduto, nell’ultimo dibattito a 4, in diretta radiofonica, finito poche ore fa a Radio Popolare.
Un dibattito molto più acceso rispetto a quello del Dal Verme e per certi versi – come ormai d’abitudine nel nostro paese – pieno di “politics” e povero di “policies”. In che senso? Pochi hanno parlato di progetti reali, di visioni del futuro ancorati alla realtà milanese, se non quelle generiche che tutti noi potremmo avanzare: voglio una città senza inquinamento, con più lavoro per tutti, con periferie meno degradate, con tante piste ciclabili, con maggiore ascolto della cittadinanza; una città europea, aperta agli scambi internazionali, integrata, dove non ci siano cittadini di serie B, partecipe, partecipata e antifascista. E felice. Certo, meglio che una città degradata, conflittuale, povera e inquinata. Siamo d’accordo.
Qua e là qualche piccola grande idea: 300 kilometri di piste ciclabili, fine del pavè in via Torino, centri culturali in periferia, traffico automobilistico al bando, tutti in bici o con i mezzi pubblici entro dieci anni. Ma il confronto si è animato soprattutto su elementi estranei al governo della città, sugli appoggi arrivati dall’alto (Renzi o Pisapia), sulla estraneità di qualcuno all’area di centro-sinistra, sulla prosecuzione dell’esperienza di Pisapia o sul suo superamento, senza che nessuno ci dicesse peraltro quali fossero i termini di riferimento. Come si è caratterizzato il governo della giunta uscente? Quale la visione della città futura metropolitana di Pisapia? Un mistero, sia per i candidati attuali che per noi milanesi.
Si sa, Milano è cambiata in questi ultimi anni (per molti in meglio, per alcuni in peggio) senza che però il merito sia attribuibile a qualche deciso e decisivo intervento politico o amministrativo. E’ cambiata, verrebbe quasi da dire, nonostante la politica che, di buono, negli ultimi anni, ha fatto certo almeno una cosa importante: pare che nessuno abbia rubato. E forse questo è già qualcosa. Ma di veri e visibili progetti di cambiamento urbanistico, economico, occupazionale o di decentramento se ne è vista soltanto l’ombra.
Dunque, il dibattito. Chi lo ha vinto questa volta? E chi ha destato la migliore impressione? Ne parlo da osservatore, lontano dalla competizione, dal momento che il mio ticket ideale di riferimento è quello della coppia Rutelli-Gentiloni della Roma del 1997, oggi ricordata da tutti come l’ultimo dei governi capitolini che ha realmente funzionato.
Mi pare che nel confronto odierno non ci siano stati vincitori, ma c’è stato sicuramente un perdente. Balzani è apparsa per tutta l’ora e mezzo di dibattito costantemente proiettata a denigrare il suo principale avversario, Sala, interrompendolo addirittura mentre parlava, rinfacciandogli ad ogni piè sospinto l’alleanza di Renzi con Verdini, il tentativo di far nascere a Milano il famigerato Partito della Nazione, una candidatura piovuta direttamente dal Presidente del Consiglio, mentre lei, lei sì, aveva dalla sua parte il gotha dei candidati sicuramente di sinistra delle precedenti primarie milanesi: il trio Pisapia-Boeri-Onida. Uniti nella lotta contro il male. Dimenticando che di Boeri, cinque anni orsono, molti dicevano più o meno le stesse cose che oggi dicono di Sala.
E poi, una corte spietata a Majorino: devi ritirarti, la tua presenza permetterà ad una destra camuffata di vincere a Milano. E se farai il bravo, e non correrai in queste primarie, ti prometto un posto da vice-sindaco. Senza di te, io vincerò e tu potrai essere al mio fianco. Mentre sentivo il dibattito, mi è balenato nella mente un accostamento poco carino: l’atteggiamento di Balzani contro Sala ricordava quello di Letizia Moratti contro Pisapia nelle precedenti elezioni. Non le ha portato bene, come sappiamo.
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