Milano
Dieci anni per l’inutile rogatoria su Mediaset dall’Irlanda all’Italia
Alcuni processi hanno il dono di far tornare giovani e freschi di toga avvocati e magistrati. All’udienza d’appello del caso Mediatrade, imputati Pier Silvio Berlusconi e Fedele Confalonieri per frode fiscale, all’improvviso ci si è trovati a correre tra i vedi prati d’Irlanda 11 anni fa. Era il 2005 e la Procura di Milano chiedeva assistenza giudiziaria a Dublino per avere informazioni su alcune società ritenute coinvolte nella compravendita dei diritti televisivi e cinematografici attraverso la quale Mediaset avrebbe costruito una gigantesca frode al fisco. Per anni non se n’è saputo più nulla. Qualche anno dopo, Silvio Berlusconi, all’epoca premier, è stato condannato nel processo Mediaset, ‘papà’ di Mediatrade, e per evitare il carcere ha dovuto ballare con le vecchiette in casa di cura.
A processo già iniziato, il pm Fabio De Pasquale, che si è fatto applicare come pg, ha visto atterrare nel suo ufficio la benedetta rogatoria, nel frattempo passata addirittura al vaglio della corte suprema irlandese. Roba scottante, si dirà. Sul punto, le versioni di accusa e difesa divergono. Per Niccolò Ghedini, avvocato di Berlusconi junior, il processo d’appello avrebbe dovuto fermarsi oggi per lasciare il tempo alle difese di analizzare le carte dalle quali, a suo dire, sarebbe emersa la prova definitiva dell’innocenza degli imputati, già sancita in primo grado. De Pasquale ha obbiettato che gli esiti della rogatoria sono ormai “del tutto irrilevanti” perché, a causa della sua “lunghezza spropositata”, il teste – chiave sentito dagli irlandesi, ha detto di non ricordare più dove ha messo i documenti interessanti per l’inchiesta italiana. E’ finita che i giudici hanno respinto la richiesta delle difese lasciando così spazio alla requisitoria di De Pasquale che ha chiesto la condanna, tra gli altri, di Berlusconi junior e Fedele Confalonieri. Goodbye, Irlanda e giovinezza.
Manuela D’Alessandro
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