Milano
Democrazia Minima, crisi della rappresentanza e social media
Esiste un quantitativo, una soglia minima di democrazia, sotto la quale possiamo scientificamente deliberare che la rappresentatività democratica è venuta meno a favore del populismo? La frammentazione dell’identità democratica europea ha nei social media una leva che scardina o rafforza il concetto di democrazia? Se n’è parlato in un Forum organizzato a Milano dalla Fondazione Feltrinelli dal titolo “Democrazia Minima” e dall’Osservatorio sulla Democrazia diretto da Nadia Urbinati. Presenti professori, ricercatori, giornalisti, esperti di comunicazione, sindacalisti , politici, parti sociali. Molte le riflessioni e gli spunti. Tra queste quelle del professor Wolfgang Merkel,direttore dell’unità di Ricerca di Democracy and Democratization, la cui ricerca ha mostrato due cose: intanto come all’aumentare della giustizia sociale diminuisca il populismo. In secondo luogo come la divisione tra globalisti e comunitaristi ha divaricato i modelli sociali e politici: tra i fautori di politiche di migrazioni e di scambio, nel primo caso, e di chiusura delle frontiere e di politiche protezionistiche sul piano economico, nel secondo. Il che implementa dentro l’agone politico, condizioni di mobilità o immobilità o di sviluppo ed espansione , oppure di reazioni collettive di chiusura e di paura.
Più interessante ancora, dentro quest’analisi, il contributo offerto tra i tavoli organizzati in mini dibattiti. Quello che è emerso infatti – in un gioco inconscio ad incastro che mostra come una collettività si costituisca attraverso il contributo di elementi diversi – è la perfetta simmetria tra il tavolo in cui si è analizzato il rapporto tra imprese e lavoro e quello in cui si è affrontato il tema della comunicazione e dei social media. Ne è emerso infatti che tra i rappresentanti del commercio, ad esempio, il bisogno di mediare sulla disintermediazione, è giudicato elemento fattivo per impedire di implementare forza lavoro all’interno della categoria commerciale, priva di un contesto di regole. Il che ha simmetricamente trovato una sua piena rappresentanza anche nell’analisi fatta sullo sviluppo dei social media. I quali sono percepiti come strumento partecipativo da parte della gente comune, ma incapace di dare un reale contributo ad un orizzonte culturale e politico leso da un uso egotico della leadership, che diventa quindi apologia narcisistica di una progettualità politica, privata di un orizzonte culturale e ideale. Dunque i social media rischiano di divenire rappresentazione paradigmatica di una frattura della democrazia rappresentativa e che la democrazia diretta non è in grado d’intercettare, o di trasformare attraverso i social. I quali si prestano, a loro volta, in questo modo a divenire strumenti della stessa vita politica, generando un inconscio caos rappresentativo che può generare una patologia della democrazia.
Il tavolo di discussione su social media e politica
Wolfgang Merkel
Tra cosmopolitismo e comunitarismo
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