Innovazione
Dattoli: “Sei anni di Talent Garden, il semplice coworking non ci basta più”
Quando si cammina negli ampi spazi del Talent Garden (Tag), a due passi dallo Scalo di porta Romana a Milano, ogni tanto si fatica a credere che un giovane di soli 26 anni sia stato il motore della più grande rete di coworking di tutta l’Europa dedicata all’innovazione digitale. Eppure Davide Dattoli e i suoi collaboratori, partiti da Brescia, hanno aperto altri diciotto campus in sei paesi europei, in cui oggi lavorano in rete oltre 1800 professionisti e talenti del digitale. Sei anni sono un buon tempo per un primo bilancio.
Davide, com’è nato il primo Talent Garden?
Talent Garden nasce dall’idea di provare a costruire un luogo fisico dove mettere insieme persone che si occupano di digitale, di tecnologia e di creatività. Abbiamo ragionato sul fatto che nel nostro paese c’erano, ci sono tante realtà interessanti, talenti, persone di valore ma che ognuna di loro è sparsa ad un tot di kilometri di distanza. Questo è forse il motivo per cui, poi, c’è anche la tendenza ad andare all’estero, da Londra alla Silicon Valley, perché c’è poco ecosistema intorno a questi talenti che spesso non trovano le condizioni per esprimersi concretamente al meglio. Da questa idea siamo partiti a Brescia, mettendo insieme una cinquantina di persone in un in un luogo fisico, un campus, e in questi sei anni quasi ne abbiamo costruiti altri diciotto in sei paesi europei diventando la più grande rete europea di coworking dedicata all’innovazione digitale. Abbiamo messo insieme più di 1800 persone, 450 aziende, che vanno dal libero professionista, alla start up, alla grande impresa o start up internazionale come Uber, Deliveroo, Tesla, che mettono all’interno dei Tag i loro team.
Ma Talent Garden oggi non è solo una rete di coworking.
No, nel frattempo frattempo Talent Garden è diventato anche un vero e proprio campus basato sul concetto di “work, learn and connect”, quindi da una parte tu talento lavori negli spazi di coworking, dall’altra hai la possibilità enorme di relazione poiché organizziamo ogni anno più di 500 eventi che hanno l’obiettivo del connettere tra di loro tutti gli innovatori digitali con i territori e le imprese tradizionali. Inoltre abbiamo istituito la Tag innovation school, quindi offriamo e realizziamo formazione, perché ci siamo resi conto che molti dei “nostri” innovatori erano autodidatti. Abbiamo costruito la prima scuola di formazione del digitale in Italia.
A proposito di grandi aziende, come nasce la collaborazione con Eni?
Eni sta lavorando molto sul tema dei dati e della loro importanza all’interno dell’azienda, sia dal punto di vista della reputazione, cioè del come come utilizzare e capire attraverso questi dati la reputation, sia dal punto di vista di come la grande quantità di dati di cui il Gruppo dispone possano essere utilizzati, incrociati, letti per prendere decisioni di business in modo diverso. La cosa più bella è che nel lavorare su questi temi Eni si è resa conto di non poterlo fare da sola, in modalità tradizionale, e allora si è aperta cercando di costruire un progetto innovativo, e un vero e proprio team che ha deciso di trasferire da noi, e non in una della sue sedi. Reciprocamente, abbiamo messo così a disposizione l’uno dell’altro una serie di strumenti diversi. Insieme abbiamo costruito una community che lavora sui dati, abbiamo avviato un corso di formazione sull’analisi dei dati, dove gli studenti hanno lavorato sui progetti Eni, e poi su alcuni eventi per cercare di raccogliere tutti i talenti e gli specialisti della materia.
Immagino che avendo costruito una realtà così di successo come Talent Garden, oltre che con il settore dei privati, tu abbia avuto modo di interfacciarti negli anni con le istituzioni e la politica. Che idea ti sei fatto del potere italiano?
Mi fai una domanda difficile. Ma ti racconto questo aneddoto. Quando abbiamo avuto l’idea del primo coworking a Brescia, la prima cosa che ci era venuta in mente era stata quella di andare in Comune. Abbiamo avuto un incontro e la risposta è stata “ragazzi, il progetto è bellissimo ma come pubblica amministrazione non possiamo supportare un centro sociale”. Il tema vero è che abbiamo capito che era molto più efficace trovare piccoli imprenditori che, pur capendone poco di digitale, avevano però voglia di investire qualche soldo in progetti innovativi. Noi siamo cresciuti grazie ad un supporto privato che è il vero fulcro del nostro Paese. Poi in seguito con le istituzioni i rapporti sono migliorati. Ci siamo sentiti valorizzati, si crea valore e quindi relazioni. Abbiamo avuto il Presidente Mattarella in visita al Talent Garden di Torino con la Fondazione Agnelli.
Avendo sedi in diverse città italiane, che differenze noti tra Milano e il resto di Italia?
A dire il vero io la prima differenza che percepisco, non è tra le varie realtà italiane ma tra Italia ed Europa. Noi siamo in sei diversi paesi europei. In Europa a differenza che in Italia ogni paese ha una città che diventa il fulcro dell’innovazione digitale. Il nostro pregio o difetto è quello che da noi l’innovazione si fa a Milano, ma si fa anche a Roma, a Torino, in modo diffuso.
Eppure spesso si sente raccontare Milano come modello da replicare altrove, sia dal punto di vista politico che di innovazione culturale, d’impresa.
Di sicuro è la città più stimolante da questo punto di visto e in cui abbiamo circa il 30% della nostra community, a livello italiano. Ma ti assicuro che noi troviamo tantissimo valori in quegli ecosistemi che chiamiamo più secondari. Ad esempio Cosenza, grazie alla collaborazione con l’università, in cui abbiamo una forte community. Oppure siamo in paesi come la Lituania, l’Albania e la Romania, che non vengono mai visti come elementi innovativi ma che in realtà non è così. Grazie al digitale noi di fatto stiamo smaterializzando il “dove stai”. Puoi stare in Lituania, frequentare un’università, imparare l’inglese e lavorare da tutte le parti, entrando in connessione, come per mezzo di un Tag, con chi può supportarti nel realizzare la tua professione e i tuoi progetti.
Che bilancio faresti, dal punto di vista umano ma anche professionale e poi finanziario, di questi sei anni?
Sono stati sei anni incredibili. Siamo partiti avendo l’idea di costruire un luogo in cui mettere insieme la gente più interessante in materia di innovazione digitale a Brescia, nel nostro territorio, volendo costruire un posto in cui crescere, far partire progetti diversi. Invece poi la realtà dei Tag ha funzionato benissimo e allora ci siamo focalizzati sull’aiutare altre città, altri ecosistemi a crescere, a replicare questo modello. Oggi siamo una settantina di persone a lavorare per Talent Garden, è un progetto che ha raddoppiato anno su anno, numero di sedi, di abitanti, fatturato, ma soprattutto che c’ha permesso di conoscere migliaia di persone che sono forse la parte più bella del paese e dell’Europa in generale, perché hanno idee, energia e carica e la mettono a disposizione fondando aziende, star up, portando avanti progetti innovativi. Ogni giorno ti danno e lasciano qualcosa in più. La maggior parte dei ragazzi che ha studiato da noi, peraltro, oggi ha un lavoro. Sono circa 300 e il 98% lavora, quindi questo ci dà enorme soddisfazione.
E dal punto di vista aziendale?
Siamo cresciuti tantissimo. Quest’anno arriveremo a circa una decina di milioni di fatturato. Come management noi abbiamo circa il 50% della società. Per il resto, sia a livello centrale che su diversi territori, abbiamo coinvolto imprenditori e imprese che si sono appassionate a questo progetto. L’anno scorso abbiamo avviato un grande round di investimento coordinato da Tamburi Investment Partners, che ha proprio questo concetto di mettere insieme molte famiglie che supportano nuove aziende e nel quale abbiamo lanciato un piano di investimento da 12 milioni di euro.
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