Commercio
Dal baule della nonna
Cecilia Cottafavi è una venticinquenne di Milano con la passione del vintage, che ha saputo trasformare questo suo interesse in un’attività lavorativa (creando un team con un proprio blog “www.maertensmilano.com”), e in un libro: A qualcuno piace il vintage, edito da Bookabook lo scorso anno. Dal primo approccio adolescenziale alla moda anni ’70, vissuto con un esitante desiderio di trasgressione e di non omologazione, Cecilia dopo il liceo ha sviluppato una consapevolezza ideologica che l’ha portata ad approfondire la storia del vintage anche dal punto di vista del mercato finanziario, della sostenibilità ambientale e dello sfruttamento dei lavoratori tessili nel Terzo Mondo. Se il suo libro è pensato soprattutto per un pubblico milanese, nel blog offre alcune mappe e percorsi di negozi in altre città italiane ed europee, dato che proprio nei paesi nordici è nata, si è sviluppata e diffusa capillarmente la tendenza di vendere ed acquistare l’usato.
Nel volume illustrato, la dettagliata introduzione si sofferma sulla definizione di vintage, che va riferita a capi di vestiario o a oggetti creati almeno una ventina di anni fa, mentre per second hand si considerano articoli acquistati e rivenduti nell’arco di poco tempo, dopo un evidente utilizzo o consumo. Viene spiegata la differenza tra charity shop, thrift store e vintage shop, dove il primo termine indica un’attività di raccolta e vendita a scopo benefico, senza fini di lucro, il secondo si riferisce a “esercizi commerciali delle occasioni/degli affari” con fascia di prezzo bassa, e il terzo al negozio che vende articoli realmente vintage. Si approfondiscono poi i significati di terminologie affini a questo tipo di attività: customizzare un capo significa apportargli delle modifiche, personalizzarlo tramite disegni, tagli, ornamenti vari; il “conto vendita” è il metodo piuttosto diffuso con cui i privati possono portare il proprio usato al negozio, ottenendo il 50% del prezzo di vendita; il vintage washing è la deprecabile pratica attraverso cui alcuni marchi fast fashion imitano i prodotti vintage servendosi di materiale più scadente; fare decluttering è la sana e consigliabile abitudine di creare spazio, eliminando ciò che non serve più attraverso donazioni, scambi, regali.
La parte che risulta più interessante agli acquirenti del vintage, è la guida vera e propria ai numerosi negozi di Milano, concentrati per lo più in tre zone (Navigli e Colonne di San Lorenzo, Brera, Centro Duomo-San Babila). Dopo aver catalogato per sesso, stile e disponibilità economica tre differenti categorie di clienti in cui rispecchiarsi per trovare il negozio più adatto al proprio carattere e portafoglio, si elencano non solo negozi di abbigliamento (con indirizzo, orari, telefono, mail, Instagram, genere di articoli e fasce di prezzo), ma anche rivendite, botteghe, magazzini, empori che commerciano vinili e dvd, libri, mobili, occhiali, accessori, tessuti, giocattoli, poster, strumenti musicali, e poi bar, ristoranti, gelaterie, pasticcerie dall’arredamento e dai prodotti d’antan.
Cecilia si prodiga anche in consigli per gli acquisti: misurare bene la taglia, controllare eventuali difetti o macchie, confrontare i prezzi, esaminare le etichette. Inoltre, redigendo un cospicuo indirizzario di negozi vintage online, spiega come pubblicizzare i propri prodotti, come fotografarli, spedirli e contrattare sul prezzo.
Insomma, un vero e proprio invito al riciclaggio di ciò che si possiede, ricordando il memento della giornalista britannica Lucy Siegle: “Fast fashion isn’t free. Someone, somewhere is paying”, perché non è tutto oro quello che luccica, e aldilà delle vetrine più lussuose esistono altre realtà da tenere in considerazione.
CECILIA COTTAFAVI, A QUALCUNO PIACE IL VINTAGE
BOOKABOOK, MILANO 2021, p. 167
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