Milano
Da impresentabili a fenomeni: perché preoccupa il raduno neonazista di Milano
Il raduno nazifascista di Milano di sabato 20 dicembre, promosso da Forza Nuova, potrebbe essere derubricato come un incontro di estremisti vogliosi di ostentare vecchie ideologie. La speranza è che effettivamente si riveli un’operazione nostalgia. Ma oltre agli auspici non si può far finta di nulla e guardare con indifferenza il ritrovo milanese. Perché quelli che oggi sembrano gli impresentabili di estrema destra, domani potrebbero diventare i “nuovi fenomeni” dei palcoscenici politici.
Negli ultimi anni, infatti, si sta creando quell’effetto assuefazione rispetto a certi ragionamenti sui migranti, sui costumi e sulle libertà (anche di genere). Il tutto riecheggia come il più classico campanello d’allarme con la complicità del momento favorevole ai messaggi semplici e diretti, che fanno leva sulla rabbia più che sulla ragione. La considerazione non scaturisce da una mera osservazione sociale. C’è anche una questione che si sostanzia nella politica a livello europeo.
All’appuntamento dei “Movimenti nazionalisti dei popoli europei” sono stati invitati i greci di Chrysí Avgí (la famosa Alba Dorata), gli svedesi dello Svenskarnas Parti (da non confondere con i Democratici Svedesi), gli spagnoli di Democracia Nacional (nostalgici del regime franchista) e i tedeschi della Nationaldemokratische Partei Deutschlands (i neonazisti della Npd).
I nomi, per fortuna, non dicono molto: l’unico ad avere un vero peso politico nel proprio Paese è Chrysí Avgí, i neonazisti di Alba Dorata tanto chiacchierati negli ultimi periodi in Grecia. E che, nonostante il ridimensionamento mediatico subito a causa dei problemi con la Giustizia, alle Europee hanno preso quasi il 10%. Dunque se gli altri non valgono niente, perché preoccuparsi? Basta una storia: Chrysí Avgí era un’accozzaglia nazistoide con meno dello 0,5% di voti nel 2009. In tre anni ha più che decuplicato i consensi, diventando il paradigma degli impresentabili che si trasformano in fenomeni politici.
La manifestazione dei “movimenti nazionalisti” incute delle preoccupazioni a medio-lungo termine. Le dinamiche in atto raccontano come alcuni partiti attigui dal punto di vista ideologico stiano avanzando. Per esempio in Svezia lo Sverigedemokraterna, meglio noto come i Democratici Svedesi (il nome non inganni), ha conquistato oltre il 12% dei voti alle ultime elezioni, propugnando lotta all’immigrazione e assumendo posizioni islamofobe e xenofobe. Appena 12 anni fa, nel 2002, i Democratici Svedesi avevano conquistato l’1.4%, facendo segnare allora il miglior risultato di sempre. Una situazione non troppo lontana dallo Svenskarnas Parti, che sarà presente a Milano: oggi è fermo a percentuali da prefisso telefonico, domani chissà. Intanto è attivo come una forza estremista messa ancora più a destra di un partito considerato ipernazionalista.
Questi due esempi così lontani – sia culturalmente che geograficamente – possono bastare a rendere l’idea che, per paradosso, il nazionalismo non conosce confini. Il mix di elementi, come crisi economica, aumento dei flussi migratori e instabilità politica accresce il fascino delle posizione populiste dal Nord al Sud Europa. Il seme dell’islamofobia e dell’eurofobia può far fiorire o rigenerare partiti abili a spacciare l’ideologia estremista come qualcosa “di nuovo” sul mercato politico.
E come sintesi della storia, c’è un cognome che funge da promemoria: Le Pen. In Francia Jean-Marie Le Pen era considerato un impresentabile con il suo Front National. Ma è bastata un’operazione di maquillage per rendere l’estrema destra francese un fenomeno dirompente. Tanto che Marine Le Pen sogna l’Eliseo.
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