Milano
«Così stiamo migliorando l’esperienza del passeggero a Linate e Malpensa»
Code, ritardi, bagagli persi sono l’incubo di chi viaggia in aereo e capitano più spesso nei periodi di massimo traffico come quello estivo. I passeggeri sono soddisfatti della propria esperienza in aeroporto, a Malpensa e Linate? Che cosa fa il gestore aeroportuale per migliorarla? Ne parliamo con Giorgio Medici, Head of Customer Care di SEA.
L’aeroporto è un luogo particolare, ci dice Medici, perché il gestore non ha il “comando” della situazione, anche se il passeggero lo ritiene sempre responsabile di quello che succede. In aeroporto operano soggetti diversi, dalle linee aeree alle società di handling, quelle che maneggiano fisicamente i bagagli, indipendenti dal gestore aeroportuale SEA, per non parlare della Polizia, che ovviamente risponde alla propria gerarchia e non certo a SEA. Tuttavia, se le code al controllo passaporti sono lunghissime, se il bagaglio arriva in ritardo o peggio non arriva, perso all’aeroporto di partenza o in quello di scalo intermedio, il passeggero riterrà responsabile “Malpensa” o “Linate,” cioè il gestore aeroportuale SEA.
«Negli aeroporti non c’è un capo e se un passeggero si imbarca nell’aereo col suo bagaglio, parte puntuale e tutto funziona correttamente è perché ci sono tanti soggetti che si sono coordinati tra di loro. Se tutto funziona è perché sono stati rispettati gli accordi commerciali, ci siamo coordinati e sono state rispettate le regole. Non c’è un amministratore delegato dell’aeroporto a cui anche l’ultimo operaio risponde, ci sono enne soggetti. Fino a vent’anni fa era diverso, SEA faceva tutto, poi dal ’94 in poi c’è stata la frammentazione [decisa dall’Unione Europea per introdurre la concorrenza], ma il gestore resta il soggetto che di fronte allo Stato, all’ENAC, di fronte al passeggero è il responsabile del livello del servizio che viene erogato in aeroporto. SEA ha un rapporto con le linee aeree, con le società di autonoleggio, con chi gestisce negozi, bar e ristoranti, ma con gli enti di Stato il gestore non ha potere diretto di intervento, anzi è nella posizione di soggiacere alle Autorità, nel migliore dei casi può negoziare con loro. Ha un ruolo riconosciuto perché è garante delle regole, ad esempio noi abbiamo il regolamento di scalo, dove c’è scritto anche il limite di quanto dovrebbe stare in coda in aeroporto un passeggero, che in altri aeroporti non c’è».
Quindi il tempo massimo di coda è un obiettivo che il gestore si è dato?
«No, ma ha definito delle regole per dire alla Polizia: sei anche tu parte del sistema quindi se ti do un numero adeguato di banchi per fare il controllo del passaporto in funzione del traffico, tu devi metterci gli agenti che servono».
Però poi sono loro a decidere se metterli o meno.
«Assolutamente sì. Dobbiamo tener presente della complessità del lavoro della Polizia, specialmente in questi tempi. Ma nonostante questo a Malpensa la Polizia, da agosto 2015 si è resa disponibile a monitorare i tempi di attesa al controllo passaporti. Siamo il primo aeroporto in Italia».
Come fate a misurare i tempi della Polizia?
«Non proprio quelli della Polizia, ma della coda davanti alla Polizia, così come della coda ai controlli di sicurezza [che sono gestiti da SEA]. Misuriamo il tempo di attesa dei passeggeri, registrando il passaggio degli apparecchi elettronici, dei loro device Wi-Fi o Bluetooth, e così calcoliamo quanto tempo è stato in coda il passeggero. Misuriamo quali sono i livelli di performance, sia della cosiddetta qualità erogata, cioè i tempi, la cadenza produttiva, che la qualità percepita, intervistando su una serie di aspetti i passeggeri, che ci rispondono, su una scala da 1 a 10. quanto sono contenti della loro esperienza in aeroporto. Misuro, analizzo e capisco dove sono. Studio l’aspettativa e progetto servizi, indirizzo l’evoluzione dei servizi in aeroporto. Dico all’aeroporto quali sono le cose che per il passeggero sono scontate, quali sono le cose su cui veniamo valutati e quali sono le cose che, se le facciamo, il passeggero è contento tanto da rimanere sorpreso e ci dice “Wow, questo aeroporto è speciale!” Perché lo facciamo? Perché abbiamo degli obblighi, dal 2002 esiste la carta dei servizi, con cui ogni aeroporto dice ai passeggeri: io mi do questi obiettivi di erogato e percepito se non li rispetto sono sanzionabile. Il primo obiettivo è quindi non essere sanzionato da ENAC che mi valuta. Secondo aspetto che nasce nel 2011 è il contratto di programma e questi risultati influiscono anche come bonus o malus sulle tariffe. Se garantisco il risultato ho la tariffa concordata, se faccio meglio guadagno qualcosa, se faccio peggio mi si abbassa la tariffa. Poi c’è tutta la cultura degli aeroporti ormai consolidata negli ultimi anni, banalmente un minuto in meno di coda ai controlli di sicurezza è un minuto in più che il passeggero spende nella zona negozi, se è sereno sarà più contento di guardare dentro alle vetrine e a portare a casa qualcosa. Che cosa ci importa di farci conferire il Best Airport Award? Importa perché dice che se dal 2012 SEA ha cominciato a chiedersi che cosa ha un effetto positivo sul passeggero. Cambiamo i pavimenti da nero a lucido, le luci da scure a chiare, passiamo dal legno all’acciaio… dimezziamo i tempi ai controlli di sicurezza, con quali conseguenze? Vuol dire che a parità di altre cose Emirates preferisce volare a Milano piuttosto che in un altro aeroporto. È incoraggiata perché trova un ambiente più vicino al suo…».
Come operate?
«Abbiamo sistemi per misurare queste cose, la qualità erogata l’abbiamo detta, si va, si misura, ci sono i sensori, tanti pezzi, tanti minuti, tanto tempo. Sul percepito si va a interviste. Due sistemi in parallelo. Lo facciamo con l’introduzione del modello tipicamente anglosassone che è il Customer Satisfaction Index. Poi facciamo il benchmark e lo facciamo con duecento aeroporti che raccolgono interviste e si confrontano tra di loro, fatti salvi i gap e le distorsioni culturali vale la pena confrontarsi. Gli aeroporti francesi, greci e mediterranei fanno fatica a emergere rispetto ai colleghi nordeuropei per il tipo di persone che ci transitano. Per esempio, se prendo il giudizio degli stranieri su Malpensa T1, loro danno voti molto più favorevoli degli italiani. Se ci votassero solo gli stranieri avremmo lo stesso voto di Amsterdam su Malpensa T1, ma dato che abbiamo il 60% di italiani scivoliamo un pochino più indietro e siamo sotto Amsterdam».
Pesa la distanza di Malpensa da Milano o il fatto che i gusti sono diversi?
«No, no. L’Italiano il Francese, lo Spagnolo, e il Greco sono critici, a parità di condizione, e danno voti peggiori del Tedesco, dello Svedese. La questione è culturale».
Ma si rivolge ad alcuni aspetti in particolare?
«No, su tutto. Gli Italiani sono sofisticati. Per esempio, Mosca Sheremetyevo è un brutto aeroporto che però è al top delle valutazione, ma lì gioca l’orgoglio russo. Non perché Putin ti spara se dici che non va bene, c’è questo concetto russo per cui ti dico che quello che è mio è bello. Gli Italiani fanno il contrario, però questi sono i clienti che abbiamo e su di loro dobbiamo lavorare. Il Terminal 1 di Malpensa è in linea con l’Europa e per certi aspetti ha superato i concorrenti, non è ancora tutto completato però siamo a buon punto. Vai a vedere dove i passeggeri sono in stato d’ansia, se tu lavori lì e migliori sicuramente ottieni un risultato. Il passeggero ha tre punti di ansia, il viaggio da casa all’ aeroporto, i controlli di sicurezza e quelli dei passaporti. Se tu fai azioni su queste tre cose, sulla security e al ritorno, al ritiro bagagli e ai passaporti, ottieni i risultati. Se tocco i controlli di sicurezza, come a Malpensa devo rifare l’architettura, luce, spazio, rifare i processi, gestire bene le code, allungare gli spazi, evitare la compressione delle persone, e lavorare sugli operatori. Quando a Malpensa tre settimane fa la prima cosa che mi hanno detto è stata Buongiorno, allora ho detto “è perché successo qualcosa”. Sono dei bravi addetti alla sicurezza, ma se ringrazi, saluti è anche più facile fare i controlli. Pezzo su pezzo, questo è il lavoro. Iniziato nel 2011, poi premio dell’industria a giugno 2015 e a settembre già vedevamo, finalmente, i dati che miglioravano in maniera stabile».
Due domande, la prima sul treno. A dicembre arriverà il Malpensa Express anche al Terminal 2 di Malpensa, un terzo in più dei passeggeri potrà avere il servizio ferroviario. Cambierà molto?
«Sì, la navetta bus dal Terminal 1 al Terminal 2 resta una navetta che si confronta col treno e non tutti i passeggeri la apprezzano».
Di cosa si lamentano adesso di più i clienti? Cosa vi resta da fare?
«Noi riceviamo 650 reclami all’anno e sono pochini, la metà di quella di Monaco per numero di passeggeri. Molti sono legati ai bagagli smarriti che sono però un fenomeno indotto. Se io arrivo a Milano e non trovo il bagaglio o lo trovo rotto o manca qualcosa, può darsi che sia successo qua mentre lo scaricavano, come può essere successo nell’aeroporto di partenza o di transito. Ci sono anche problemi che nascono dall’e-commerce, dalla vendita dei servizi su internet, alcuni passeggeri reclamano perché hanno pagato due volte, perché non hanno capito e vanno gestiti anche questi disservizi. Capitano problemi ai controlli si sicurezza, capitano i danneggiamenti anche se sono diminuiti con le vaschette nuove, alcuni si lamentano della pulizia…».
Parliamo di riconsegna dei bagagli e di handler, che cosa succede quando si alza la soglia dei lamenti, mandate il feedback dei passeggeri o non lo vogliono neanche sentire?
«Noi ci riuniamo almeno una volta al mese per queste cose, con ENAC presente e con le compagnie aeree presenti. Periodicamente ci sono handler che vanno in crisi e non rispettano gli obiettivi. La posizione ufficiale di SEA è che siamo favorevoli all’idea di ENAC di ri‑regolamentare parzialmente l’handling. Una delle criticità più grosse è la continuità di servizio e la gestione dei casi critici. Non aver dato al gestore poteri nei confronti degli handler causa il fatto che se c’è una situazione di crisi, in cui vengono dirottati da Linate a Malpensa o da Malpensa a Linate dei voli seguiti da un handler minore, si fatica a sbarcare i passeggeri, perché quel piccolo handler non ha il presidio in entrambi gli aeroporti o in quell’ora e in quel momento non doveva esserci. SEA ha un accordo con Airport Handling, che ha la massa critica per intervenire sempre, però lo farà soltanto dopo aver finito di servire le linee aeree sue clienti. In quelle situazioni l’ordine è sbarcare presto i passeggeri, ma i bagagli quando si può».
Quale sarebbe la situazione ideale?
«Come SEA vorremmo avere accesso ai contratti tra gli handler e le compagnie aeree, almeno per quanto riguarda quei parametri, quei livelli di servizio sui quali poi SEA deve rispondere dell’efficienza dell’aeroporto. Oggi io mi accorgo di un problema quando è successo e poi magari scopro che una compagnia ha contrattualizzato che vuole come coda al check‑in un massimo di 34 minuti. Come SEA non sono contento, perché il mio aeroporto ha altri obiettivi, ma la compagnia dice che va bene così perché vuole indirizzare i passeggeri al chiosco di self check-in e SEA lo scopre solo quando riceve i reclami».
Forse va usato anche il bastone.
«Il problema è che il potere sanzionatorio di SEA è nullo. Oggi può solo fare la segnalazione a Enac, che fa l’istruttoria e decide se dare la sanzione. Funzionerebbe meglio se SEA stessa potesse irrogare la sanzione, lasciando a chi è stato colpito la facoltà di fare ricorso all’ENAC. Questo è un problema italiano, a Londra Gatwick ad esempio l’aeroporto è investito anche dei compiti di regolatore».
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