Enti locali
Cosa c’è in gioco, la compagnia delle Opere lo sa
Erano migliaia, in un palazzetto (Alliance Palace di Piazzale Stuparich a Milano) gremito per buona parte. Malgrado il freddo, malgrado i giorni della merla, malgrado l’orario.
C’è una comunità che percepisce l’appartenenza come un modo di sentire la vita in comune, come spiega nel suo prologo un giovane ragazzo che – nella tradizione delle scuole di comunità di Comunione e Liberazione – introduce la serata con un ‘canto’ del tutto particolare: Giorgio Gaber e ‘l’appartenenza.’ Giorgio Gaber di ‘Io se fossi Dio’ e di ‘Qualcuno era comunista’.
Con un rovesciamento delle parti, per una volta, sono i politici a stare zitti e ad ascoltare. Azione di sanità culturale e politica, quasi dadaista. In un cliché in cui si rovescia appunto il paradigma. La società civile racconta la realtà che i politici dovranno, se capaci, provare a trasformare.
La serata è introdotta dalla Prof.ssa Lorenza Violini docente di Diritto Costituzionale alla Università Bicocca di Milano. Nel solco dell’improvvisato dadaismo politico ambrosiano, la Violini introduce il tema della sussidiarietà come “superamento del concetto di concorrenza”, deragliando dai temi classici della Compagnia delle Opere, che sulla surroga del pubblico attraverso il privato, costruisce la restante parte della serata. Il Prof. Lorenzo Mantovani, ordinario di Igiene e Sanità Pubblica alla stessa università, invoca un cambiamento di paradigma nella sanità, passando da “un concetto di tutela dell’ organismo all’organizzazione”, e dalla complicazione alla complessità come metodo; anche se difende la Lombardia vittima, durante la pandemia, “di uno scoppio di una bomba”. Già rimossa la mancata organizzazione e messa a terra dell’obbligatorio piano pandemico.
La palla è quindi passata al prof. Francesco Magni, ricercatore di pedagogia all’Università di Bergamo che ha perorato il pluralismo educativo, la scelta della formazione tecnica, già eccellenza lombarda – ha detto – ma anche l’eretica visione della tecnologia a scuola. Non come sussunzione e abiura al ruolo pedagogico della stessa, ma come integrazione di un processo trasformativo del ruolo dell’insegnante che potrebbe avere livelli diversi di remunerazione in base al rendimento degli studenti misurabile proprio attraverso la tecnologia.
È stata poi la volta di una studentessa di Ingegneria, Marta Ghidoli, già Presidente del Consiglio degli studenti del Politecnico, e oggi approdata al biennio magistrale, la quale ha ribadito la necessità pr gli studenti di avere spazi idonei dove studiare in Facoltà e borse per lo studio; oltre che la liceità ad ottenere residenze ove soggiornare senza che una famiglia – appartenente al ceto medio – debba vendersi un rene o entrare nella cerchia di Matteo Messina Denaro.
Hanno chiuso la serata, Gigi de Palo, Presidente del Forum Nazionale delle famiglie, il quale ha chiesto più coraggio nell’intraprendere misure a favore delle famiglie domandando supporti reali per aiutare le giovani coppie a stipulare un mutuo e a fare figli, visto che la nascita di un pargolo oggi – in Italia, ha aggiunto – è la seconda causa di povertà ( la prima è la perdita dell’occupazione). Lo stesso De Palo ha chiesto anche coraggio ai tre candidati governatori presenti: Fontana, Majorino e Moratti. Ovvero di abolire l’Isee per determinare gli aiuti alle famiglie.
Infine ha parlato Luca Sommacal presidente delle “Famiglie per l’assistenza” che ha posto la questione dell’immigrazione e del sostegno dei più deboli. “Un modello di welfare che in regione sostiene oltre 1000 Famiglie”.
Applausi scroscianti, alla fine. Con un tarlo nella testa.
Perché, chi si professa per la convivenza tra pubblico e privato, introduce il suo messaggio con l’unico intellettuale che ha scritto ( e cantato) che era comunista chi immaginava una felicità diversa da quella americana; e dove un comunista era felice solo se lo erano anche gli altri?
Perché è curioso che durante la serata tra i pochi momenti in cui il pubblico ha espresso un caloroso applauso è stato quando si è citato Aldo Moro. Che con i comunisti c’aveva fatto (ci voleva fare) un compromesso. Storico.
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