Milano

Coppi, dire che Arcore era un harem e stravincere

11 Marzo 2015

“Professore – chiede un cronista durante una pausa del processo d’appello Ruby – ma lei che ne pensa della vivacità sessuale di Berlusconi?”. “Alla mia età (ha due anni meno dell’ex premier, ndr) si rinuncia alla domanda e si teme anche l’offerta, quando arriva, perché si rischia una brutta figura”.

Al professor Franco Coppi di posare un’aureola sul capo di Silvio Berlusconi non è mai passato per la mente. Anzi, se possibile, durante le sue arringhe ha fatto brillare ancor più la cresta del “drago” a cui  “le vergini si offrono per rincorrere il successo”, metafora coniata dalla ex dell’ex Cavaliere, Veronica Lario, e poi ripresa da tutti i magistrati che hanno rappresentato l’accusa in questa vicenda.

“Ad Arcore c’era un sistema prostitutivo, questo è certo – ha ammesso candido Coppi davanti alla Suprema Corte – ma non c’è prova che Berlusconi sapesse della minore età di Ruby. E quella sera, quando chiamò in Questura, fece bene a chiedere di affidare Ruby a Nicole Minetti che poi si è rivelata quel che è, ma allora era una rispettabile consigliera regionale”.

Semplice, semplice, solo sfogliando il codice e certo senza attingere al suo fondo di sapienza, il Professore ha convinto i giudici di secondo grado e la Cassazione a cancellare i sette anni di condanna per concussione e prostituzione minorile. Del resto, che quello a Silvio non fosse un processo così complicato l’hanno sottolineato pure gli ‘ermellini’ classificando il caso con un grado di difficoltà 5,5 su 10. A renderlo un ‘mostro’ giuridico erano stati i predecessori di Coppi, Niccolò Ghedini e Piero Longo.

Nel processo di primo grado hanno cercato di convincere le tre giudici (bastava un po’ di psicologia di seconda mano per capire che in quanto donne andavano affrontate in diverso modo) che ad Arcore si sarebbero celebrate “cene eleganti”, dove tutt’al più si raccontava qualche barzelletta spinta, ci si travestiva da Ilda Boccassini e si cantavano le canzoni con Apicella. Ma il loro ‘capolavoro’ è stato non impedire quell’incredibile marcia verso il Palazzo di Giustizia di un centinaio di parlamentari del Pdl capeggiati da Angelino Alfano contro la persecuzione ai danni di Berlusconi ricoverato al San Raffaele per un male all’occhio. Invece di blandire il loro ‘capo’ ne hanno assecondato l’istinto a difendersi dal processo e non dentro l’aula. E’ bastato metterci un piede in quell’aula a Coppi per stravincere uno dei suoi processi più facili. (manuela d’alessandro)

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