Milano
Contro la violenza sulle donne, parlano le donne
È una riflessione maturata in queste ore in cui si parla di violenza sulle donne in occasione della giornata nazionale del 25 Novembre e che avrà un prologo il giorno dopo a Milano con lo spettacolo su Lisbeth Salander, il personaggio di Stieg Larsson, al Teatro Manzoni di Milano, messa sotto processo per il suo comportamento verso gli uomini.
Ha diritto o no, una donna, di difendersi se aggredita da un uomo che cerca di violentarla? Soprattutto però: se un uomo considera lecito aggreddire e possedere sessualmente una donna contro la sua volontà, in ragione di un perizoma indossato, o di una minigonna troppo corta; la donna ha il diritto di esercitare la legittima difesa arrivando anche ad uccidere il suo stupratore? Oppure è responsabile della sua condizione?
È per questo colpevole, laddove la sua difesa si spinga fino all’omicidio del suo carnefice? Fino a che punto dunque, è legittima la difesa di una donna violentata? E fino a che punto la violenza maschile verso le donne può essere sanzionata, se la cultura patriarcale considera uno spacco della gonna, un bottone aperto sul decolleté o un tanga indossato, il movente per l’esercizio di una sopraffazione fisica verso la libertà di una persona di sesso femminile?
Ho interrogato le donne per sapere cosa pensino della loro condizione di soggetti liberi e autodeterminate, in una società che in parte non le riconosce ancora come tali. E di fronte a questa condizione: se è stato giusto uccidere il nemico nazista che opprimeva la libertà degli individui, non sarebbe altrettanto giusto riconoscere il diritto alle donne di uccidere il loro carnefice? Oppure la donna deve sentirsi colpevole di questi pensieri che pure ci sono?
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