
Milano
Milano come stai? Partire dai numeri per conoscere il presente e immaginare il futuro
Crescita demografica e attrattività, insieme a solitudine e denatalità: Milano cambia, ma cosa offre a chi la sceglie? Partendo dai dati demografici, analizziamo le dinamiche in corso e le sfide emergenti, per immaginare una città inclusiva e capace di diventare casa
“Hey Milano come stai?” Questo dibattito si anima vivace in tanti luoghi della città. C’è la sensazione che Milano negli ultimi 15 anni sia cambiata molto. È diventata più dinamica, internazionale e moderna, ma al contempo più costosa, caotica e turistica. C’è chi celebra questa trasformazione e chi la critica aspramente. Al Centro Caldara abbiamo deciso di partire dai dati per comprendere come sia realmente mutata la città. Vogliamo fare una fotografia della direzione presa per capire le cause delle dinamiche in corso – e possibili corsi di azione per la politica.
Siamo partiti dalla demografia, che ci aiuta a capire chi vive a Milano, quali sono le sue esigenze e come evolveranno nel tempo. Quello che emerge smentisce le visioni più critiche: la nostra città resta molto capace di attirare nuove persone, soprattutto giovani. Al tempo stesso, i dati suggeriscono che molti ogni anno scelgono, o non possono fare a meno, di andarsene. Se vogliamo che Milano non sia solo una città di passaggio, ma diventi una casa per chi qui trova lavoro e realizzazione bisogna correggere la rotta.
Dal 2008 Milano è cresciuta di 100.000 abitanti, superando 1,4 milioni di residenti. E quasi non è invecchiata, a differenza dell’Italia: l’età media è passata da 45,2 a 45,5 anni (la media nazionale è di 46,6 anni). Milano cresce grazie a chi ha scelto di trasferirsi in città: le iscrizioni all’anagrafe cittadina tra il 2008 e il 2023 sono state 772.249, a fronte di 631.950 cancellazioni.
La crescita di Milano è soprattutto una crescita dei giovani.
Negli ultimi 15 anni, in Italia i residenti tra i 20 e i 34 anni sono diminuiti del 16%. A Milano, invece, sono cresciuti del 23%, superando quota 250.000. Questo è dovuto a due fattori: Milano e il Nord-Ovest tra il 1996 e il 2007 hanno vissuto un piccolo boom di nascite in controtendenza con il resto d’Italia. Ma soprattutto Milano è un centro che attira giovani da tutta Italia: il 48% di chi si è trasferito a Milano in questi anni aveva tra i 20 e i 34 anni.
Elaborazioni dell’autore su dati del Sistema Statistico Integrato del Comune di Milano
Inoltre, a Milano la quota di anziani è inferiore rispetto alla media nazionale. Gli over 65 registrano un lieve calo, mentre gli over 80 crescono meno che nel resto del Paese. La fascia 35-49 anni si riduce in misura minore rispetto all’Italia, mentre i 50-64enni, spinti dal baby boom del 1959-1975, sono in forte aumento e rappresentano oggi il gruppo più numeroso della città.
Come ha spiegato il demografo Alessandro Rosina al Centro Caldara, se la tendenza demografica attuale proseguirà, Milano potrà mantenere un buon equilibrio nella popolazione attiva per i prossimi 10-15 anni. La presenza di molti residenti di 20-35 anni contribuirà a contenere gli squilibri generazionali rispetto ai baby boomers che invecchiano. Se la città continuerà ad attrarre giovani dall’Italia e dall’estero, e se i boomers passeranno a una prima fase di anzianità (65-74 anni) rimanendo attivi, Milano disporrà di una struttura demografica favorevole, con ricadute positive sia sul mercato del lavoro sia sull’offerta di servizi.
Per dare forza a questo circolo virtuoso, la questione su cui sarà necessario lavorare di più è la natalità. Dal 2008 nascono sempre meno bambini: si è passati dal picco di 12.871 del 2007 al minimo di 8.759 del 2024. Solo con la prima guerra mondiale, tra il 1917 e il 1919, si era scesi sotto 9.000 nascite in città. Tra i molti fattori che influiscono, un ruolo chiave è giocato dal costo della vita e dalla qualità dei servizi. Il confronto con le grandi metropoli europee insegna molto. Nelle grandi città dove la vita quotidiana è frenetica e impegnativa, per sostenere le nuove nascite servono servizi – come asili nido, trasporto pubblico, edilizia residenziale accessibile, servizi sanitari per l’infanzia – molto più capillari, accessibili e inclusivi. Altrimenti la complessità della vita scoraggia le nascite: senza questi servizi, chi vuole avere figli si trasferisce dove la vita è più facile.
Per trattenere i giovani che vogliono una famiglia servono anche migliori politiche di conciliazione tra lavoro e famiglia. Nonostante a Milano l’occupazione femminile sia più alta che nel resto d’Italia, rimane circa 3 punti percentuali sotto quella di Bologna (69% contro il 66%). Come commenta Laura Specchio, del Centro Caldara, “i dati tracciano l’immagine di una Milano in trasformazione: una città che attrae ma che fatica a offrire condizioni di vita stabili per chi vorrebbe costruire il proprio futuro. L’incremento demografico non è legato alle nascite, ma alla capacità di attrarre nuove persone. Il calo della natalità e l’aumento della solitudine, tuttavia, pongono interrogativi cruciali sul modello di sviluppo. La vera sfida sarà garantire prospettive di lungo termine, evitando che Milano diventi un luogo di passaggio, incapace di offrire solidità e progettualità a chi sceglie di viverci.”
Oggi difatti più della metà delle famiglie milanesi è composta da persone sole – un dato in forte crescita. Nel 2023, 444.907 persone vivevano da sole, pari al 56,8% dei nuclei familiari: nel 1999 erano meno di 300.000. A tutte le età si vive più da soli rispetto al passato, ma lo fa più del 50% degli abitanti tra i 30 e i 34 anni e gli over 80. Questa tendenza può riflettere una scelta di vita da single oppure una crescente solitudine. Nel caso degli ultraottantenni implica un crescente bisogno di cura, anche a causa della riduzione delle reti familiari. Inoltre, l’età media delle madri milanesi al parto è di 35 anni. La “singolaritudine” nella fascia 30-34 implica che molti in età “filiale” non convivono: la solitudine, se involontaria, può avere in questo senso un effetto diretto sulla natalità.
Per ridurre la solitudine serve accendere scintille che stimolino l’incontro e il tessuto sociale, con più occasioni di socialità a prezzi accessibili e gratuiti. Ripensare i servizi in maniera diversa, anche potenziando il patrimonio immobiliare del Comune per moltiplicare gli spazi d’aggregazione a disposizione della città. Per il futuro governo cittadino, il rafforzamento delle comunità deve essere una priorità.
La capitale degli stranieri, e dove abitano
Infine, i residenti stranieri sono cresciuti dall’8,5% nel 2003 al 21,4% nel 2023 (da 108.289 a 301.149 persone, che come sappiamo includono sia i nuovi immigrati sia i minorenni nati da genitori stranieri). Questa evoluzione, insieme alle grandi opportunità di una città internazionale, pone anche sfide di integrazione per garantire piena cittadinanza, partecipazione e inclusione ai nuovi milanesi.
Nel 1999 il quartiere con la più alta concentrazione di stranieri, Loreto–Casoretto–NoLo, aveva il 14,5% di cittadini non italiani. Oggi Parco Forlanini–Cavriano tocca il 67,1%. Anche in quartieri come Comasina la quota di stranieri supera il 40%. Il rischio è che l’aumento della concentrazione delle persone di origine straniera favorisca l’esclusione sociale – rendendo cruciale un’azione di governo volta a rafforzare la coesione e la partecipazione cittadina. Politiche per la casa, per la scuola, per le attività extrascolastiche che favoriscano l’amalgama tra milanesi di origini diverse sono assolutamente cruciali per prevenire e ridurre le diseguaglianze.
Milano è quindi una città in continua evoluzione. Questo primo passo di una ricerca più ampia, che sarà pubblicata anche in forma estesa, fa già intravedere come il dinamismo demografico si incroci con sfide molto complesse, alcune delle quali saranno approfondite più avanti – una su tutte, il costo della vita. Se vogliamo che Milano resti una città capace di garantire opportunità, benessere e partecipazione sociale, dobbiamo guardare la realtà dei mutamenti in atto e attrezzarci per influenzarne il corso. O la città potrà imboccare un cammino di perdita dei propri giovani e di crescenti solitudini e conflitti.
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