Filosofia

Che strano sentirsi filosofi a Milano

19 Aprile 2015

La filosofia non serve a nulla, dirai;

ma sappi che proprio perché priva del legame di servitù

è il sapere più nobile.

(Aristotele)

Per capire che ci troviamo in una società iper-spettacolare – che forse neppure Debord sarebbe riuscito a immaginare – basta sfogliare un quotidiano, accendere la tv, o entrare in qualche social network. La politica si fa con i tweet o su facebook meglio con battute sempre più violente e volgari, che conquistano spazio sui mass media. I discorsi superano difficilmente i due minuti (la durata media di un video su youtube). Così, questioni fondamentali (dalla crisi economico-finanziaria ai conflitti mediorientali, dall’immigrazione al welfare) rimangono in superficie. Se ne parla solo se c’è un filmato da mostrare (quello che non appare in tv, non esiste), una dichiarazione (sempre ai microfoni di una emittente) di qualche presunto politico, esperto, addetto ai lavori. Nessun tema viene approfondito, anzi viene dimenticato nel giro di pochi giorni, massimo una settimana. Nei dibattiti chi interviene ripete ossessivamente il suo mantra, non c’è dibattito, scambio di idee. E l’industria culturale nostrana (in procinto di diventare un vero e proprio monopolio, se Mondadori acquisirà Rizzoli Libri) dà spazio quasi esclusivamente a star della tv, dagli chef agli opinionisti dei talk show. Una specie di pensiero debole, globalizzato e omologato sembra dominare tutto. Le voci critiche sono poche, e normalmente si fa di tutto per non disturbare il manovratore. Ma c’è chi dice no a questo stato di cose e ha creato, proprio a Milano, capitale dell’industria cultural-televisiva italiana, una piccola rete contro il pensiero unico.

Sto parlando di Franco Sarcinelli, Michele Pacifico, Claudio Muti ed Emilio Renzi che hanno dato vita a Filosofia in Circolo, un gruppo di discussione (e un sito, www.filosofiaincircolo.it) che invita professori, dottorati, laureati e ricercatori a esporre le loro tesi che vengono analizzate e dibattute immediatamente e in diretta. Un rigoroso recupero dell’oralità che ha contraddistinto la filosofia fin dalle sue origini in Grecia. Non si tratta di nostalgici dei “bei tempi antichi”. Amici accomunati da una comune passione per il sapere, hanno fatto esperienze differenti: Sarcinelli ha insegnato filosofia al Liceo Carducci di Milano; Pacifico, Muti, Renzi sono stati in Olivetti in tempi e ruoli diversi (marketing, informatica, organizzazione, cultura) e poi manager in altre grandi industrie. Sono in pensione, adesso, ma non hanno smesso di lavorare sulla storia, sul pensiero, di porsi domande e di cercare risposte.

Già, ma quali sono i loro obiettivi? Non si sentono un po’ demodé immersi in New Media che corrono alla velocità della luce o quasi? E che cosa può significare fare filosofia oggi?

I filosofi in circolo hanno risposto a queste domande in una intervista di gruppo alla quale hanno voluto partecipasse anche Alessandro Vigorelli, uno degli ultimi entrati nel circolo, da poco laureato sulla storia del pensiero ebraico medievale/contemporaneo che sta pensando ad un dottorato in filosofia in questo ambito.

  • Quando e con quali motivazioni è nata Filosofia in Circolo?

Sarcinelli. Il gruppo è nato quasi per caso nel 2009. Alcuni miei ex alunni del liceo Carducci di Milano frequentavano i primi anni dell’università. Erano confusi e un po’ spaesati in un ambiente accademico che ormai sembra più una macchina da esami che un centro di cultura e di ricerca. Mi hanno contattato per avere aiuto e indicazioni sul percorso educativo da seguire, sugli autori da leggere. Così, ci siamo visti più volte a casa mia per discutere liberamente soprattutto di filosofia. Di questi incontri ho parlato con Emilio…

Renzi. Sì, mi ricordo che allora andavo ancora in bicicletta e l’appuntamento era al Bar Bianco ai Giardini di Porta Venezia…

Sarcinelli. L’idea era già allora quella di creare un circolo filosofico di dibattito. Un po’ sulla falsa riga dei “Venerdì di casa Marcel”, che Gabriel Marcel (filosofo, scrittore, critico musicale francese, ndr) organizzò negli anni Trenta a Parigi, accogliendo nel suo salotto intellettuali di ogni tendenza. Quegli incontri settimanali furono un laboratorio di idee e di percorsi filosofici. Nel nostro piccolo ci siamo ispirati a quel tipo di pratica filosofica.

Muti. Quando Franco, Michele ed Emilio mi hanno parlato del progetto degli incontri periodici io ho aderito subito all’idea. Le motivazioni che hanno fatto nascere il circolo sono la passione e la curiosità per quello che ancora non si sa. Abbiamo alle spalle carriere professionali diverse, lontane dalle accademie, ma non abbiamo mai perso il gusto di leggere, studiare, cercare gli strumenti per capire un mondo che cambia sempre più velocemente. È fondamentale, ovviamente, anche l’amicizia che ci lega. Così come la vivacità e la freschezza dei giovani dottorandi che portano anche esperienze internazionali, parecchi studiano in università straniere.

Vigorelli. Devo dire che l’approccio a Filosofia in Circolo è stato facile. Io, per esempio, ho conosciuto Franco Sarcinelli ad un convegno su Paul Ricoeur (filosofo francese, tra i più amati all’interno di Filosofia in Circolo, ndr) in Statale. Abbiamo parlato e discusso della figura e delle tematiche di Ricoeur. Poi Sarcinelli ha invitato me e un gruppo di amici a partecipare alle riunioni del circolo.

Renzi. La cifra del circolo, ciò che gli ha permesso di superare il solitamente breve ciclo vitale di molte iniziative analoghe, sta nella formula – che Franco ha saputo sviluppare molto bene nel tempo – di tenere assieme e far dialogare tra loro, tre cerchi. Il primo, siamo noi, noi che abbiamo finito di lavorare ma non abbiamo smesso di aver passione per la filosofia, curiosità, vecchie domande, nuove visite e rivisitazioni. Qualche volta, abbiamo anche qualcosa da dire. Nel secondo cerchio troviamo i docenti che il circolo ha invitato e ascoltato. La formula di quest’anno – che cosa ho imparato da Lari e Penati e che cosa ho o non ho portato avanti, sviluppato – rappresenta direi plasticamente l’intersezione tra il perché di un circolo di filosofia e l’apporto di conoscenze attive e alte, quanto può esprimerle l’Università italiana. Il terzo cerchio è rappresentato dai ricercatori, i giovani che Franco ha saputo scovare e invitare. I loro studi ed esposizioni superano talvolta la mia capacità di comprensione (sto parlando di me e di me solo!) ma anche questo ci sta: sono le tesi di dottorato che implementano (e speriamo arricchiranno) la filosofia in sviluppo.

  • Come si è sviluppata Filosofia in Circolo?

Sarcinelli. Gli incontri partono dalla relazione di un professore o di un dottorando dalla quale parte la discussione. Il primo dibattito registrato è quello scaturito dalla relazione di Vincenzo Costa, Il mio incontro con la fenomenologia, dell’ottobre 2010, che ha dato il via al primo ciclo dedicato alla fenomenologia. Abbiamo in seguito aperto un sito internet, www.filosofiaincircolo.it, dove vengono caricare le registrazioni di tutti gli incontri registrati. Ad oggi, con otto incontri di media annuali, si trovano online 35 trascrizioni. Insomma, siamo una piccola cerchia che definirei “gruppo permanente di discussione filosofica”, come risulta poi nella presentazione del sito.

  • Al centro delle discussioni c’è sempre la fenomenologia?

Sarcinelli. Direi che ha una importanza rilevante, ma abbiamo trattato altri temi, come la percezione, l’immagine e il corpo. Gli autori che hanno accompagnato i dialoghi di filosofia in circolo appartengono soprattutto alla filosofia francese contemporanea. Il programma degli incontri 2014/15 è dedicato alla Scuola di Milano con lo scopo importante di tramandare e condividere quello che è stato. I prossimi incontri in programma vedranno protagonisti Silvana Borutti (ordinaria di filosofia teoretica all’Università di Pavia) e come discussant Fulvio Papi, 85 anni, direttore dell’Avanti nei primi anni Sessanta, uno degli ultimi allievi di Antonio Banfi, il padre della Scuola di Milano (http://it.wikipedia.org/wiki/Scuola_di_Milano, per avere qualche stringatissima informazione), e maestro della Borutti.

  • La rigorosa oralità delle vostre discussioni, il confronto vis-à-vis, recupera un modo di essere della filosofia antica – Socrate non ha scritto nulla, per esempio. Non vi sembra un sistema un po’ antiquato rispetto ai New Media?

Pacifico. L’oralità è antiquata rispetto a internet, nel senso che è venuta prima. Ma la caratteristica fondamentale dei New Media è proprio quella di aver rilanciato all’ennesima potenza le possibilità di parlare. Grazie al web si può restare in contatto orale permanente con interlocutori sparsi in tutto il mondo ed è quello che Filosofia in Circolo sta facendo.

Sarcinelli. C’è un rapporto molto particolare tra oralità ed internet all’interno di Filosofia in Circolo, che entra poi, a sua volta, in un altro circolo interattivo, attraverso  le trascrizioni degli incontri presenti sul sito filosofiaincircolo.it. Altro parallelo tra Filosofia in Circolo e la filosofia antica è l’amicizia: c’era tra i pensatori greci e anche qui si instaurano dei rapporti di amicizia che permettono di creare altri momenti culturali non strettamente filosofici.

Muti. L’argomentativo e il pedante non sono comprese da internet. Non esiste la parola e il linguaggio impoverisce il contenuto, “The Medium is the Message”, diceva Mac Luhan. Questo è un male?

Vigorelli. La sintesi però è favorita da internet, e può stimolare la voglia di approfondire un argomento. Gli aforismi di Nietzsche, per esempio, su internet funzionano molto bene. Io penso che uno dei compiti del filosofo di “professione”, del professore universitario, sia quello di attrarre il pubblico attraverso internet ad approfondire i concetti filosofici. L’interesse verso certi argomenti esiste.

  •  Quale futuro avrà e quale ruolo potrebbe avere oggi la filosofia?

Pacifico. La filosofia in Occidente esiste da quando iniziò la civiltà greca, quindi da almeno 25 secoli nel corso dei quali è accaduto di tutto. Il suo futuro non sarà diverso dal suo passato: ci sarà una successione di grandi pensatori e di modesti “cultori della materia”, come è sempre stato e ciascuno contribuirà, a suo modo, a mantenere viva la riflessione.

Muti.  Il ruolo della filosofia resta quello che ha sempre avuto: far risvegliare le coscienze, far ragionare la gente con la propria testa. Un ruolo non passivo, ma maieutico che aveva nell’antica Grecia. Non sono i Festival della Filosofia che fanno cambiare prospettiva. Forse internet è in grado di favorire la presa di coscienza, attraverso i forum, pur scadendo quasi sempre nell’apodittico, nello sbrigativo. Il ruolo del filosofo oggi a livello socio-politico, è quello di sempre: capire e far capire la storia nelle sue caratteristiche essenziali e nel suo divenire profondo, al di là della cronaca. Ma, come ho detto troppe volte, ma forse mai abbastanza, la filosofia deve, in primis, stimolare ‘il pensare in proprio, con la propria mente’. Senza questo passo non c’è storiografia (non certo storia, quella è un fascio di processi nel gioco del mondo) che tenga. Come produrre interpretazioni storiografiche che non siano mera compilazione di fatti? Faccio notare che anche questo becero modo è comunque un’interpretazione, perlopiù passiva, che si adatta al ‘vento che tira’ ed in ultima analisi conservatrice in quanto coerente allo Zeitgeist e dunque non produttrice di innovazione interpretativa. Perché il filosofo dovrebbe poi stimolare la produzione di innovazione, come ha sempre fatto. Non ci sarebbe stata storia, e tanto meno storiografia, senza cambiamento continuo e dunque senza innovazione che passa attraverso un’interpretazione che non dà i fatti (le interpretazioni) per scontati ma appunto li considera come interpretazioni. L’approccio innovativo mette in relazione queste interpretazioni fra loro in modo inconsueto, non previsto dal senso comune: è così che avvengono le innovazioni nella scienza, ma non solo. Il filosofo dunque deve certamente lavorare su quello che c’è e che c’è stato (da qui l’utilità della interpretazione dei fatti, magari trovandone di nuovi non considerati dalla storiografia), deve far reagire queste interpretazioni fra loro, metterle in relazione per produrre un pensiero innovante. Altrimenti si ‘corre sul posto’ (come si fa nell’ora di educazione fisica in quelle palestre troppo piccole per correre realmente), si resta dove si è e arrivederci a qualcosa di diverso che sarà inevitabilmente appannaggio di altri un po’ più svegli.

Sarcinelli. Abbiamo toccato tutti i luoghi della filosofia – università, internet, festival– che hanno i loro pregi ma nessuno è autosufficiente. Uno dei nostri obiettivi è la dimensione di Filosofia in Circolo: quella di far ripartire la filosofia dal dialogo senza pudore, senza vergogna, con la possibilità di interagire. Se i partecipanti si fanno portatori di questo dialogo, diventano promotori del metodo formando una rete e agendo da cassa di risonanza.

Pacifico. Il ruolo del filosofo oggi, a livello socio-politico, è quello di sempre: capire e far capire la storia nelle sue caratteristiche essenziali e nel suo divenire profondo, al di là della cronaca. L’ultimo a operare in questa direzione in Italia è stato Norberto Bobbio: dopo di lui il vuoto e si sente.

  • Le imprese atroci dell’Isis, inclusa la sistematica distruzione delle testimonianze di culture antiche, porta di nuovo in primo piano quella che sembra essere una violenta contrapposizione tra Islam e Occidente, secondo alcuni una vera e propria crisi di civiltà. È davvero così? E come si può reagire?

Muti. È il problema del monoteismo. L’affermazione biblica: “Non avrai altro Dio/Padre all’infuori di me” è già in sé una dittatura istituzionalizzata, l’assoluta intolleranza.

Renzi. L’Occidente è sì cristianesimo, ma anche tanto altro. Lo scontro non è tra due monoteismi, è tra due forme diverse di cultura e di vivere. L’Islam non ha ancora fatto la sua separazione interna tra religione e stato.

Pacifico. L’Occidente che si contrappone all’Islam si contrappone anche al Cristianesimo e all’Ebraismo, cioè alle religioni monoteiste basate su rivelazioni dottrinarie assunte come valori assoluti e non negoziabili. In questo senso, l’Occidente è laico e non fomenta alcuna guerra di civiltà. Se aggredito, come risulta evidente da numerosi eventi recenti, non soltanto di origine islamica o che si presenta come tale, dovrà reagire con azioni rigorosamente laiche, operazioni di polizia volte a garantire il rispetto dei diritti dei cittadini sanciti dalla Rivoluzione Francese e ribaditi dalla carta dell’Onu.

Vigorelli. Nell’Islam non si può scindere tra religione e cultura, è un discorso sociale e storico che il mondo occidentale fa fatica a comprendere, e quindi dà del mondo musulmano interpretazioni semplicistiche mentre la realtà è molto più complessa di quanto ci piace pensare. Per esempio, io penso che non esista un unico modello di democrazia, quello laico francese. L’Iran è un Paese democratico nel quale la religione gioca un ruolo cruciale, dobbiamo prenderne atto, non giudicare esclusivamente in base alle nostre tradizioni.

Muti. Dove ci sono le religioni non monoteiste certi problemi non sono mai esistiti grazie al pluralismo. Io non voglio ‘santificare’ l’Occidente che ha prodotto tante belle cose, ma anche guerre, genocidi, olocausto… Tolleranza, libertà di pensiero e di parola restano comunque cardini imprescindibili.

 Logo di Filosofia in Circolo

[Nella foto di copertina: in prima fila (da sinistra) Immanuel Kant, Karl Marx, Roland Barthes, Michel Foucault. In seconda fila (da sinistra): Socrate, Ludwig Wittgenstein, Jean-Paul Sartre, Friedrich Nietzsche.]

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