Governo
Che ci fanno 70 miliziani libici al Policlinico di San Donato Milanese?
Sono in 70 e sono militari rimasti feriti abbastanza gravemente dalla guerra che si combatte in Libia. Attorno ai trent’anni, secondo chi li ha visti, tra loro ci sarebbero anche dei bambini, alcuni rimasti mutilati dopo che una bomba sarebbe stata sganciata sulla loro casa.
Inizialmente l’ospedale sembrava essere solo quello di San Donato Milanese mentre, dalle informazioni di cui sono venuto in possesso, grazie al consigliere regionale Michele Usuelli di Più Europa – Radicali Italiani, un altro nosocomio avrebbe dei miliziani libici: il San Raffaele di Milano.
Vi riporto intanto l’interrogazione parlamentare fatta proprio oggi da Emma Bonino
Pubblicato il 28 gennaio 2020, nella seduta n. 184
“Ai Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale e della salute. –
Considerato che:
da quanto si è appreso da fonti di stampa (tra cui “La Stampa” e il “Corriere della Sera”), il 15 gennaio 2020 un uomo di 32 anni di nazionalità libica è giunto all’ospedale “San Raffaele” di Milano con ferite da arma bianca alla schiena e alla gamba, denunciando di essere stato accoltellato da due connazionali da lui conosciuti. La Procura di Milano ha quindi aperto un fascicolo per lesioni aggravate e porto di coltello;
i due responsabili dell’aggressione, che sarebbero dovuti restare a disposizione dell’autorità giudiziaria, hanno in realtà lasciato il Paese prima di essere stati ascoltati sull’aggressione, prelevati da personale diplomatico di Tripoli e trasferiti da Milano a Roma e poi in Libia, con un volo di linea da Roma a Tripoli;
nei giorni successivi, si è appreso che i tre uomini sono in realtà combattenti libici e che erano alloggiati in un hotel di via Olgettina, dopo avere da poco terminato la degenza presso l’ospedale San Raffaele, dove i tre erano stati ricoverati sulla base di un’intesa tra Tripoli e il gruppo San Donato per la cura di feriti di guerra, impegnati dalla parte del Governo di Al-Sarraj;
lo stesso gruppo San Donato con una nota stampa ha confermato che da quasi un anno cura combattenti libici che, a spese delle autorità di Tripoli, vengono portati a Milano per essere curati e, se guariti, rimandati a combattere;
considerato inoltre che come riportato domenica 26 gennaio da “Avvenire”, gli inquirenti intendono chiarire quali autorità italiane abbiano dato il via libera all’accordo sulle cure e come sia stato monitorato il flusso di libici portati in Italia con regolare visto, mentre l’agenzia di tutela della salute della Regione Lombardia (Ats) ha avviato alcune ispezioni per capire se siano stati sottratti posti letto al Sistema sanitario nazionale, per far spazio a decine di combattenti libici feriti in battaglia e curati a Milano,
si chiede di sapere:
sulla base di quali accordi tra il nostro Paese e le autorità libiche di Tripoli sia stato possibile realizzare tale corridoio sanitario per la cura dei combattenti feriti e quale sia la procedura seguita dagli uffici del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale in merito al rilascio dei visti necessari all’ingresso nel nostro Paese;
in particolare, quale procedura sia stata seguita per il rimpatrio improvviso dei due libici colpevoli dell’aggressione, svoltosi prima che venissero ascoltati dall’autorità giudiziaria;
se non si ritenga necessario riferire quanto prima in merito a tali intese con la Libia ed eventualmente con altri Paesi attualmente coinvolti in conflitti, chiarendone i termini, gli eventuali costi e rendendo pubblici i numeri delle persone curate in Italia fino a questo momento.”
Dalle ricostruzioni quindi l’Italia avrebbe fatto degli accordi con la Libia ( o parte di essa) attraverso il Ministero della Difesa e dell’Interno; attraverso quello della Salute e ragionevolmente informando anche la Regione Lombardia ed il suo assessorato alla Sicurezza: retto da Riccardo De Corato e quello alla Sanità retto da Giulio Gallera. Entrambi avrebbero saputo, secondo logica, dell’approdo da oltre un anno, di milizie libiche negli ospedali della città di Milano.
Esponendo quindi i nosocomi stessi a potenziali pericoli a cagione della presenza di militari attualmente in guerra; facendo tutto questo senza avvertire la cittadinanza dei rischi incombenti; agendo al di fuori di qualunque protocollo di sicurezza e di fatto privando del legittimo diritto alla cure, una parte dei cittadini lombardi. Qualora fosse accertata, invece, una trattativa segreta tra nosocomio e autorità libiche (di cui la Regione e gli organi nazionali fossero stati tenuti all’ascuro) che avrebbero pagato per i servizi garantiti dai nostri medici, si dimostrerebbe l’assoluta l’incapacità degli organi di controllo regionale, a partire dallo stesso assessorato. Se fosse quindi accertato, secondo quanto fin qui è trapelato, che un accordo privatistico tra le parti c’è stato, ciò significa che si sono usati i lombardi come potenziali bersagli, nel caso in cui i nosocomi fossero stati oggetto di attacchi terroristici, e che li si sono privati almeno parzialmente del diritto alla cura.
Infine è incredibile che, il giorno in cui la stampa scopre una notizia di tale portata, la Regione non dia alcuna risposta, trattando le istituzioni e i cittadini che lì sono rappresentati come un fastidioso ingombro.
Perché qui ad essere considerata un fastidio è la democrazia
Ecco cosa mi ha detto il consigliere Regionale Michele Usuelli
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