Milano

Cantieri in corso a Milano: provaci Peer crederci

26 Ottobre 2015

La parola peer in inglese ha diversi significati. Usata come nome può significare semplicemente “pari”, come nell’espressione “peer-to-peer” cioè “da pari a pari”. Usata come verbo può invece significare “guardare con attenzione a qualcosa”.

Credo che Peer Milano sia esattamente questo: persone che guardano le une alle altre con curiosità e da una posizione di parità.

Quando a settembre è stato fatto circolare l’appello fondativo non ho avuto difficoltà a riconoscermi in quelle poche righe. Credo che l’esperienza della sinistra di governo milanese iniziata nel 2011 sia un tesoro di risultati e di potenzialità che valga la pena preservare e rilanciare. Un’esperienza che non si esaurisce nella giunta Pisapia o nella maggioranza consigliare ma che trova linfa vitale nelle decine e decine di iniziative realizzate in questi anni.
Certamente la giunta è stata in grado di cogliere un potenziale inespresso fino ad allora dai sindaci degli ultimi 30 anni, favorendo iniziative diffuse che vanno da Pianocity a Bookcity, dalla colletta di indumenti e coperte per i senzatetto all’assistenza ai profughi in stazione centrale, dalla raccolta differenziata dell’umido al bikesharing e carsharing. E ricordiamo anche il bando per il supporto agli spazi di coworking, il nuovo regolamento sugli orti urbani condivisi, l’assegnazione ad associazioni e gruppi di spazi a canone agevolato, la possibilità di adottare spazi verdi pubblici che oggi non è più limitata alla sponsorizzazione delle aziende ma comprende anche le proposte dei cittadini e delle associazioni. Anche in campo urbanistico abbiamo assistito a una rivoluzione che punta alla partecipazione dei cittadini. Per citare alcuni casi esemplari, si potrebbe partire dalle vicende di Santa Giulia, o da quelle del quartiere Isola (riqualificazione del Cavalcavia BussaCasa della Memoria, la Stecca, giardino condiviso di Isola Pepe Verde), passando per la Stazione Centrale (Gruppo FAS – Ferrante Aporti Sammartini e Magazzini Raccordati) e per lo spazio riqualificato tra via Sammartini e la Martesana e arrivando al nuovissimo skate park del Gratosoglio. E tutte le altre che non riusciamo a raccontare qui.
Tutte iniziative che tengono assieme il supporto del decisore pubblico e l’iniziativa di singoli cittadini, associazioni, comitati e che innervano tutta la città: il diavolo dormiente di cui parlava Giorgio Fontana in tempi non sospetti. “Qui dorme il diavolo. La materialità di Milano, del tutto negata nel centro, esplode violentemente ai margini — nei nuovi quartieri dove la vita si rintana e cerca di ripararsi, di reinventarsi. (…) In questa città troppe scelte storiche hanno condannato la bellezza a una condizione marginale dell’esperienza urbana. Ma è ancora possibile dire di no, e rimettere la bellezza in circolo. Qualunque essa sia.” Con tutti i limiti e le difficoltà di questi anni, con tutte le cose che ancora rimangono da fare, oggi non sarebbe forse più possibile ripetere le stesse cose su Milano. Da questa constatazione nasce Peer Milano.

L’appello di Peer Milano è stato scritto da persone e indirizzato a persone. Persone che hanno vissuto questi cinque anni che sanno cosa si è riusciti a fare e cosa ancora no.
Persone che in alcuni casi hanno iniziato a lavorare nelle officine Pisapia nell’inverno 2010-2011, in altri casi si sono aggregate ai comitati nati in campagna elettorale, oppure si sono avvicinati alle singole iniziative solo in anni più recenti. Possono essere iscritte a partiti o associazioni, possono essere attive in comitati o movimenti, ma si muovono in ogni caso a titolo personale.

Lo si è visto chiaramente nella due giorni organizzata all’Ex Ansaldo il 3 e 4 ottobre scorso. Una folle 36 ore (senza interruzioni, per chi ha retto) che è riuscita a tenere assieme i tavoli tematici e la festa da ballo, gli approfondimenti e il Terzo Segreto di Satira. Una sinistra che si sa interrogare, che sa ascoltarsi ma che sa anche divertirsi e ridere di sé e dei suoi limiti.

I temi su cui si è iniziato a ragionare sono tanti, dall’inclusione sociale alla sharing economy, dai giornali web all’integrazione culturale, dai diritti dei bambini al diritto all’abitare e agli spazi urbani, dagli stili di vita all’alimentazione, dal lavoro all’industria culturale. Raccontando le tante esperienze di partecipazione tra successi e difficoltà, dai nuovi municipi alla città metropolitana.

Ma questo è solo l’inizio, perché come in ogni vero laboratorio si sa da dove si parte ma non si sa dove si arriverà. “Camminando si fa il cammino”.
È iniziato un processo che vuole rimanere aperto e includente. Tutti i contributi sono importanti per migliorare la qualità di quello che stiamo facendo. E saranno più importanti quelli che ancora non sono arrivati e che speriamo possano arrivare presto. Magari a partire dal prossimo lunedì 2 novembre alle 21 quando ci ritroveremo all’auditorium de La Cordata (via San Vittore 49, Milano) per decidere assieme come proseguire. Siete tutti invitati.
Il progetto di Peer Milano vuole arrivare almeno fino alle prossime elezioni. E, se siamo abbastanza bravi, lo faremo durare anche per i prossimi cinque anni. Che Milano possa essere un laboratorio politico dove si sperimentano esperienze poi replicabili a livello nazionale è ormai quasi un luogo comune. Ma siamo in una fase di ridefinizione dello spazio politico della sinistra senza più alcun punto di riferimento nazionale e siamo in un momento storico dove solo il 3% dei cittadini si fida dei partiti mentre contemporaneamente gli indici di partecipazione politica e sociale sono rispettivamente pari al 46% e al 58%.
C’è quindi una divaricazione enorme tra quello che succede nella società e quello che i partiti riescono a interpretare. Non è solo un problema di società civile, è un problema politico.
Insomma, mai come oggi serve uno spazio completamente aperto dove giocarsi una partita nuova. Peer Milano, nel suo piccolo, ci sta provando davvero.

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