Milano

Bulli milanesi

1 Dicembre 2015

Dopo Pisapia.

Majorino, Fiano, Caputo, Iannetta, Sgarbi, Di Pietro, Sala, Passera. Ieri chiamato in causa anche Linus.

Partiamo dal presupposto che se ci sono delle ragione politiche fondamentali e critiche per il quale si insiste su Sala (l’umo Expo 2015), lo si dica in modo esplicito. Altrimenti questa pagliacciata che conducono i dirigenti locali milanesi del partito democratico, rischia di essere un non sense e come tale di essere interpretato dall’opinione pubblica come un segnale di disfacimento piuttosto che di decisionismo e rinnovamento.

Un segnale di disfacimento, ad esempio, che si “presenta” con date che si modificano, regole, cavilli, aperture a destra, transfughi della destra, silenzi e poi comunicati stampa. Una schizofrenia per impedire a qualcuno di partecipare alle primarie, o peggio di non farle proprio.

Surfando sugli alibi della freschezza e del cambiamento, il tutto suona come una canzonatura di quella rottamazione per condurre al ricambio della classe dirigente democratica.

Comprendo tutto. Ma una cosa è utilizzare uno schema simbolico rigido in un preciso momento e in un altrettanto preciso quadro politico. Un altro è usare questo schema come paradigma alla bisogna per sciogliere nodi niente affatto simbolici ma puramente di potere.

Questo continuo allontanarsi dalla società civile e dai suoi voleri, non porterà lontano. Così come l’imporre un candidato di vertice si dimostrerà controproducente.

Allora cari dirigenti democratici, accompagnati dal guinzaglio dal profumo romano, fate le persone serie: fate gli auguri ai “vostri” candidati e aspettate che vinca il migliore. Perchè ogni altro atteggiamento sarebbe un segnale di paura e debolezza, e non servirà mascherarlo con una prova di forza. A maggior ragione se stabilita per “cavillo”.

Il passo è breve. Se non si ascolta, praticare la bellezza dell’astensionismo (per qualcuno), sarà una fantastica esperienza.

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