Milano
Bulli milanesi
Dopo Pisapia.
Majorino, Fiano, Caputo, Iannetta, Sgarbi, Di Pietro, Sala, Passera. Ieri chiamato in causa anche Linus.
Partiamo dal presupposto che se ci sono delle ragione politiche fondamentali e critiche per il quale si insiste su Sala (l’umo Expo 2015), lo si dica in modo esplicito. Altrimenti questa pagliacciata che conducono i dirigenti locali milanesi del partito democratico, rischia di essere un non sense e come tale di essere interpretato dall’opinione pubblica come un segnale di disfacimento piuttosto che di decisionismo e rinnovamento.
Un segnale di disfacimento, ad esempio, che si “presenta” con date che si modificano, regole, cavilli, aperture a destra, transfughi della destra, silenzi e poi comunicati stampa. Una schizofrenia per impedire a qualcuno di partecipare alle primarie, o peggio di non farle proprio.
Surfando sugli alibi della freschezza e del cambiamento, il tutto suona come una canzonatura di quella rottamazione per condurre al ricambio della classe dirigente democratica.
Comprendo tutto. Ma una cosa è utilizzare uno schema simbolico rigido in un preciso momento e in un altrettanto preciso quadro politico. Un altro è usare questo schema come paradigma alla bisogna per sciogliere nodi niente affatto simbolici ma puramente di potere.
Questo continuo allontanarsi dalla società civile e dai suoi voleri, non porterà lontano. Così come l’imporre un candidato di vertice si dimostrerà controproducente.
Allora cari dirigenti democratici, accompagnati dal guinzaglio dal profumo romano, fate le persone serie: fate gli auguri ai “vostri” candidati e aspettate che vinca il migliore. Perchè ogni altro atteggiamento sarebbe un segnale di paura e debolezza, e non servirà mascherarlo con una prova di forza. A maggior ragione se stabilita per “cavillo”.
Il passo è breve. Se non si ascolta, praticare la bellezza dell’astensionismo (per qualcuno), sarà una fantastica esperienza.
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