Calcio

Ecco il derby della malinconia: oggi a San Siro va in campo la decadenza

19 Aprile 2015

C’era una volta il derby di Milano, quello che riempiva la settimana precedente la sfida di sfottò e di tensione. Non vedevi l’ora di domenica, allora, e la rosea, ai bar, dedicava un inserto speciale alla partita. Stamattina, invece, al bar sotto casa, gestito da un ragazzo cinese che non è interessato al calcio, la Gazzetta parlava della Juve e del probabile approdo dei bianconeri alle semifinali di Champions. Così, mentre i ricordi vanno a qualche anno fa, quando proprio una semifinale di Champions vide le due milanesi fronteggiarsi a colpi di capriole di Oba Oba Martins e goals di Sheva, c’è da chiedersi che fine abbia fatto la gloriosa stracittadina, giunta ormai all’edizione numero 214.

La più sottovoce e anonima. La più malinconica.

Un tempo il weekend si sarebbe trasformato in una collezione di gesti apotropaici, con l’unico intento di trovare il posto giusto dove guardare la partita: oggi, invece, si naviga annoiati alla ricerca di un evento di chiusura del Fuori salone per annegare i cattivi presagi in uno Sbagliato.

E così l’interista, come il cugino rossonero, passano ormai la giornata non più controllando i quotidiani sportivi o i siti di calcio mercato, ma le pagine di finanza e il Sole24Ore, piuttosto, in attesa di capire se qualche disgraziato troverà mai attraente il bond da 300 milioni proposto da Thohir agli investitori asiatici con l’ausilio (rigorosamente minuscolo) di Goldman Sachs; o se, alla fine, sarà la cordata cinese, invece del magnate thailandese, a comprarsi il Milan.

Paradossalmente, ormai, fa più notizia il derby che si giocherà in amichevole a fine luglio a Guangzhou di quello di campionato, anonimo come la crosta di un pittore che prende polvere su una bancarella dei Navigli. Ma com’è successo che le due squadre di Milano si siano ridotte a un tale livello di mediocrità calcistica? I dati, in realtà, rielaborati da Transfermarkt.com, sono impietosi sia dal punto di vista sportivo che da quello finanziario, configurando una discesa nel maelstrom che vale la pena descrivere in maggior dettaglio.

Di fatto, lasciando perdere le statistiche della sciaguratissima stagione ancora in corso, ci siamo concentrati sugli ultimi nove campionati e abbiamo confrontato le due milanesi su alcune dimensioni: punti totali fatti, posizione in classifica, numero di partite giocate in competizioni diverse dalla serie A (una sorta di indicatore di forza nelle coppe, europee e non).

Come si può osservare dalle Figura 1 e 2, il trend è fortemente decrescente per entrambe:
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Naturalmente, il costante peggioramento delle prestazioni calcistiche di Inter e Milan si rispecchia in una classifica scialba, come quella attuale. Il 2014-2015 finirà con il confermare, infatti, il trend di Figura 3, questa volta crescente perché, di anno in anno, Milan e Inter si confrontano sempre di meno con Juve e Roma per la lotta scudetto e sempre di più con Sampdoria e Torino (con il doveroso e sacrosanto rispetto per queste ultime) alla ricerca di qualche briciola di Europa League.

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Se dal punto di vista sportivo l’evidenza è dunque pessima, non stupisce che le cose vadano pure peggio economicamente parlando. Il calcio è un business spietato: prestazioni peggiori si traducono, infatti, in minori introiti. Meno introiti diventano a loro volta ridotti investimenti per rafforzare la rosa. E meno investimenti, infine, significano peggiori prestazioni. La Football Money League che, ogni anno, viene preparata da Deloitte, evidenza un altro dato preoccupante: il crescere del gap di ricavi annui, in milioni di euro, con i top club d’Europa.

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Se Real Madrid, Barcellona e Bayern viaggiano costantemente sui 500 milioni di euro annui di incassi, Milan e, soprattutto, Inter fanno fatica ad arrivare a 200 milioni a testa.

Non stupisce, dunque, che Thohir stenti a rendere appetibile per i potenziali investitori un bond da 300 milioni che promette rendimenti bassi e che, come cartuccia principale, si gioca la prospettiva di crescita dei ricavi nerazzurri con la penetrazione nei mercati asiatici. La stima di bilancio 2015/2016, senza gli introiti della Champions, parla di 190 milioni di euro di fatturato: cifra in aumento rispetto al passato ma ancora troppo bassa e, comunque, soggetta a tutta una serie di variabili la cui realizzazione è altamente rischiosa (siamo così sicuri che in Asia non vedano l’ora di comprare magliette dell’Inter, tanto più che la squadra è da almeno 4 anni che non frequenta il palcoscenico che conta in Europa?).

Thohir sta facendo davvero il possibile, in termine di risanamento dei conti, ma con un debito netto di 230 milioni di euro la coperta è corta da qualunque lato la si voglia tirare.

In un articolo dello scorso anno, mostravo l’impietoso confronto tra margine operativo lordo di Inter e Manchester:

 

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Il margine operativo sta tornando positivo, il che è segno del buon lavoro fatto dalla dirigenza, ma non lascia spazio di manovra per gli investimenti che sarebbero necessari a potenziare la rosa, tanto più con la mannaia del Financial Fair Play che pende sul capo.

Per gli amici nerazzurri, è diventata ormai una moda ritornare a riempire il carrello Amazon con nomi di top player: Yaya Touré, Dybala e, perché no, Messi e Cristiano Ronaldo?

L’importante è ricordarsi di svuotare il carrello prima di concludere l’operazione, perché il mercato estivo potrà finanziarsi, e con nomi non altisonanti, soltanto attraverso la cessione di un big, con candidato principale Icardi. È il colmo ma, se proprio vale la pena tifare, conviene sgolarsi per la salvezza in Premier League del Sunderland: solo così, infatti, la squadra inglese sarà costretta a riscattare Ricky Camomilla Alvarez, l’uomo più veloce del 23 (il tram) che varrà una plusvalenza di 7 milioni di euro sul bilancio nerazzurro.

Le cose non vanno molto meglio sull’altra sponda del Naviglio, dove il Milan è alle prese con una ristrutturazione dei conti che, nonostante gli sforzi di Galliani (e l’abbattimento del monte ingaggi negli anni) è ancora lontana dal raggiungimento dell’utile.

Proprio con le plusvalenze e i “parametri zero”, l’ex antennista è riuscito a tenere a galla i rossoneri ma il grafico seguente mostra che il fondo del barile, anche in questo caso, è già stato abbondantemente raschiato.

 

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Le ultime plusvalenze sono quelle realizzate con Balotelli (4,33 milioni) ceduto al Liverpool e con Brian Cristante (5,85), ma la ciccia sta finendo e l’impoverimento della rosa, combinata appunto al proliferare di parametri 0, rende impossibile ottenere ulteriore denaro liquido dal mercato. Il bilancio è inoltre appesantito dagli ammortamenti, che si aggirano sui 50 milioni annui, con giocatori dati in prestito come Robinho, Matri e Birsa che ancora pesano sulle casse della società.

Anche per il buon vecchio Diavolo, dunque, i fasti di un tempo sono memoria smarrita. Ricordate la foto di Galliani, sorridente mentre abbraccia in un ristorante Tevez a Rio De Janeiro? Occupò la prima pagina della Gazzetta annunciando urbi et orbi l’acquisto del campione argentino che, ora, sta facendo le fortune della Juventus. L’affare saltò: i maligni dicono che Barbara Berlusconi, allora innamorata di Pato, si interpose con una telefonata al padre, ma la verità è che, nell’istante immediatamente successivo alla foto, all’arrivo del cameriere Galliani girò il conto a Tevez. Capita la mala parata, l’Apache preferì declinare l’offerta rossonera.

Non resta dunque che sperare nel crowdfunding, perché è così che una cordata di imprenditori cinesi vuole comprarsi il Milan. Che fine ingloriosa: finanziati come il cd dell’amico registrato nello scantinato. Girano cifre folli (1 miliardo di euro), ma che ci volete fare? In effetti basterebbe che ognuno, in Cina, ci mettesse l’equivalente di un caffè, con anche la mancia al barista.

Ci rimane solo la malinconia?

Una voce dei giorni scorsi accreditava Massimo Moratti, in questi giorni, della possibilità di ricomprarsi l’Inter, accompagnato dall’appoggio entusiasta dei soliti Mazzola, Suarez e gli altri totem impolverati della Grande Inter. Poi è arrivata la smentita.

Una volta, per dare di matto, bastava dire a tutti di essere Napoleone: oggi si potrebbe rilasciare una dichiarazione ai giornali che sia intitolata: “Rivoglio il mio giocattolo”. Intanto si avvicina domenica: il barista serve un bianchino annoiato e, mentre echeggiano le interviste di Medel e De Jong (sic transiit) che promettono battaglia, io indosso la feluca e, con le mani nel panciotto, vado a preparare il terreno. Waterloo ci aspetta, qualunque sia il nostro lato del Naviglio.

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