Milano
Balzani batte Sala. Ma alle elezioni?
Beppe Sala è un candidato rispettabile, con una storia chiara ed una visione lineare. è comprensibile meriti la stima dei “grandi elettori” di Milano. L’impressione è che chi lo conosce lo sostiene. E siccome lo conoscono (e apprezzano in tanti) anche fuori dal Pd, è ragionevole convenire con la previsione, da lui stesso avanzata, che sia lui tra i quattro il candidato meglio attrezzato per battere la destra. Sala però ha un problema: Francesca Balzani.
Balzani – l’ha fatto intuire un minuto dopo la sua apparizione sul tavolo milanese – non è il fumetto animato della s-i-n-i-s-t-r-a retorica e velleitaria che gode vanesia della propria specificità. Balzani ha le competenze che Sala può vantare per sé – bilanci, management. Ha un’idea de-complessata degli interessi da rappresentare – vuole che le tasse dei milanesi restino a Milano. Ha un’idea sovversiva per la macchina amministrativa – definire gli obiettivi, ergo organizzare le funzioni, non viceversa. E mettere menti fresche nelle funzioni-chiave. Ha un racconto non stereotipato delle opportunità per la città – c’è vita anche fuori dalle start-up; ed a quanto pare non teme di lanciare spunti creativi per risolvere quei problemi irrisolvibili come l’abitare in città – Balzani per le case sfitte propone la Borsa degli Spazi. Sarà velleitario ma tant’è: Sala al sogno di Balzani ne contrappone uno di non minore arbitrarietà: scoprire i Navigli.
Balzani è un problema per Sala perché è capace, credibile, ha un pensiero forte e un’attitudine verso i temi – anche i più triti – lucida ma non supina alla retorica soluzionista ed al trattamento pre-confezionato. Innovazione, tecnologia, poli-centrismo agite come soluzioni restano tracce vuote: vanno svolte e riempite di senso. E il senso lo dà la visione politica, che precede e motiva l’agire amministrativo, la efficacia manageriale.
Sala non ne è privo. La sua visione è “pane e cultura”, l’essenza della milanesità. Ci si può riconoscere senza problemi: buon senso, sinergie virtuose, operosità. Questo rende Sala ok. Ma c’è Balzani, appunto. E se Sala è ok, Balzani al confronto pubblico tra i quattro candidati, ieri sera al Dal Verme, ha dato l’idea di essere ok ma con qualcosa in più. Più passione, più motivazione, più curiosità. Pisapia evidentemente non l’ha tirata fuori a caso: Balzani più che l’eredità dello spirito arancione è la sua ri-generazione sotto altre forme – Milano nel frattempo è cambiata, il mood non è più quello della decadenza morattiana. Balzani questo mood lo vive. Il discorso qui arriva a un punto, e avanti.
Pisapia a suo tempo ha convinto la stessa Milano che oggi sembra propensa a votare Sala (alle elezioni). L’idea è che possa farcela anche Balzani, perché anche Balzani usa la grammatica della concretezza fiscale, rincorre senza para-occhi le opportunità che in questo momento a Milano vengono da più parti segnalate, e non schifa la sfida del far sentire i milanesi una comunità.
Balzani potrebbe essere un bravo sindaco, esattamente come potrebbe esserlo Sala. Non è peregrino chiedersi però se, aldilà delle oggettive doti personali, professionali, amministrative e politiche di Francesca Balzani, il profilo dell’attuale vice-sindaco sia effettivamente in grado di conquistare il gradimento della maggioranza dei milanesi.
Il fatto è che questa signora così originale e assertiva, così poco banale anche nel suo essere radical chic, ha reso meno ovvia la preferenza per Sala quale profilo migliore nella rosa delle personalità candidate alle primarie del Pd. Quindi magari vedremo Mr Expo costretto in extremis ad appellarsi al voto utile.
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