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Assessore Fai la Cosa Semplice: Non Imitare l’Albertone Nazionale
Nel film “il Vigile” Alberto Sordi, dopo aver causato un ingorgo impressionante, invitava con veemenza e decisione gli automobilisti a “circolare, circolare”.
Un principio corretto, perché il problema del traffico e della mobilità non sono i mezzi in movimento ma quelli fermi, in sosta o in un ingorgo, in coda o in lentissimo spostamento.
Il problema è che bisogna saper fare quello che si fa e soprattutto sapere quali sono gli effetti delle nostre azioni. La buona volontà non basta.
In tutte le metropoli è ormai indispensabile ridurre il traffico privato, con il conseguente miglioramento della qualità della vita in tutti i suoi aspetti, clinici, psicologici, ambientali.
È di questi giorni la presentazione a Milano del progetto, redatto con estrema cura dal Politecnico, per la riapertura dei Navigli.
Un progetto di grande fascinazione che riscuote, giustamente, più di un consenso.
Dopo la riconquista della Darsena, l’idea di una Milano attraversata da dei canali incomincia a piacere anche a chi, come me, ne vedeva esclusivamente un nostalgico i ritorno a un (teorico) dorato passato.
Un progetto che si affianca alla definizione di Area C, alla pedonalizzazione di alcune piazze, alla chiusura di interi tratti stradali e alla rivisitazione della maglia viaria. Tutti interventi volti a rendere sempre più problematica la circolazione automobilistica convinti che questo porti ad una riduzione del parco circolante a favore di una mobilità pubblica, pedonale e ciclistica.
Convinzione però assolutamente sovrastimata.
Perché la battaglia al traffico si vince combattendo la sosta non rendendo impossibile la circolazione.
Chi è abituato a utilizzare la sua auto anche per andare al bar sotto casa continuerà ad utilizzarla qualunque sia il percorso che dovrà percorrere, indipendentemente dalla sua lunghezza e difficoltà.
Le auto, da mezzi di movimento, sono diventati sempre più luoghi di tranquillo stazionamento, corredati di tutto quanto rende più piacevole o produttiva l’attesa. Telefonini, radio, televisioni, collegamenti bluetooth e così via ci permettono di rendere interessanti anche i tragitti più lunghi.
Il percorso casa/ufficio non è più un tragitto di tempo perso, non è più una cesura tra il luogo di partenza e la destinazione: è l’elemento che li collega senza soluzione di continuità.
Ci basta che, arrivati a destinazione, ci sia un parcheggio dove lasciare, anche tutti il giorno, la nostra casa/ufficio mobile, per non rinunciare alla comodità di un tragitto seduti, con l’aria condizionata o al calduccio, riparati dalle intemperie, senza dover aspettare un affollato mezzo pubblico o fare la fatica di pedalare nel traffico e lo smog.
Se poi il parcheggio è gratuito i dubbi svaniscono in men che non si dica.
Le precedenti amministrazioni pensavano di risolvere il problema realizzando dei parcheggi interrati in cui stivare le circa settantamila auto in esubero rispetto alla dotazione di aree di sosta regolamentate in superficie.
Una soluzione giustamente osteggiata da chi riteneva che la disponibilità del posto avrebbe aumentato l’afflusso di veicoli all’interno della città.
L’attuale giunta, che ha fatto sue questa valutazione, ha bloccato, quando possibile, alcuni parcheggi in costruzione.
Ma non ha però proseguito su questa strada, eliminando, dove possibile l’abusivismo del parcheggio stradale, figlio dell’atavica convinzione italiana che il possesso di un’auto dia diritto ad un posto macchina
Ha preferito la strada del percorso ad ostacoli rendendo difficile, ostico e alle volte impossibile andare da A a B senza passare per tutte le lettere dell’alfabeto.
Molto poco è stato fatto nella lotta al parcheggio selvaggio che imperterrito continua ad occupare ogni spazio libero a disposizione, indipendentemente che sia vialetto, giardino, marciapiede, striscia pedonale, spazio moto o biciclette.
Nonostante questo sia vietato vi è un tacito consenso.
Le sanzioni riguardano solo le aree definite da righe blu o gialle, tutto il resto e terra di nessuno, spazio libero di conquista.
L’invasione è continua e non sembra ci sia nessuna volontà di ostacolarla con una seria ma semplice politica di rispetto delle norme e leggi vigenti.
A questo si aggiunge la beffa che molti dei parcheggi interrati,
quelli realizzati, sono molto spesso deserti. Auto in doppia fila in superficie, spazi liberi sotto terra.
Con la beffa che la Darsena recuperata è un’enclave, un’isola affollata di pedoni, circondata da lamiera e gomma, così come lo sono i viali alberati della città, le aiuole, le piazze della movida e così via.
Stesso destino avrà, molto probabilmente, se non si cambia la logica di fondo, la pace recuperata dai nuovi corsi d’acqua dei Navigli , vanificata dalla congestione dei quartieri limitrofi.
Se posso posteggiare senza pagare su un marciapiede del centro di Milano, perché devo pagare il parcheggio di collegamento in periferia o addirittura rinunciare all’auto sotto l’ufficio o di fronte al negozio?
(quanti i negozianti che ogni giorno lasciano l’auto davanti alle loro vetrine senza che nessuno batta ciglio)
Se prendo una multa ogni sette giorni, addirittura scontata del 30%, perché devo sborsare 2 euro all’ora per un posteggio a più di cinquanta metri da casa?
E la cosa più preoccupante è questa politica della mobilità, a fronte di una riduzione minima del parco circolante, genera un’esasperazione negli animi di tutti coloro che sono obbligati ad usare l’auto per i più legittimi motivi.
Un’esasperazione che trasforma un ottimo proposito in una vessazione che, in contrasto con gli iniziali intendimenti, peggiora la qualità della vita di molti cittadini senza soddisfarne altri.
E quindi, come capita spesso, ben vengano le visioni e le utopie, che fanno avanzare il mondo, ma si presti attenzione anche alle cose semplici e insignificanti della quotidianità.
Perché è la somma che fa il totale.
E molte volte non dobbiamo inventarci grandi progetti per raggiungere gli stessi risultati che il rispetto delle leggi vigenti ci garantirebbe.
Gli strumenti sono molti. Si potrebbe partire con i semplici avvisi per passare, dopo un ragionevole periodo, alle multe e arrivare all’unico deterrente reale: il carro attrezzi.
Certo, avremmo contro tutto il partito, assolutamente trasversale, degli automobilisti che, a dire il vero, è già abbastanza irritato.
Ma almeno lo avremmo con la prospettiva di raggiungere un risultato.
Così aumentiamo solo la temperatura e non guariamo la malattia.
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