Milano
Al centrosinistra di Milano non serve “l’uomo forte” ma una leadership condivisa
Storicamente i Sindaci di Milano dopo essere stati primi cittadini hanno fatto poca strada politica, il che è abbastanza strano se pensiamo che Matteo Renzi è stato Sindaco di Firenze e ben due sindaci di Roma si sono candidati alla guida del Paese negli ultimi 15 anni. Forse però non è un caso, ma una caratteristica necessaria per guidare una città dove il ruolo della politica è probabilmente meno determinante rispetto ad altre realtà locali. Il tessuto sociale di Milano è solido. Lo è nelle categorie professionali, nei sindacati, nel volontariato, nelle nuove attività professionali e associative emergenti. Lo è nei quartieri che reagiscono con dignità, compostezza e senso civico anche in situazioni complesse come accaduto a Niguarda con la strage di Kabobo.
Se queste sono le caratteristiche della città, significa che a Milano non serve un uomo solo al comando ma bisogna piuttosto valorizzare una leadership condivisa e riconoscere che in questi anni è quella che ha esercitato Giuliano Pisapia, sia in forma discreta sia mettendosi alla testa della riscossa civica come accaduto il 3 di maggio. L’errore più grande che può fare il centrosinistra oggi è quindi ritenersi indispensabile e autosufficiente. La scelta del futuro Sindaco non può essere una disputa tra renziani o anti renziani; le primarie a Milano hanno sempre funzionato coinvolgendo anche cittadini non militanti e non hanno vissuto i problemi sorti altrove. La storica partecipazione di tanti che non sono dell’inner circle impone però di fare primarie con contenuti chiari e candidati riconoscibili, se questo non avviene diventa una conta fine a se stessa e quindi addirittura controproducente.
Penso che si debba uscire subito dal dualismo pro o contro Renzi perché ci serve un candidato Sindaco che sappia tenere insieme le diverse anime del centrosinistra milanese. Oggi non è, a mio avviso, una questione di far prevalere una sensibilità sull’altra ma di valorizzare una amministrazione complessivamente positiva nel quinquennio e dare una prospettiva di innovazione. Per farlo serve un candidato che sappia rappresentare l’anima della sinistra per lo sviluppo, con la capacità di tenere insieme la sinistra tradizionale e quella dei nuovi lavori, abbia chiara la vocazione ormai fortemente laica della città e la sua storia di cattolicesimo di base e di volontariato.
Vince a Milano una sinistra serena che unisce andando avanti (facile unire senza far niente e assecondando i no), non chi strappa e divide. Tenere insieme queste sinistre è un complicato equilibrismo, ma è necessario e molto più importante che far prevalere un’anima sulle altre. Non ci saranno papi stranieri o uomini soli al comando che consentono di uscire da questo schema, che impone maggiore fatica di decisione ma ci dá anche la garanzia di riuscire a proseguire in un modello Milano che deve saper sostenere i cambiamenti nazionali ma non si può snaturare perdendo la sua identitá. E Giuliano Pisapia in questi anni ne è stato capace sintesi. La città si è dimostrata pronta per un grande evento internazionale come Expo (nel 2011 questo sembrava impossibile e come noto Pisapia non amava nemmeno la manifestazione) e in anni di difficoltà economica del Paese ha avuto performance economiche migliori, crescendo in tutti gli indicatori di smart city, e gestendo comunque bene le dure ondate migratorie. Milano oggi si sente al centro dell’attenzione internazionale come non capitava da decenni.
Verrebbe da chiedersi ancora una volta perché non proseguire per un altro mandato, ma nel concetto di leadership condivisa c’è anche che ognuno di noi è importante ma nessuno è indispensabile. Milano oggi deve quindi pensare in avanti, alle trasformazioni urbanistiche che ci saranno nel Post Expo e che avranno ricadute in diversi quartieri della città a cominciare da Città Studi, trasformare le innovazioni della “smart city” in posti di lavoro, rimettere al centro dell’attenzione le attività di sicurezza e integrazione sociale che devono tenere vive e vivibili le nostre periferie, un tema che riguarda il centrosinistra e che va presidiato con forza.
Per far questo se da un lato Pd, Sel, movimenti civici devono continuare a marciare insieme (condizione necessaria e da sola non sufficiente), dall’altra tutti gli attori della città, gli stessi che hanno partecipato a Milano Domani all’Ex Ansaldo qualche settimana fa, devono sentirsi inclusi in una discussione. Devono sapere che le primarie e le diverse occasioni che ci saranno in questi mesi per discutere del futuro di Milano sono anche cosa loro, non solo dei partiti e non sono chiuse a chi ha storicamente votato centrosinistra anche nei tempi bui dell’opposizione. Il che non significa baggianate assurde come quella di una alleanza locale con Ncd ma invece la capacità, che si è vista anche in questi anni di Giunta, di essere punti di riferimento anche per chi non si riconosceva inizialmente nella nostra coalizione ma che ha individuato in noi un interlocutore valido per far crescere Milano.
Fissiamo quindi con serenità regole delle primarie inclusive sapendo anche che non c’è un premio nelle elezioni vere per chi decide il suo candidato a ottobre/novembre rispetto che a gennaio/febbraio, ma non perdiamo di vista che in un’epoca dove sembrano gli ego e le capacità individuali a guidare l’azione, oggi forse a Milano serve continuare su una politica meno muscolare dove la leadership ci sia, sia forte, ma non in mano a una sola persona ma ad una idea di città dove ognuno, nella politica, nel suo lavoro, nella sua associazione, possa fare la propria parte per realizzarla.
*Pierfrancesco Maran è Assessore alla Mobilità, Ambiente, Metropolitane, Acqua pubblica, Energia del Comune di Milano
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