Giustizia

Addio a Giovanni Bana principe del Foro

22 Marzo 2020

L’avvocato gentiluomo. Era conosciuto così nelle aule di Tribunale della sua Milano Giovanni Bana, tra i più grandi penalisti della sua generazione. Una fama meritata che lo accompagnava anche nei numerosi consessi giuridici internazionali animati dal suo acume e la sua visione.

Giovanni Bana si è spento a Bergamo nei giorni tremendi del virus che sta sconvolgendo la vita e ridisegnando i caratteri e le speranze del nostro Paese. Un altro grande protagonista del diritto che se ne va, pochi giorni dopo l’addio di Piero Schlesinger, maestro del diritto, storico docente e presidente della Popolare di Milano.

Classe 1937 – avrebbe compiuto 83 anni proprio domani, 23 marzo –, Bana si è laureato presso l’Università degli Studi di Milano e da 57 anni era iscritto all’ordine degli avvocati del capoluogo lombardo, da cui ha ricevuto nel 2013 la medaglia d’oro per i cinquant’anni di professione. Insieme ai fratelli Giuseppe e Luigi aveva fondato lo studio legale di famiglia, oggi condotto dal figlio Antonio. È stato Vice-Presidente dell’Unione Avvocati Europei e Presidente della Commissione Diritto Penale Europeo degli Affari e dell’Ambiente dell’Unione europea. È stato inoltre presidente dell’Université d’Été per la Convenzione Europea sul Paesaggio. Dal 2008 Commendatore della Repubblica, vantava stretti e assidui legami con la Francia che lo ha insignito del titolo di Chevalier de la Légion d’Honneur della Repubblica. Nel corso della sua lunga carriera ha partecipato a importanti processi di interesse nazionale e internazionale in tema di diritto penale dell’economia, ambientale e dell’infortunistica sul lavoro.

Signorile. Cortese. Simpatico ed empatico, arguto, sorridente e naturalmente portato ai rapporti con le persone, a suo agio nei più alti consessi scientifici forensi internazionali ma anche nella quotidianità della vita di cancelleria con gli impiegati dei tribunali”, così lo ricorda Luigi Ferrarella, autorevole firma del Corriere della Sera.

Giovanni impersonava quella figura di avvocato da cui tutti dovrebbero trarre ispirazione: tanto garbato nei modi quanto determinato nel suo ministero di difensore, valori che restano attuali ed invincibili anche al più subdolo ed inatteso dei virus“, scrive invece la Camera penale di Milano in una nota. “È una cosa strana pensare che Giovanni Bana non ci sia più – scrivono i penalisti meneghini -. Ma, in fondo, non è proprio così perché quella che oggi avvertiamo è una mancanza ma non un’assenza. Ciao Giovanni grazie per tutto quello che ci hai dato: un patrimonio di insegnamenti che non si disperderà”.

Una guida nell’articolato mondo del diritto ma anche un maestro di vita che trasmetteva i valori dell’umanità, della sensibilità e della generosità arricchiti da uno stile senza tempo, tanto educato e gentile quanto determinato e risoluto. Il primo ad arrivare in studio e l’ultimo ad andarsene, “sempre con un sorriso e una grinta invidiabile, pronto per affrontare un nuovo giorno di lavoro, insegnando a tutti noi come vivere la nostra affascinante professione”, racconta il figlio Antonio.

Giovanni Bana era un uomo di grande cultura, illuminato. “Un uomo d’onore e di valore, autentico ambientalista, campione di sostenibilità e saggezza, un grande amico”. È la voce unanime che si leva in queste ultime ore in memoria dell’avvocato.

L’eredità umana e professionale dell’avvocato Bana è riassunta nel ricordo di Gian Luigi Gatta, docente di Diritto penale e direttore del dipartimento di scienze giuridiche all’Università statale di Milano, suo allievo agli albori dell’esercizio della professione forense: “Lavoratore instancabile, avvocato penalista autorevole, dal tratto signorile, possedeva doti uniche, che non si apprendono sui banchi dell’università ma si coltivano e si tramandano attraverso l’esperienza. Tra queste ne ricordo una: la straordinaria capacità di curare i rapporti personali; con gli avvocati, i magistrati e i professori – che come è stato ricordato coinvolgeva spesso con entusiasmo e curiosità intellettuale in iniziative di studio e conviviali, in Italia e all’estero –, così come con i collaboratori di studio, a partire dai più giovani, e perfino con i cancellieri, ai quali, da giovane praticante, mi presentava raccomandandomi di trattarli sempre col dovuto rispetto”. “Era questa – prosegue Gatta nel suo commiato affidato a Linkedin – una manifestazione della sua attenzione non solo per le persone, ma anche per i dettagli: una dote di fondamentale importanza per un avvocato: saper cogliere l’essenziale e concentrarvisi. Prima del diritto viene il fatto. Lui me l’ha insegnato, e non l’ho mai scordato. Senza un pieno dominio del fatto, il diritto serve a poco”. “E la conoscenza del fatto, così come la capacità di trovare la via per una mediazione – anche questo mi ha insegnato l’avvocato Giovanni – spesso passa attraverso il rapporto, umano, con l’assistito, con i colleghi avvocati, con i magistrati, con i cancellieri e anche con gli agenti della polizia giudiziaria. A tutti mai negava un sorriso e una battuta, nel congedarsi”, conclude il docente.

Numerose ed emozionate anche le manifestazioni di affetto da parte della comunità venatoria nazionale e francese. Giovanni Bana, che aveva ereditato la passione della caccia dal nonno, era presidente onorario dell’Anuu Migrazionisti – guidata a livello nazionale dal 1978 al 2010 – e componente della delegazione italiana presso la FACE (Federazione europea delle associazioni per la caccia e la conservazione): “L’avvocato Bana ha sempre dedicato il suo tempo alla difesa volontaria della caccia. Appassionato di migranti, ha sempre lottato contro i distruttori delle nostre passioni e delle nostre tradizioni. Un conoscitore dell’Europa politica e dei suoi fallimenti anti-rurali. Le sue battaglie le ha sempre combattute in punta di fioretto, affidandosi, da avvocato, alla forza del diritto”.

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