Milano

Addio a Gianfranco Maris, avvocato, partigiano e comunista

14 Agosto 2015

Se n’è andato oggi, segnato dagli anni (tanti) e da una vita irripetibile. Gianfranco Maris è stato un caso raro ed emblematico di come la militanza politica si possa intrecciare alla professione di avvocato senza rinunciare alle diverse coerenze che i due mondi richiedono. D’altronde lui, che era sopravvissuto ai lager nazisti, riusciva a evitare che questa sua cicatrice profonda condizionasse il resto della sua vita: certo, il 25 aprile di ogni anno sfilava in corteo dietro lo striscione dell’Aned, l’associazione dei suoperstiti dei lager, col fazzoletto bianco e celeste al collo. Ma anche di quell’orrore parlava con disincanto, e non ha mai permesso che tutta una vita lunga e ricca si riducesse all’icona di sopravvissuto.

Era comunista fino al midollo, nel modo serio e concreto in cui si era comunisti nell’Italia uscita dalla guerra. Per il Pci più ortodosso fu senatore e soprattutto punto di riferimento nel rapporto con le istituzioni, quando sotto l’attacco terroristico (che aveva, va ricordato, nella presenza di un Pci forte e credibile il suo ostacolo principale ) comunisti e apparati dello Stato realizzarono un patto di ferro, che ebbe in Ugo Pecchioli il suo esponente piu noto ma che viaggiò in concreto nel lavoro quotidiano di uomini come Maris. Eppure va ricordato anche che intanto faceva l’avvocato, e lo faceva bene, senza timore di rovinarsi la reputazione: perché quegli erano anni, a differenza di oggi, in cui un avvocato veniva rispettato in Procura e in tribunale anche se svolgeva fino in fondo e senza sconti il suo dovere come legale di uomini del crimine organizzato, convinto che anche essi avessero diritto al rispetto dei loro diritti processuali.

Poi venne l’epoca dei pentiti, in cui Maris entró da protagonista, assumendo la difesa del collaboratore di giustizia piu difficile di tutti: Leonardo Marino, il pentito del caso Calabresi. Perché se difendere i Peci e i Sandalo era facile, tanto visibile era il contributo dato allo smantellamento delle bande armate, difendere l’ambulante di Bocca di Magra che aveva fatto finire in galera Adriano Sofri volle dire mettersi contro un universo che (non solo a sinistra) considerava il processo milanese una colossale montatura, e la presenza di Maris accanto a Marino la prova provata della compromissione del Pci nella congiura. Delle minacce che gli piovevano addosso, non sembrò mai preoccuparsi: e in questo, verosimilmente, l’esperienza del lager contribuirà dargli scorza.

I suoi figli, Gianluca e Floriana, hanno continuato sulle sue orme nella difesa dei pentiti, anche e sopratutto quelli di malavita organizzata: ma sempre con lo spessore di chi fa l’avvocato davvero e non ha voglia di farsi usare.

 

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