Giustizia
A Milano le denunce per violenza di genere sono raddoppiate in quattro anni
Nella settimana in cui a Milano, come nel resto d’Italia, la società si mobilita nella lotta alla violenza di genere (come in molte altre città italiane, anche a Milano in questi giorni i teatri, le università, le scuole e gli ospedali sono sede di numerose iniziative dedicate al contrasto e alla prevenzione della violenza sulle donne, e si stima che il presidio “Il patriarcato uccide” previsto per sabato mattina alle 11 in via Beltrami, largo Cairoli ospiterà più di 5000 persone), il Tribunale di Milano ha rilasciato i primi dati ufficiali relativi alle denunce e alle misure di contrasto adottate nel 2023.
Secondo i dati, che si riferiscono al periodo che va dal 1 gennaio al 31 agosto, le denunce per violenze e maltrattamenti contro familiari o conviventi sono 2053 (quasi il doppio rispetto al 2019, quando per lo stesso periodo le denunce ammontavano a 1510), quelle per atti persecutori (o stalking) sono 558, per violenza sessuale (o minaccia della stessa) sono 517 (nel 2019, 339) e quelle per violenza sessuale di gruppo sono 20 (nel 2019, 12). A questi numeri, poi, si devono sommare quelli delle denunce c.d. “contro ignoti”, ovvero quelle denunce che vengono presentate contro soggetti sconosciuti alla vittima, e da identificare durante il procedimento. In questo caso, le denunce per violenza e maltrattamento sono 205, quelle per stalking 55 (unico dato questo drasticamente sceso, dato che nel 2019 erano 99) e quelle per violenza sessuale, individuale o di gruppo, sono 453 (179 nel 2019).
Per quanto poi riguarda le sentenze emesse dal Tribunale, stando ai dati aggiornati al 31 ottobre 2023, si registra che il numero totale delle sentenze è aumentato da 732 a 930 (+121 rispetto all’anno 2022); di tali sentenze, il 53% sono di condanna, il 23% di non doversi procedere e il 23% di assoluzione (“Attenzione però, questo non vuole sempre dire che il fatto non sia avvenuto” ricorda Maria Letizia Mannella, Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Milano e coordinatrice del Dipartimento per la tutela della famiglia, dei minori e di altri soggetti deboli “A volte capita che le donne, dopo aver presentato denuncia o sporto querela, ci ripensano e, nel corso del procedimento, si trovano a ritrattare, minimizzare, a volte negare di aver subito violenza. Questo capita soprattutto quando si tratta di comportamenti tenuti in ambito endofamiliare, o da violenze commesse da individui molto vicini alla vittima. Si tenga presente che, dal punto di vista del procedimento penale, i reati di genere rappresentano una fattispecie molto delicata. Per questo, per quanto in sede processuale il Tribunale adotti una serie di specifiche cautele per agevolare quanto più possibile l’iter giudiziario – tra queste il fatto che, in attesa delle udienze, le denuncianti attendono in stanze separate rispetto agli imputati; inoltre, si ricordi che l’Ordine degli Avvocati di Milano mette a disposizione sportelli di ascolto e orientamento legale a disposizione di chi ne ha bisogno – bisogna sempre stare attenti quando si guarda a questi numeri, perché dietro di essi ci sono storie di rapporti intimi, famiglie, relazioni…”). Per quello che invece riguarda le pene, i dati ufficiali riportano che la pena maggiormente irrogata consiste in da 2 a 3,9 anni di carcere (a seguire, la pena di 1-1,9 anni), e si registra un aumento del 12% rispetto alla pena nella fascia 4-6,9 anni di carcere. Tra le misure cautelari, le più diffuse sono la richiesta di applicazione o la modifica della custodia cautelare in carcere, e l’allontanamento dalla casa familiare.
Rispetto all’identità di vittime e imputati, poca la differenza rispetto agli anni scorsi: stando ai dati del Tribunale di Milano, infatti, la distribuzione per sesso e nazionalità rimane abbastanza stabile, con il 92% degli imputati di genere maschile, di cui il 60% italiani (+1% rispetto al 2022) e di età prevalentemente tra i 26 e i 35 anni (25% degli imputati, a fronte di un 20% di individui nelle fasce comprese tra i 36 – 45 anni e i 18 – 25 anni). Tra le persone offese, il 73% sono italiane (+9%) e l’età maggiore è quella compresa tra i 26 e i 35 anni (25%), seguita dalla fascia 18-25 anni (20%).
In merito a questi ultimi dati (che sono necessariamente da leggere, precisano gli uffici della procura, in relazione al numero dei cittadini presenti sul territorio del Tribunale di Milano) si è espresso, in occasione del convegno #nonseisola ospitato da Palazzo Pirelli martedì 21 novembre il Presidente del Tribunale di Milano Fabio Roia, che ha dichiarato: “Di questi numeri, il dato che più mi preoccupa riguarda l’età di chi commette questi reati: il 40% ha tra i 18 e 35 anni, e questo è sintomo della trasmissione del modello patriarcale anche nelle nuove generazioni”. Le motivazioni? “Possono derivare o dalla trasmissione di questo modello a livello familiare, o dall’assenza di efficacia nella prevenzione in ambito scolastico, dove il messaggio dell’educazione al rispetto delle diversità non viene colto”. D’altro canto, continua il Presidente, da questi dati emerge anche un trend positivo: sono aumentati, e di molto, i procedimenti intentati da donne di età compresa tra i 18 e i 25 anni. “Questo numero ci dice che le ragazze più giovani denunciano di più rispetto alle loro mamme e alle loro nonne, e che una consapevolezza su questi temi sta man mano avanzando nella società”. Per questo è necessario continuare, non oggi, ma ogni giorno, a impegnarsi nella lotta alla violenza di genere: perché nessuna donna, a Milano o altrove, si trovi o sia più costretta a subire e sopportare della violenza. Nessun genere di violenza.
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