Milano

Fra piacere della pittura e quello del palato nelle Gallerie d’Italia a Milano

7 Ottobre 2016

La michetta: ovvero quanto di più milanese possa esserci in materia di pane. Allora andiamo a cercarla nella piazza più milanese di Milano, quella della Scala, entrando nel museo ospitato nei palazzi storici di Intesa Sanpaolo. Bene, ora entriamo nella caffetteria che fa parte del complesso museale delle Gallerie d’Italia, in quella che era stata la sede della Comit, la Banca commerciale italiana. Non è un club inglese, ma le poltrone imbottite di cuoio ci sono, quindi sediamoci, mettiamoci comodi, e godiamoci l’ambiente concepito dallo studio De Lucchi per gli spazi dove un tempo c’erano i bancomat e i servizi bancari.

La storia alla fin fine è semplice: gli austriaci hanno portato a Milano i panini. Già, perché noi pensiamo che di la dalle Alpi si mangino solo pagnotte fatte con farine scure, ma le cose non stanno così. L’Austria è chiamata dai tedeschi Semmel Land, ovvero la terra dei panini, il luogo dove il nero Brot di segale diventa il bianco Brötchen, o Semmel, di frumento. Quando nel 1713 la Lombardia diventa austriaca arrivano anche questi panini bianchi del tutto simili alle nostre rosette, tanto diversi dalle pagnotte da affettare conosciute in precedenza. C’è un problema, tuttavia: nell’umidità lombarda i panini diventano subito mollicci e gommosi, non rimangono fragranti come nelle piane danubiane battute dai secchi venti del nord. Bisogna trovare una soluzione: la risposta è gonfiare – soffiare – quei panini, in modo da cambiarne la consistenza ed evitare che assorbendo l’umidità diventino dei tiramolla. Nasce così la michetta, detta anche soffiato in altre zone dell’Italia settentrionale.

Ora lasciamo per un po’ i bei tavoli di deCanto per entrare nel Museo e andare a vedere com’è stata effigiata questa benedetta michetta. Trascuriamo i capolavori novecenteschi di Cantiere .2 e quelli ottocenteschi che costituiscono i due terzi delle 300 opere esposte e saliamo al primo piano, dove si trovano i dipinti di soggetto milanese – un’affascinante storia pittorica della città. Una sala è dedicata alle grandi tele di Gerolamo Induno che rappresentano le battaglie risorgimentali.

La presa di Palestro del 30_Maggio_1859
Gerolamo Induno, La presa di Palestro, Gallerie d’Italia, Milano

Il quadro La presa di Palestro del 30 maggio 1859 mostra soldati piemontesi e zuavi francesi dopo la battaglia, con alcuni prigionieri austriaci. Al centro due ufficiali e alla loro destra, seduto sull’affusto di un cannone, un soldato taglia una milanesissima michetta. Trovata.

Le chiavi per visitare la sede milanese delle Gallerie d’Italia – le altre due sono a Napoli e a Vicenza – sono svariate: si può seguire il filo del cibo, il paesaggio o quello dei vestiti. Il quadro de I due Foscari di Francesco Hayez, per esempio, costituisce una lezione sulla moda rinascimentale, oltre a essere un indiscutibile capolavoro.

Francesco Hayez - I due Foscari
Francesco Hayez, I due Foscari, Gallerie d’Italia, Milano

Il senso, in ogni caso, è trascorrere qualche ora tra il piacere della pittura e quello del palato, di entusiasmarsi tra i dipinti e rilassarsi con una bevanda o un piatto gustoso ai tavolini della caffetteria. Il locale, comunque, è contiguo, ma non inglobato nelle Gallerie e quindi può essere usufruito indipendentemente dalla visita all’esposizione.

Alle pareti dell’antisala sono esposti i tabelloni che illustrano il Progetto cultura, sul grande tavolo sono in consultazione i cataloghi che si trovano in vendita nella vicina libreria e si possono prendere i pieghevoli dove si spiegano le varie iniziative. Nella sala della caffetteria tavolini e sedie di legno chiaro e la luce soffusa contribuiscono a rendere l’atmosfera piacevole e rilassante.

Il museo di piazza della Scala ospita una delle più importanti collezioni italiane di arte contemporanea, oltretutto in continuo movimento, perché se la parte ottocentesca è fissa, quella novecentesca varia ogni paio d’anni, e se Cantiere .1 aveva un criterio cronologico, quello .2 è suddiviso per tematica: bianco, colore, spazio, tempo.

Come spesso accade, le cose più affascinanti sono anche quelle più nascoste e, aldilà dei capolavori, la visita al caveau (non sempre aperto, è bene informarsi quando lo sia) è davvero fuori del comune. Passata una spessa porta d’acciaio si entra in un ampio locale che un tempo ospitava le cassette di sicurezza. Come tutto il resto della banca, costruita da Luca Beltrami, architetto, tra il 1906 e il 1906, doveva dare un’impressione di solidità e così la volta è sorretta da quattro colonne di granito dell’isola di Santo Stefano, nell’arcipelago di La Maddalena. Le pareti di cemento sono spesse un metro e mezzo, con una grata di metallo ogni cinque centimetri.

Per togliere le cassette di sicurezza, che erano state inglobate nelle pareti sono state necessarie microcariche esplosive. Al loro posto sono state sistemate griglie scorrevoli con i quadri. Ce ne sono circa 500 in questo caveau e spesso si muovono perché se ne vanno quelli destinati alle esposizioni e ne arrivano altri conservati nei diversi caveau delle oltre duecento banche che sono entrate a far parte del gruppo Intesa Sanpaolo. Del tutto particolare è la collezione di poesia visiva: la più importante del mondo.

Non sembri irrispettoso non nominare gli Hayez, i Segantini, i De Chirico, i Fontana, i Burri, gli spartiti originali del Falstaff di Giuseppe Verdi esposti in quegli spazi. Parlare di una michetta anziché di un capolavoro può sembrare blasfemo. Si è però voluto sottolineare che lo spazio delle Gallerie d’Italia sono luoghi da assaporare, non solo da ammirare. La cultura consente di trascorrere momenti rilassanti e non solo esaltanti.

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