Messina
Cannabis, fatturato da 10 mlrd di euro: la conferma dall’università di Messina
Uno studio dell’università di Messina, che arriva direttamente dal dipartimento di Scienze cognitive, pedagogiche e degli studi culturali, e in collaborazione con la campagna di sensibilizzazione portata avanti da “Meglio Legale” – un progetto che ha coinvolto parlamentari, medici, giornalisti e diversi esponenti della società civile – conferma ciò che da tempo si suppone sulla legalizzazione della Cannabis: maggiori introiti allo Stato e un serio contrasto alle narcomafie. Le ricerche degli economisti Ferdinando Ofria e Piero David, presentate lo scorso 15 gennaio hanno indagato le potenzialità e gli effetti del fenomeno: dalle possibilità finanziarie ai risvolti giuridici, ma anche le questioni legate alla comunicazione che il tema apre.
«Se si analizza il consumo di Cannabis nel nostro paese si evidenzia subito come questa sia la sostanza più diffusa sul mercato illegale. Ciò risulta evidente, oltre che dalle inchieste condotte sui consumatori, anche dal posto che la sostanza ricopre nelle azioni di contrasto: il 58% delle operazioni antidroga sono per la cannabis che ricopre il 96% dei quantitativi sequestrati» ha affermato l’economista e ricercatore Piero David. Uno studio comparato anche ai risultati ottenuti negli Stati Uniti d’America. Il modello americano è stato preso d’esempio per un confronto con il mercato italiano: gli economisti hanno stimato che in primo luogo ci sarebbe una riduzione delle spese statali per la proibizione della produzione e della vendita. Sarebbero quindi inferiori le spese per le forze dell’ordine, magistratura e sistema carcerario. Per questa attività lo studio di Ofria e David stima un risparmio nel nostro Paese di 600 milioni di euro.
Costi e benefici della legalizzazione della cannabis in Italia
Per la stima dei consumatori di Cannabis in Italia si possono usare tre metodologie: i dati provenienti dai questionari dell’indagine IPSAD, l’analisi delle acque reflue dell’indagine “Aqua Drugs” oppure il calcolo del consumo in base ai sequestri annui. I dati IPSAD risultano però sottostimati, ma applicando un prezzo medio di 10 euro al grammo si conta un consumo per 4,4 miliardi di euro. Utilizzando i dati dell’indagine “Aqua Drugs” – che si basa sull’analisi delle acque reflue dei depuratori applicate alla cannabis e che è stata scelta dai due economisti per il loro studio – si stima un’offerta complessiva annua sui 9 miliardi di euro. I sequestri sono il report più attendibile: se ci bassissimo su questi, il fatturato annuo sarebbe di 11,6 miliardi di euro.
INTERVISTA A PIERO DAVID
– Di cosa si è occupato lo studio dell’università di Messina?
– «Abbiamo trattato principalmente due questioni legate al fenomeno della legalizzazione della Cannabis: l’analisi dei costi e dei benefici che ci potrebbero essere anche in termini sociali, e quindi di contrasto alla criminalità organizzata, e abbiamo tracciato un focus sui risultati provenienti dalla legalizzazione nel Colorado, uno degli stati d’America che da più tempo ha legalizzato il mercato».
– Si dice spesso che la “questione morale” e l’influenza della Chiesa ostacolino fortemente il processo di legalizzazione della Cannabis. Crede che sia solo questo il problema o c’è qualcos’altro?
– «Non credo che la mafia influenzi direttamente la politica se non qualche deputato. La Chiesa ha il suo peso, ma è anche un discorso generazionale, di sbilanciamento verso la popolazione anziana. Generalmente, quando la platea è giovanile, c’è una condivisione quasi totale sulle normative. Se la platea è anziana c’è spavento e ostilità. Bisognerebbe superare la paura verso una sostanza che non si conosce».
– In che modo?
– «In 36 stati degli Usa la cannabis medica è legale. Bisogna cominciare da lì. Ciò consentirebbe di farla entrare nelle famiglie e far capire a tutti che non è una sostanza pericolosa. Che oramai da anni, in America, si prescrive per il sonno o per altre malattie. Le famiglie americane hanno capito che non c’è ragione per non legalizzarla. Un aspetto quindi che è legato ancora ad alcuni stigmi sociali. Quindi potenziare la legalizzazione a scopi medici e meno restrizioni per la cannabis light»
– La campagna di sensibilizzazione può partire anche dalla Cannabis Light? Perché in Italia il fenomeno stenta a decollare…
– «Il problema sono le norme. Non si può lanciare un mercato lasciando l’incertezza normativa. Nessuno investe soldi sapendo che la mattina dopo potrebbero chiudere il negozio. Un dibattito serio parte dallo studio del fenomeno, comprendendo che tra dieci anni in tutta Europa sarà legalizzata a scopo ricreativo sulla scorta di ciò che sta avvenendo in Canada e negli Usa, nonostante le restrizioni delle norme federali. Anche negli Stati dove ha trionfato Trump si è arrivati alla legalizzazione. Adesso con Biden sicuramente ne arriveranno altri. Bisogna stimolare un dibattito serio, non ideologico. E le norme per la cannabis light devono essere chiare, per aumentare la produzione e incentivare gli investimenti».
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