Benessere
Terry, Julie, il tramonto e la Waterloo Station
Il sole tramonta tra le cupe nuvole dell’ennesimo giorno di pioggia londinese. Migliaia di persone si accalcano, a piedi, in bus rossi o taxi neri, ed attraversano il Waterloo Bridge per arrivare alla Stazione da cui, ogni sera, oltre un milione di persone, che hanno passato la giornata a lavorare nella capitale, torna a casa in treno.
Terry e Julie sono due ragazzi innamorati, immersi nella profonda tristezza di quelle strade piene di smog e pioggia, e che passeggiano nella direzione inversa. Non siamo più nel 1966, ma Terry e Julie sono ancora lì, le generazioni trapassate al sordido confine del Tamigi sono sempre uguali, non cambia nulla. È solo aumentato il numero di persone che si accalca per lasciare Londra.
È una scena di pura disperazione, descritta da un uomo che abita nei piani alti del Southbank Place, o nei minuscoli e costosi appartamenti della Belvedere Road, e guarda il sole che cala, la marea che ondeggia nel freddo piovoso imbrunire verso sud, e quei due ragazzi, che si sorreggono, tenendosi per mano, per non essere risucchiati, e guardano verso il tramonto, e si sentono liberi e felici. È una scena eterna, già descritta dal poeta William Wordsworth nel 1802: “Non ho mai visto, non ho mai sentito una calma così profonda! Il fiume scorre imperturbabile: Mio Dio! Le case stesse sembrano addormentate; E tutto quel cuore potente giace immobile!” Poco importa se il fiume sia sempre sporco e tutta quella città monumentale sia divenuta un formicaio. Terry e Julie non hanno bisogno di nulla e di nessuno, ed adorano il tramonto di Waterloo.
Potrei raccontarvi di come questa storia sia nata, ma rovinerebbe tutto. David Bowie disse: Waterloo Sunset è la più bella, vivida e vera immagine di Londra che sia mai stata scritta. E Dave Davies, che ha scritto il riff di chitarra, racconta che, all’inizio, suo fratello Ray non la voleva cantare, perché lo commuoveva troppo. Del resto quella band, The Kinks, ha scritto dei veri e propri poemi sulla Londra delle periferie, che sono ancora oggi delle colonne della cultura britannica. Tutte cose nate nelle passeggiate di due ragazzi innamorati, Ray Davies e la sua giovane moglie lituana, Rasa Didzpetris, che era immigrata in cerca di libertà ed era stata travolta dalla tristezza di Londra… una tristezza che la porterà, sette anni più tardi, a lasciare il marito e la città.
Ma questo non cambia nulla. La canzone esiste a prescindere e commuove anche me, che ho sempre odiato Londra, una città isterica, costruita per pochi ricchi e per i milioni di schiavi che sono necessari per rallegrare i potenti e che, due volte al giorno, affollano le stazioni cittadine della loro fretta malinconica. Anche per questo, a Londra ci sono andato solo e sempre per lavoro, cercando di andarmene il più presto possibile – specie dopo aver scoperto che la Via dei Ciliegi, in cui abitava Mary Poppins, non esiste, ma è la trasposizione dei palazzi signorili intorno a Kensington Square – mentre l’autrice abitava in un palazzo di mattoni di fuliggine a Chelsea.
Non importa, l’ho già detto. Waterloo Sunset è speciale, è triste e romantica, è consolatoria, ed è eterna. Nella prima settimana d’aprile del 1967, 53 anni fa, Ray Davies porterà il brano in sala prove, e la sua band lo registrerà per farne un capolavoro immortale.
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