Londra
Bazz Pheloung, il cuore malinconico dell’Australia contadina
L’Australia è un paese disperante, nel quale secoli di colonizzazione britannica non hanno mai risolto il problema della socializzazione mancata, della solitudine, della malinconia, ma l’hanno esasperato: una natura selvaggia e spesso nemica, distanze incolmabili, nulla dell’epopea delle fertili vallate degli Stati Uniti, ma condizioni più vicine a quelle della jungla o, in alternativa, al deserto.
Barrington Pheloung è nato nel 1954 in un paesino dell’area di Sydney, che allora era distante quasi 20 km dalla città ed aveva poche centinaia di abitanti – oggi è semplicemente un quartiere periferico stracolmo di gente, con una spiagga iperaffollata in cui gli abitanti della metropoli vanno a fare il bagno la domenica. Ma a quei tempi, il figlio di una infermiera tedesca fuggita dai bombardamenti e di un immigrato irlandese, non poteva scegliere dove abitare, ed i Pheloung vivevano dove potevano permetterselo. Dalla sua gioventù borghese tedesca la mamma aveva ereditato un piano, sul quale il piccolo Bazz (lei lo chiamava così) ha imparato a suonare insieme a suo fratello, il piccolo Pip, nelle lunghe giornate di vuoto, quando era chiusa la scuola ed i genitori erano al lavoro.
Il padre però ne capisce il talento, e la famiglia fa di tutto per aiutarlo. Prende lezioni, suona anche la chitarra, e nei fine settimana suona cover nei bar per pochi spiccioli a contadini e portuali ubriachi. Poi scopre Johann Sebastian Bach e rimane fulminato. Nel 1972, appena finita la High School, va a vivere a Londra da una zia, e con dei lavoretti si mantiene al conservatorio. Impara ad adorare i classici, ma soprattutto la nuova musica classica, quella che ancora oggi è struggente, viva, contemporanea: Satie, Rodrigo, Ginastera, Copland. Sono nomi che probabilmente non conoscete, ed è un gran peccato.
Si diploma con ottimi voti e viene notato dall’industria cinematografica, che lo invita a comporre colonne sonore per la TV, per i film, per il teatro – ma lui continua a scrivere anche per la desolazione dell’anima del suo paese d’origine così lontano. Le sue musiche per i balletti del London Contemporary Dance Theater vengono premiate diverse volte, finché lui, nel 1979, ne diviene il direttore artistico, e sposa una delle ballerine, Anita Griffin: “Mi è piaciuto perché era un uomo che traboccava dolcezza e sentimento, ma non parlava quasi mai con la voce. Gli danzavano le mani e gli occhi. In 15 anni mai una parola di troppo. Era estenuante”. Lei lo lascia nel 1994, quando lui è all’apice del successo professionale e personale.
La delusione lo cambia. Bazz decide di spezzare il guscio e di aprirsi al mondo, ed in pochi mesi cambia il taglio di capelli, i vestiti, il modo di vivere. Chi lo ha conosciuto dopo il divorzio parla di un uomo spiritoso e sempre pronto a raccontare aneddoti interessanti – ma soprattutto pronto ad ascoltare gli altri. Anche per questo, Bazz ha delle amicizie tenacissime, come quella con l’ex primo ministro John Mayor, ed adora il cricket, che è uno sport infinito (una partita completa dura un’intera settimana, diverse ore al giorno). Per il resto sfugge la vita pubblica.
Il suo capolavoro rimane “Endeavour”, che nel 1991 vince il premio come migliore aria di musica classica dell’anno – e che diventerà la colonna sonora di una serie TV sulla vita di un giovane ispettore di polizia di Oxford, che vive una giovinezza professionale di solitudine ed umiliazioni, nonostante riesca a risolvere i casi più difficili che, ogni volta, mettono a nudo la barbarie profonda che arde sotto la superficie dell’ipocrita e gelida cortesia della piccola borghesia di una nazione che ha perso il suo impero, il suo orgoglio, la sua identità. Quando, in un’intervista, gli chiedono cosa pensasse della Gran Bretagna, rimane muto, con gli occhi tristi.
La sua musica, nel Regno Unito, è nota al di là dei confini degli amanti della musica classica. La sua seconda moglie, Heather, spiega: “La ascolti quando piove, ti scava dentro, segue il ritmo delle gocce pesanti che scavano il cielo e la terra, e ti regala pace”. È morto due anni fa, i suoi polmoni erano ammalati da anni (tant’è vero che aveva dovuto smettere di lavorare al teatro poco dopo i 50 anni d’età), e ad un certo momento hanno smesso di sorreggerlo. Quella pioggia che ha cantato per oltre mezzo secolo, dopo avergli riempito l’anima, è traboccata e lo ha ucciso.
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