Genova

Quel che non funziona, da tanto tempo, nel sistema autostradale italiano

15 Agosto 2018

Quasi dieci anni fa scrissi questa recensione al bel libro di Giorgio Ragazzi. Mi pare ancora di grande attualità e interessante da riproporre oggi per diversi motivi. Il primo luogo, c´è la stringente attualità dell´analisi lì sviluppata. Ma anche perché quello che oggi manca è un dibattitto pubblico informato, capace di avere una visione proiettata nel tempo, meditata e ben contestualizzata. Una riflessione capace di comprendere l´economia, la politica e la società. Tutte cose piuttosto noiose, che richiedono tempo e attenzione e che vengono in genere lasciate agli addetti ai lavori (anche se ormai è evidente lo scadimento delle capacità dei decisori pubblici, mentre il settore privato è sempre più schiacciato sui ritorni immediati). Di una simile discussione ce ne è bisogno: i trasporti sono una delle maggiori fonti di emissioni inquinanti, e per di più una dei pochi settori in cui tali emissioni sono in crescita. Una analisi di lungo periodo, riflessiva, non gridata è indispensabile sia per gli investimenti in ballo, sia per poter avviare politiche di mobilità sostenibile. Anche perché a soli due giorni del crollo del viadotto Morandi, ormai la discussione è già centrata su quanto ricostruire (cioè sulla realizzazione della “Gronda”).

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Perché in Italia si paga il pedaggio per le autostrade? Come mai in Italia si continua a pagare il pedaggio nonostante le autostrade siano state costruite 40, 50 anni fa e i costi di costruzione sono stati ormai ripagati? Per quale ragione le concessioni autostradali sono state rinnovate per periodi lunghissimi e perché lo Stato non è subentrato nel loro esercizio?

Queste sono le domande che Giorgio Ragazzi, economista, si pone in forma pacata ma pungente, raffigurando un intreccio opaco tra poteri pubblici e interessi privati, al di fuori di ogni controllo democratico. Già l’idea di affidare in concessione la costruzione di un’opera pubblica offre il destro per numerose e valide critiche. Ma l’attenzione dell’autore è centrata sugli anni recenti, a partire dalla volontà di privatizzare, per fare cassa, la società dell’Iri “Autostrade”. Per rendere più appetibile l’operazione, si prorogò la durata della concessione e l’operazione premiò un pool di banche e imprenditori (tra cui spicca il nome della famiglia Benetton), scaricando i costi della successiva Opa sulla concessionaria stessa (cioè agli utenti che pagano il pedaggio).

In un groviglio di politica (di entrambi gli schieramenti), alta finanza, commis d’Etat si è poi venuto a definire un perverso meccanismo di computo dei pedaggi, ovviamente favorevole alle concessionarie; pedaggi, come detto, ormai slegati dalla ratio di rifondere i capitali privati e pubblici impegnati nell’opera di costruzione. Per di più la proroga della concessione ad “Autostrade” ha avuto un effetto domino sulle altre società titolari, con la proroga delle scadenze per l’intero comparto; il tutto giusto in tempo per evitare che la normativa Europea imponesse gare pubbliche per l’affidamento della concessione stessa.

Ne emerge un quadro avvilente di commistioni, in cui anche l’erario ha i suoi vantaggi, essendo tra Iva e altri diritti, beneficiario di circa un terzo dei pedaggi.

Giorgio Ragazzi, I signori delle autostrade, Bologna, Il Mulino, 2008.

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