Genova
GENOVA Inquilini in piazza. Toti scarica sul governo
Per il segretario del SUNIA di Genova, Bruno Manganaro, che abbiamo intervistato, la casa, con lavoro e salario, è un’emergenza a cui non si risponde con la propaganda. E da ex sindacalista FIOM, dice, contro il caro affitti serve anche il salario minimo.
La scorsa settimana a Genova SUNIA, SICET e UNIAT, i sindacati degli inquilini di CGIL, CSIL e UIL, hanno manifestato davanti alla Regione Liguria e sono stati ricevuti dall’assessore Marco Scajola, ma si sono dichiarati insoddisfatti per l’esito dell’incontro (VIDEO: Agorà RAI – Good Morning Genova). Con Bruno Manganaro, segretario generale del SUNIA ed ex leader della FIOM genovese, cerchiamo di capire quali sono i problemi, i pezzi di società più colpiti dall’emergenza abitativa e quale strategia sta cercando di mettere in campo il sindacato inquilini nel capoluogo ligure.
Nei giorni scorsi il SUNIA di Genova ha manifestato davanti alla Regione Liguria. Perché?
A Genova ci sono circa 11.000 case popolari che da anni non ricevono interventi di manutenzione: infissi, caldaie, murature, impianti idraulici ed elettrici. ARTE, la società regionale che gestisce il patrimonio residenziale pubblico, aveva individuato nel superbonus edilizio il meccanismo per intervenire nel risanamento delle abitazioni. Il progetto prevedeva l’intervento su 6.000 appartamenti. Questo programma, però, presentato per mesi a gli inquilini si è infranto contro il decreto del Governo Meloni, che ha nei fatti cancellato il superbonus. Fallito questo tentativo era ed è ancora necessario che la Regione individui l’alternativa finanziaria per rispondere al problema dei lavoro di manutenzione. Di qui il volantinaggio nelle case popolari e il presidio davanti alla Regione Liguria. Inoltre abbiamo denunciato che alcuni costi di gestione di ARTE vengono ingiustamente scaricati sulle spese di amministrazione degli inquilini. Una battaglia difficile ma necessaria.
La giunta regionale ha reagito con nervosismo. Mi è sembrato significativo che l’assessore alla casa abbia invocato come attenuante la cancellazione del fondo per il sostegno agli afffitti e alla morosità incolpevole, fatto da un governo dello stesso colore della giunta regionale ligure. Secondo te è questa la ragione del nervosismo o capiscono che il tema casa rischia di diventare una bomba sociale?
Il giorno prima del presidio il presidente Toti e l’assessore regionale hanno comunicato alla stampa di aver trovato 11 milioni per tutta la Liguria, una goccia nel mare. Ma è apparso chiaro che la Giunta era preoccupata di doversi esprimere su un tema delicato come la casa e la manifestazione è diventata un pericolo. Hanno preso le distanze dai tagli del governo, ma sanno che questo tema parla delle case popolari, degli affitti privati, dei giovani, degli immigrati, degli aumenti dei mutui. Dopo il lavoro e il salario la casa è un’emergenza per vari settori sociali. Inoltre il tema della casa da alcuni mesi è tornato nella cronaca nazionale e non è risolvibile con la propaganda. Gli affitti aumentano: a Genova mediamente del 25%. Aumentano i mutui, il lavoro è precario e/o con bassi salari e la ricerca di una casa in affitto è l’unica possibilità per abitare in modo indipendente. Se a questo si aggiunge la necessità di ospitare migliaia di immigrati, per garantire loro una giusta accoglienza ma anche per coprire la domanda di manodopera, è chiaro che la casa diventerà sempre più un’emergenza sociale.
Dalle tue parole emergono problemi differenti ma collegati tra loro: i salari già bassi che non tengono il passo con l’inflazione, i pasticci dei vari governi sul superbonus, una gestione fallimentare delle case popolari, l’assenza di regole sugli affitti brevi e il problema dei giovani, che sono penalizzati sia come studenti sia come lavoratori. Come si interviene in questo ginepraio?
Bisogna individuare obiettivi specifici su ogni tema, tenendo però legati fra loro i diversi settori sociali. Per le case popolari servono manutenzioni ma anche nuove abitazioni ERP, visto che la domanda –3.000/4.000 famiglie – è superiore all’offerta – 120 abitazioni assegnate ogni anno. Le amministrazioni pubbliche devono recuperare strutture abitative da gestire direttamente per l’edilizia popolare. Bisogna tassare maggiormente chi tiene appartamenti sfitti – a Genova sono almeno 35.000 – e incentivare i contratti d’affitto concordati. Il costo dell’affitto non può pesare oltre il 25% del salario. Inoltre bisogna rifinanziare il bonus affitto, individuare strutture abitative per studenti fuori sede, tassare le società e le proprietà immobiliari che con gli affitti brevi costruiscono rendite finanziarie e drogano il mercato degli affitti. Sennò le città vengono svuotate di studenti, lavoratori e4 pensionati.
A Genova quali sono le priorità che vi siete dati e come pensate di intervenire sui diversi aspetti della questione casa?
Siamo partiti dalle case popolari, dove si raggruppano inquilini con gli stessi problemi e la stessa controparte. Abbiamo aperto degli sportelli con dei volontari che una volta alla settimana per qualche ora fanno consulenza nei quartieri agli affittuari sia delle case popolari che private. Abbiamo individuato spazi nelle società di mutuo soccorso, ANPI, associazioni ricreative, ARCI e comunità di San Benedetto dove insediarci per avere una presenza capillare in città. Tramite i vari associati di queste strutture cerchiamo anche di far conoscere il Sindacato Inquilini e di entrare in relazione con chi ha problemi sulla casa. Firmiamo e diffondiamo i nostri volantini con GenovaSolidale utilizzando la loro rete di assistenza alle famiglie più bisognose sia italiane che immigrate. Per quanto riguarda gli sfratti, intendiamo mobilitarci ogniqualvolta gli ufficiali giudiziari si presenteranno nelle abitazioni per renderli esecutivi. Su questa emergenza rivendichiamo un tavolo di confronto in Prefettura e il rifinanziamento del fondo contro le morosità incolpevoli. Infine proveremo a trattare col Comune un piano casa che assicuri a chi non ha i requisiti per una casa popolare, ma ha bisogno di una casa adeguata al proprio salario e reddito, di avere almeno un affitto calmierato o a equo canone.
Tu hai fatto il segretario generale della FIOM fino a poco tempo fa: dal punto di vista sindacale qual è secondo te il modo per far sì che i salari riescano a star dietro ai canoni di affitto, all’aumento dei tassi sui mutui e alle bollette?
Bisogna rivendicare aumenti salariali almeno pari all’inflazione reale, mediante contratti da rinovare ogni anno per non perdere potere d’acquisto. Ma se vogliamo migliorare la condizione economica servono anche aumenti oltre l’inflazione. In assenza di un meccanismo di scala mobile salariale il rinnovo annuale è l’unico strumento di difesa degli stipendi. Poi servono una cassa integrazione e un’indennità di disoccupazione pari al 90% dell’ultimo stipendio netto e un salario minimo per legge per tutti i lavoratori e le lavoratrici. Tutte queste cose non solo servono, ma servono subito.
Intervista pubblicata sulla newsletter di PuntoCritico.info del 16 maggio.
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