Genova

Dramma a Genova, i privilegi dei concessionari autostradali: da Gavio a Benetton

15 Agosto 2018

A ottobre 2016 crollò un cavalcavia sulla Statale 36 a Lecco: un morto e cinque feriti. A marzo 2017 a Camerano in provincia di Ancona collassò un ponte sulla A14 durante i lavori di ampliamento dell’autostrada. Due persone morirono e tre rimasero ferite. Ad aprile 2017 a Fossano nel Cuneese un viadotto sulla tangenziale crollò improvvisamente distruggendo un’auto dei carabinieri. Oggi la devastante tragedia di Genova.

Questo è quanto accaduto solo negli ultimi due anni, questo è lo specchio dello stato in cui versano i viadotti italiani. Un bollettino di guerra che si ripete con drammatica costanza. Un bollettino di guerra che va fermato con investimenti ad hoc e con una mappatura precisa dei cavalcavia presenti nella rete stradale italiana. L’ho già detto in più occasioni e lo ripeto anche oggi, davanti alle angoscianti e devastanti immagini di Genova: molti autotrasportatori denunciano da tempo le condizioni visibilmente precarie in cui versano tanti ponti.

Ascoltiamo queste sentinelle preziose, smettiamola di scaricare sui camionisti le colpe delle voragini infrastrutturali (come si è tentato di fare pochi giorni fa nella tragedia di Bologna), e mettiamo in campo una seria ed efficace mappatura dell’esistente. Per quanto già realizzato va controllato l’esistente e rimediati i danni spesso commessi (perchè di questo si tratta) nella realizzazione delle infrastrutture. Individuando, quando possibile, le colpe.
Per il futuro va monitorata l’intera filiera degli appalti e subappaltati pubblici e verificati con scrupolo i cantieri futuri. Vanno poi eliminati i privilegi assurdi di cui godono i concessionari autostradali.
Ricordo che i concessionari, da Gavio a Benetton, hanno goduto nell’ultimo decennio di incrementi tariffari annuali che vanno oltre la stessa inflazione.
A dirlo è addirittura la Autorità dei Trasporti. Per esempio negli ultimi 13 anni, su A24 e A25, i pedaggi sono cresciuti del 187%.
Guadagni esponenziali a fronte di un rischio di impresa pari a zero, con concessioni lunghissime e senza gara e senza veri controlli sugli investimenti.
Ma soprattutto va data priorità alla manutenzione dell’esistente.
Una manutenzione per la quale è giusto e sacrosanto investire risorse pubbliche e far lavorare aziende (incommentabili le parole sulla ‘favoletta’ del crollo del ponte di Genova avvallate solo 5 anni fa dai 5 Stelle) e che deve venire prima di ogni nuovo faraonico progetto infrastrutturale.

Cinzia Franchini

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