Firenze
Nardella che a Firenze applica le idee della Lega è la linea del PD nazionale?
Amico caro, fatti una Lega tutta tua! Questo sarebbe il commento di Crozza-Razzi alle ultime uscite del sindaco renzianissimo di Firenze, Dario Nardella, all’attacco dei mini-market con un nuovo regolamento comunale che è già entrato in vigore in questi giorni. I termini che Nardella ha utilizzato sono sconcertanti anche per un orecchio fiorentino, che è naturalmente abituato a toni alti e sopra le righe. Ha parlato di “mercanti di morte” : termine indirizzato a commercianti che gestiscono un mini-market, in larga misura stranieri. Poi ha rassicurato i bar, e ha tranquillizzato in generale tutti coloro che gestiscono attività “in linea con la nostra tradizione”, che sono tenuti in larga misura da italiani. Se non avessi sentito le parole dalla sua voce non avrei mai creduto che potessero venire da un esponente di rilievo nazionale del Partito Democratico. Avrei pensato alle solite parole che nessuno saprà mai se sono state dette o no a un giornalista. Preoccupa invece l’ipotesi che questa uscita faccia parte di una campagna elettorale nazionale del PD in vista delle amministrative: che si parli a Firenze perché Milano e Roma e compagnia intendano; che questo sia il “template” di come il PD di Renzi intenda gestire le città.
“Mercanti di morte” e “cancro da estirpare”. Questi termini sono stati usati da Nardella, nella qualità di sindaco di Firenze, non per stigmatizzare attività di spaccio di droga, o vendita di armi, o la formazione di bande giovanili, ma per un’ordinanza che disciplina la vendita di beni alimentari nel centro storico. Esagerato anche per un ambiente rissoso nei secoli come la città di Firenze. Anche i fiorentini “doc”, quelli abituati ad attaccare briga, quelli che tengono per il loro quartiere nel calcio storico, quelli che guardano dall’alto in basso chi a Firenze non c’è nato, si sentono di rivolgere al loro sindaco un: “diacciati” (perché “cool it man” l’abbiamo inventato noi). Ci manca solo che il nostro sindaco si faccia vedere con una felpa con scritto: Firenze.
Con questi termini pacati il sindaco Nardella ha presentato al consiglio comunale di Palazzo Vecchio un nuovo regolamento con il quale impone ai mini-market la dimensione minima di quaranta metri quadri e la predisposizione di un bagno attrezzato per disabili. Inoltre, il divieto di vendita di alcolici dopo il nove di sera. Il fine politico sembra essere un messaggio per gli amministratori del PD a livello nazionale. Dice Nardella: “Siamo la prima città in Italia che con coraggio e determinazione sperimenta delle regole per il centro storico anche dal punto di vista delle attività commerciali”.
E’ curioso il perimetro che Nardella ha destinato a queste norme. Il regolamento riguarda i minimarket e non le attività storiche. In pratica, un minimarket tenuto da un indiano deve mettere a norma il bagno, mentre i gioiellieri di Ponte Vecchio possono continuare a riversare i loro escrementi direttamente in Arno, per gioia masochista dei canottieri che passano sotto il ponte. Almeno per quanto ne sappiamo, un tempo c’era lo scarico diretto: se non sono state fatte le tubature, il decreto del sindaco Nardella da oggi sembrerebbe impedirlo, perché il centro storico deve rimanere così com’è.
Insomma, noi fiorentini che ci muoviamo per lavoro o per turismo all’estero ringraziamo il cielo, come tutti gli altri stranieri, di trovare a Londra o a Parigi i minimarket “asiatici” dove possiamo comprare una banana o uno yogurt e un pacchetto di biscotti prima di tornare in albergo. Noi da oggi impediamo agli stranieri che visitano la nostra città, che per turismo non sono pochi, di poter ricorrere alla stessa risorsa. Non è chiaro infatti, perché non è facile trovare in rete l’ordinanza di Nardella, se il “decoro” preveda anche la chiusura notturna dei minimarket nel centro storico.
Le contraddizioni si intrecciano e si moltiplicano se consideriamo che l’intervento è ammantato dal pretesto della lotta all’alcool. Infatti, riteniamo che per questo Nardella abbia usato il termine “mercati di morte”, e non per la vendita dei lecca-lecca. Su questo punto l’incoerenza logica è lampante. Infatti gli esercizi commerciali storici che sono salvaguardati nel gergo fiorentino sono i “vinaini”, cioè posti dove si va a bere il vino. Nardella non ha ben chiara la “tradizione” del centro storico di Firenze, perché è più giovane di me e soprattutto non è autoctono. Io sono nato in casa, al numero 54 di San Frediano, a pochi metri da un leggendario “vinaino”, che si chiamava “Fede”. La mattina venivano da tutta Firenze per bere da Fede, percbé un’ordinanza del sindaco di allora proibiva di vendere alcolici prima di pranzo. Bevevano da Fede e poi si sdraiavano tranquilli sui marciapiedi in un quartiere dove i vigili non entravano. Correva voce che il povero Fede seguisse la regola: “un bicchiere tu, un bicchiere io”. E’ invece vero che morì di cirrosi epatica.
In conclusione, Firenze è una città bellissima, ma non è una cartolina, e non potrà mai essere ridotta a una cartolina. Anche Firenze ha i suoi pensionati mezzo avvelenati, ebbri di vino. Anche Firenze è una carta sporca. E la colpa è dei fiorentini, e non degli stranieri. Addossare la colpa agli stranieri ha solo il significato politico di voler cercare i voti della destra, di quelli che urlano: “prima gli italiani”. Salvini l’ha detto, Nardella l’ha fatto. Chi è del PD non può accettare questo principio di linea politica, perché uno del PD sa che si comincia da “prima gli italiani” e si finisce a “prima gli amici”.
Nardella rifletta su quello che ha fatto, e se vuole ci scriva. Ma non tiri in ballo il fatto che questa iniziativa sia dovuta all’ammonimento provenuto dall’UNESCO. Il “ce lo chiede l’UNESCO” in questo periodo non farebbe breccia neppure nel PD. E poi, sa bene che “unn’esco” in fiorentino vuole dire “sto a casa”. Quello che succederà a fiorentini e turisti a seguito del suo intervento.
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