Bologna
No Joke Radio, fra musica e comunità di ascoltatori
Cos’è la radio nel 2019? Un contenitore di pubblicità e brani plasticosi direbbe l’utente medio, abituato a sentirla in auto come rumore che si sovrappone a quello del traffico, oppure come sottofondo durante l’ennesima strisciata di bancomat per comprare capi fast fashion da buttare la stagione successiva.
Viviamo in una realtà dove il consumo di contenuti è divenuto davvero “consumo” pure a livello valoriale; se una volta fare ciò voleva dire in primis affezionarsi ad un programma, una stazione, comprare dei dischi, andare a serate e comunicare, oggi è solamente l’esatto opposto. È mettere like e dire di esserci stati. Per tirarsela. Punto, stop, finito.
La radio allora cambia faccia e modi per riprendere quanto in via di perdita e tradurlo nel presente e nel futuro: oggi è comunità, rete, scambi internazionali. Per questo ho voluto intervistare No Joke Radio, una delle nuove, fresche, realtà più interessanti in tal senso, un progetto che ridà senso ai concetti di media, programmazione, scambio di canzoni, energie e stimoli, spaziando fra Italia e Germania, dj set e podcast, web ed eventi dal vivo. Elementi che vanno a costruire esperienze musicali, relazioni umane, una comunità basata sull’empatia rispetto alla comune passione per la musica.
Andiamone alla scoperta leggendo le risposte che ci hanno gentilmente dato Davide e Sara!
Come è nato il concept di No Joke Radio e perché questo nome?
Davide: No Joke Radio nasce dall’idea di creare un collettivo digitale volto ad offrire l’opportunità a chiunque di prendervi parte e di condividere la musica che si ascolta, si suona o si crea, senza discriminazioni basate su numeri, esperienza o quant’altro.
Il nome nasce da una serie di discussioni che ho portato avanti insieme a Phillip, l’amico con cui ho creato il progetto. Studiavamo insieme ad Amsterdam e ogni giorno ce ne uscivamo con idee e progetti nuovi per poi cestinarli il giorno dopo, forse intimoriti dall’avviarli. “No Joke” sta a significare il non prendersi troppo seriamente e al tempo stesso non sottovalutare le proprie passioni e idee.
Come è organizzata la vostra radio e quali sono i principali obiettivi artistici?
Sara: No Joke radio ha due “nuclei”, uno a Bologna e l’altro a Heidelberg in Germania. Ad Heidelberg sono in due ragazzi a seguire il tutto, Phillip e il suo partner in crime Leander. A Bologna siamo io, Davide e Niso, e ci danno una mano anche Paolo e Lorenzo.
A livello online, per quanto riguarda la gestione delle piattaforme (social media, SoundCloud, sito), le scelte artistiche, comunicative ecc. lavoriamo all’unisono tra Italia e Germania. Mentre per gli eventi e i progetti più localizzati siamo indipendenti gli uni dagli altri.
A livello artistico sicuramente puntiamo innanzitutto a promuovere artisti che meritano di essere ascoltati, sia online che live e a creare una rete di legami musicali e non.
Durante i dj set come modellate il vostro sound? Che generi esplorate?
Sara: Non essendoci troppi limiti a livello di genere, sia per i podcast che per gli eventi, è difficile identificare un suono che rappresenti No Joke.
Parlando della sezione italiana, i resident stessi della radio (Davide, Niso, Paolo e Lorenzo) suonano e producono musica totalmente eterogenea: dalla disco music all’hip hop strumentale, dalle sperimentazioni alla electro e raw house.
Secondo voi perché oggi il Djing è cosi centrale nei contesti musicali?
Sara: Parlando di Bologna visto che è qui che vivo e che cerco di operare con No Joke, penso invece che il djing non sia poi cosi centrale, anzi. Sicuramente la musica elettronica è in secondo piano rispetto al mondo dei concerti live e in città non ci sono cosi tanti locali dedicati o sufficientemente strutturati, né una nicchia forte e costante di interessati.
Secondo voi è possibile fare cultura e divulgazione musicale tramite il suono, senza parole, facendo arrivare comunque agli ascoltatori dei messaggi? E se sì che messaggi?
Sara: Personalmente e soprattutto nell’ultimo anno, mi sono ritrovata spesso a chiedermi se la musica elettronica e in particolare quella dance, da club volesse davvero veicolare qualcosa di extra artistico, se fosse un mezzo di unione e scambio o se fosse semplicemente fine a sé stessa.
Penso che sicuramente ci siano alcuni generi che in alcuni momenti storici siano stati e continuino a essere portatori di valori, cambiamenti, ribellioni e innovazioni ma sono giunta alla conclusione che forse sia più onesto ammettere che uno dei volti della musica da club sia puro e semplice intrattenimento, passione e distrazione. D’altro canto penso che sia sicuramente uno strumento di unione per chi produce o sta dietro ai piatti e alle quinte, ma per le persone che la fruiscono, a parte la sensazione innegabile di effervescenza collettiva, non sono ancora giunta alla conclusione di che significato possiede.
Quali sono stati i Guest Mix che vi hanno colpito maggiormente?
Davide: Potrei fare una lista infinita visto che ho ascoltati tutti i mixati che abbiamo postato e ne apprezzo una buona parte. Mi limito a menzionarne 4.
Uno di quelli che più mi è piaciuto è sicuramente quello di Key Clef, una producer romana molto brava che vive a Berlino, ci ha fatto un mixone appena siamo partiti mischiando musica elettronica, techno e ambient. Altri che mi sono piaciuti molto sono quelli di East Africa Wave, una crew di 5 Producer e Dj di Nairobi in Kenya che unisce musica elettronica, soul e R&B, e quello di Kindly Rewind Records, label indipendente curata da Daykoda, Producer bresciano dal talento purissimo. Tra tutti forse quello che mi rende più orgoglioso è quello di Shinichiro Yokota, pioniere dell’house giapponese, autore della celebre “Do It Again” e comparso su “Sounds From The Far East”, compilation di Rush Hour Records curata da Hunee nel 2015.
Se un/a ragazz* dovesse conoscere la figura del Dj e volesse iniziare a selezionare e mettere dischi, che consigli li/le dareste?
Davide: Se dovessi parlare con un/a ragazz* appassionato/a di musica che è incuriosito/a dalla figura del Dj gli direi sicuramente di provare ad affezionarsi a una radio, a un programma o a uno speaker, cercando di seguire la loro offerta ed esplorando partendo dagli input che riceve. Personalmente in un Dj apprezzo in primis la cultura e la profondità delle selezioni che propone, quindi la capacità di saper fare comunicare brani e generi anche molto distanti fra loro. Nella mia “crescita musicale” sono state fondamentali le radio FM e le web radio in grado di raccontare e suonare musica che spinge l’ascoltatore al di la della propria conoscenza, facendogli intuire la presenza di “oceani inesplorati” partendo da una singola canzone. In Italia per fortuna abbiamo due pesi massimi abili nel fare ciò, Alessio Bertallot e Raffaele Costantino. Guardando all’estero trovo molto stimolanti realtà come Worldwide FM di Gilles Peterson, Red Light Radio, NTS Radio, Le Mellotron e Noods Radio. Guardando alla figura del Dj non solo come “ricercatore musicale”, ad un/una ragazz* che vuole iniziare a mettere dischi consiglierei anche di andare a quante più serate possibili e di buttarsi appena può e se la sente, senza fretta, sui piatti/CDJ/controller.
Devi fare login per commentare
Accedi